Fallimento banche postate le news

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(sylvestro)
00giovedì 9 giugno 2011 16:49
[SM=g7840]
labottegadelfuturo
00giovedì 9 giugno 2011 16:57
Re:
(sylvestro), 09/06/2011 16.49:

[SM=g7840]




sto iniziando a temere che il sistema sia più fragile rispetto a quanto preventivato.
(sylvestro)
00giovedì 9 giugno 2011 17:12
Re: Re:
labottegadelfuturo, 09/06/2011 16.57:




sto iniziando a temere che il sistema sia più fragile rispetto a quanto preventivato.




Mah ... che siano sempre stati stitici nelle erogazioni non e' una novita', purtroppo, ne abbiamo gia' parlato, io stesso ho ricordato che succedeva gia' 30-40 anni fa.

A modo mio l'avevo spiegato con i mannelli poco chiari ad opera dei responsabili d'alto livello ma ... chissa' ...

"Se son rogne fioriranno" (cit.) [SM=p7579]
laplace77
00giovedì 9 giugno 2011 18:05
Re: Fidarsi è bene...
labottegadelfuturo, 09/06/2011 16.40:

...non fidarsi è meglio


"ordine perentorio di non avere uscite superiori ai 50mila euro".

sono le cifre che vi hanno imposto come tetto di uscita?
no, queste che ho detto adesso sono cifre indicative. per far capire ai lettori. ma più o meno, che siano 50mila o 100mila o 150mila, c'è il tetto. quando è giorno di pensione, in ufficio entrano i soldi ma i clienti non ritirano tutto, 300 o 400 euro, poi dopo qualche giorno altri 200 o 300 euro. così l'ufficio ha i conti in attivo. dopo nove giorni a secco, i clienti prendono i soldi a mazzette, e l'ufficio è in passivo. ovviamente dall'ufficio centrale ci avvertono: attenti al budget, non pagate cifre superiori senza che il commerciale abbia potuto parlare con i clienti, vi chiameranno quelli del commerciale, preparate i dati. dall'ufficio centrale ci chiedono di chiamare a casa i clienti, suggerendo loro di trasferire i loro soldi dai conti correnti ai libretti postali, così sui budget i prelievi a valanga di questi giorni si vedono meno.





beh, mi pare ovvio che dopo tre giorni di stop e con la paura di non poter ritirare, piu' gente del previsto si sia presentata a ritirare piu' di quanto disponibile "normalmente"...

insomma un "post run" accidentale, ma neanche le banche hanno tutti quei soldi liquidi in cassa!

[SM=g1749704]

kemar71
00giovedì 9 giugno 2011 19:44
Re: Re:
labottegadelfuturo, 09/06/2011 16.57:




sto iniziando a temere che il sistema sia più fragile rispetto a quanto preventivato.




Non sai le volte che, andavo a prendere la pensione di mia zia, mi dicevano: "torna piu' tardi che non abbiamo soldi". Piu' tardi, perche' incassavano con i bollettini.....capito si??
E' sempre stato cosi'.

Per quanto riguarda lo spostamento di denaro dal c/c al libretto, penso che lo faranno in molti, senza attendere la chiamata,...visto che il nuovo tasso sul c/c di poste, dal 01.09, sara' dello 0,00% [SM=g1752723]


kemar71
00giovedì 9 giugno 2011 20:47
LE SCELTE DI MPS PESANO SUI CLIENTI
Preparatevi ad un gran mal di testa [SM=g7840]


15 gennaio 2011 — pagina 28 sezione: ECONOMIA

DAL 2007, il Monte Paschi di Siena (Mps) ha perso quasi l' 80% del proprio valore: quasi il doppio del settore in Europa. Eppure Mps dovrebbe essere il prototipo di banca radicata sul territorio: poco rischiosa, virtuosa e redditizia. Ma, purtroppo, legare la propria attività a un' economia destinata alla stagnazione significa sofferenze in aumento e clienti sempre meno redditizi. Per Mps si aggiungono la lentezza nel tagliare i costi operativi; il peso di acquisizioni a prezzi inflazionati proprio alla vigilia della crisi, e una patrimonializzazione tra le più basse in Europa. La crescita esigua degli utili non basta a ricostruire rapidamente il patrimonio, senza tener conto dei quasi 2 miliardi di Tremonti bond da ripagare, e dei dividendi che il socio Fondazione esige. La via dell' aumento di capitale sembrerebbe obbligata. E qui cominciano i problemi. La Fondazione che controlla la banca col 55% del capitale sociale (e il 46% dei diritti di voto) non vuole farsi diluire, ma non ha risorse per la ricapitalizzazione: la partecipazione nella banca (80% del suo patrimonio) è immobilizzata per evitare una minusvalenza da 1,6 miliardi; c' è poi un altro miliardo di investimenti immobilizzati (private equity e similari). Rimangono meno di 500 milioni di attività liquide; troppo poco. Così, scatta la caccia alla plusvalenza (contabile) per rimpolpare gli utili (contabili) di Mps. Nel 2009, 220 milioni di utili netti ne scontano 292 di plusvalenza dalla cessione dell' asset management; altri 200 da cessioni nei primi 9 mesi del 2010 (utile netto di 357). Ma per chiudere l' anno in bellezza (contabile) servivano i 430 milioni di plusvalenza, ottenuti cedendo i propri sportelli, con affitto garantito per 24 anni, a un Consorzio appositamente costituito (da Mps, Mediobanca, e alcune società di servizi). Il Consorzio, con 55 milioni di capitale, compra gli immobili di Mps per 1,674 miliardi, grazie a un mutuo di 1,673 miliardi erogato da Mps. Un' esagerazione, anche per gli standard delle banche italiane: come si possono considerare veritieri prezzo e transazione, visto che l' acquirente è interamente finanziato dal venditore? Quindi, per non apparire creditore del Consorzio, Mps finanzia una Stichting olandese (forma di fondazione poco trasparente, senza patrimonio e quindi soci espliciti) che utilizza il prestito per costituire Casaforte, una srl italiana da 100 mila euro di capitale; che acquista da Mps il credito nei confronti del Consorzio.A sua volta il Consorzio riversa gli affitti degli sportelli a Casaforte per sostenere l' onere del debito. Qualche giorno prima di Natale, giusto in tempo per la chiusura del bilancio, il cerchio si chiude con il collocamento di 1,536 miliardi di obbligazioni Casaforte presso il pubblico (e 133 milioni presso istituzionali). Si tratta di obbligazioni a lungo termine (scadenza 2040; stimata effettiva 2030) prive di garanzia esplicita da parte di Mps, che pagano il 3% e, dal 2012, l' Euribor +1,05% (maè 1,755% lo spread che l' emittente, in una nota del prospetto da 332 pagine, definisce congruo col proprio rischio), con possibilità di rimborso anticipato dal 2020, non quotate, illiquide e quindi cedibili prima della scadenza solo a Mps (che si impegna a riacquistarle, valutandole però sulla base di uno spread fisso aumentato a 1,46%) e gravate da quasi 6% di commissioni e costi vari. È lo stesso emittente a stimare che il bond, illiquido e rischioso, nell' 89% dei casi renderà, alla scadenza, quanto un titolo liquido e privo di rischio; e addirittura meno, nell' 8% dei casi. Chi mai vorrebbe comperarlo? I risparmiatori clienti di Mps, naturalmente. Chissà se hanno capito che l' emittente nonè la banca.O che la banca sta scaricando su di loro il rischio di una transazione immobiliare fatta solo per riportare una plusvalenza contabile a fine anno? Ma non è finita. Dal 2020 Mps ha il diritto di riscattare tutte le azioni degli altri soci del Consorzio; e nella stessa data Casaforte può rimborsare anticipatamente tutto il debito. Insomma, fra 10 anni Mps può smontare tutto, riprendersi gli immobili a prezzo di perizia, e lasciare gli investitori con un pugno di mosche. Ma la contabilizzazione dell' agognata plusvalenza è assicurata. Ai risparmiatori clienti di Mps, un sentito grazie. - ALESSANDRO PENATI
link

laplace77
00domenica 12 giugno 2011 11:02
Re: Non solo BPM
laplace77, 07/06/2011 20.49:


come riportato da FourCorners:


Bpm, le carte Bankitalia sui crediti a rischio

Oggi le risposte alla Vigilanza. Al gruppo Ligresti 500 milioni. Le garanzie di Ponzellini
Giovanni Pons e Vittoria Puledda, Repubblica - 7 giugno 2011

MILANO — Oggi il consiglio di amministrazione della Bpm si riunirà per rispondere ai rilievi dell’ispezione Bankitalia. E non sarà una riunione facile, in quanto gli uomini inviati da Mario Draghi hanno trovato una serie di irregolarità non da poco nei conti della banca guidata da Massimo Ponzellini ed Enzo Chiesa. Irregolarità che hanno portato alla decisione di proporre all’assemblea un aumento di capitale fino a 1,2 miliardi.
L’area più critica della Bpm, secondo il verbale ispettivo che Repubblica ha potuto visionare, è il cosiddetto “Rischio creditizio”, cioè l’esposizione in crediti alla clientela che non «è stato correttamente segnalato alla vigilanza». La sequenza di incongruenze rilevate dagli ispettori è impressionante: «Le verifiche a campione hanno fatto emergere sofferenze, incagli, ristrutturate e previsioni di perdita rispettivamente per 736,8 milioni di euro, 1460,4 milioni, 742,5 milioni, e 810,7 milioni, con differenze, rispetto alle risultanze interne di 98 milioni, 454,7 milioni, 491,1 milioni e 162,4 milioni». In pratica Bankitalia ha riclassificato i crediti della Bpm in quanto molte partite erano state mantenute in “bonis” in base a un’interpretazione restrittiva delle norme di vigilanza.
La banca guidata da Ponzellini, poi, nonostante operi in un territorio denso di imprese manifatturiere, vanta un’inspiegabile inclinazione a prestare soldi al settore “immobiliare allargato” (ben il 43% dell’erogato). Una tendenza accresciuta nel secondo semestre 2010 nonostante i manager dichiaravano l’opposto...



Esplosione dei crediti ristrutturati
da imprese+finanza, il blog di Fabio Bolognini - 4 giugno 2011

Dall’esame dei bilanci 2010 delle banche emerge con estrema chiarezza lo sforzo di ristrutturazione a cui tutti gli istituti di credito sono stati costretti nell’anno.  Sono numeri che parlano da soli. I crediti alla clientela oggetto di ristrutturazione per 15 banche (praticamente tutte le maggiori) sono passati da 6,7 miliardi a 11,1 miliardi con un aumento del 66%.



Crediti ristrutturati lordi - fonte: bilanci consolidati 2010

Le banche minori sembrano ancora toccate marginalmente dalla febbre di ristrutturazione, può essere che non siano pienamente attrezzate nella gestione dei nuovi strumenti previsti dalla legge fallimentare (piani di risanamento e accordi di ristrutturazione). Al di là delle differenze risulta evidente che l’intero sistema bancario ha dovuto rimboccarsi le maniche e intervenire in un numero elevatissimo di situazioni per evitare che le singole situazioni precipitassero nella categoria sofferenze. Le strutture dei crediti sono state sottoposte ad un iperlavoro che continua nel 2011 con ritmi spesso molto lenti a causa dell’affollamento delle richieste e della complessità delle soluzioni...


Quanti sono i crediti deteriorati veri?
da imprese+finanza, il blog di Fabio Bolognini - 7 giugno 2011

L’aumento di sofferenze, incagli e crediti ristrutturati non è più un mistero, ma l’entità della crescita e le differenze tra banca e banca possono ancora stupire. Analisti e società di consulenza puntano la lente di ingrandimento proprio sulla capacità delle banche di fare fronte nei prossimi anni a questa massa di crediti inesigibili o poco esigibili sui quali gli accantonamenti sono parziali.
[Con riferimento al caso BPM] Si tratta di un caso isolato o c’è un problema di sottovalutazione dei crediti deteriorati per l’intero sistema bancario? Non c’è una risposta a questo interrogativo. Genericamente si può dire che il settore immobiliare... è sicuramente un buco nero più ampio di quanto venga classificato nei bilanci e lo dico anche sulla base di esperienze dirette. Se tutte le operazioni immobiliari bloccate o invendute fossero messe a incaglio vedremmo ben altri numeri. L’esame dei bilanci bancari e dei crediti deteriorati proseguirà su Imprese+Finanza anche con il dubbio che le cifre siano più ampie di quelle riportate perché comunque le tabelle che mostro sono indicative dell’impatto del fenomeno crediti dubbi sui futuri rapporti tra banche e imprese.



[SM=g1747522] [SM=g1747522] [SM=g1747522]




aggiungo quanto riportato da enrick71...




un suo post:

Banche e palazzinari hanno innescato una bomba che rischia di travolgerci tutti

Tanti di noi sono ignari su quello che sta succedendo, spesso ci scanniamo tra rialisti e ribassisti, ma ignoriamo che il problema dei prezzi delle case rischi di diventare secondario.
Purtroppo vedo che c'è ancora molta miopia anche da parte di esperti e media non prezzolati su quelle che sono le conseguenze degli ultimi dieci anni di bolla immobiliare e credito facile.
La bolla immobiliare è essenzialmente il risultato della finanza creativa, è questa che ha permesso aumenti folli dei prezzi delle case a stipendi quasi al palo. In parole povere hanno aumentato la durata dei mutui, quelli dai 25 ai 40 anni, che fino al duemila erano il 13%, oggi sono il 60% e oltre, e hanno concessi importi per percentuali sempre più elevate rispetto al reddito, facendo affidamento sul valore dell'immobile. Insomma la finanza creativa ha fatto si che gli italiani abitassero in case di 3/4/500k, mentre la maggior parte di loro fatica a pagare il condominio.

Facendo così hanno innescato una bomba paurosa, perchè i mutui concessi dopo il 2001/2, non hanno STATISTICAMENTE la stessa sofferenza dei mutui concessi prima: è palese che se il mutuo dure il doppio ho doppia possibilita' di andare in crisi, un po' come se vado in bicicletta e raddoppio la strada percorsa, statisticamente raddoppio la possibilità di forare. Allo stesso modo se la parte di reddito che impegno per la rata è più alta le possibilità che tocchi il fondo in un momento di crisi aumentano di molto. E questo lo stanno dimostrando le sofferenze bancarie:
2,62% di novembre 2008 al 3,06% di aprile 2009 a marzo 2010 3,5% mentre risultano pari a al 4,8% nel marzo 2011

Sofferenze bancarie in crescita. Tassi per imprese e famiglie al minimo storico - Il Sole 24 ORE
luci e ombre sulla casa: crescono i mutui, ma anche le sofferenze (grafici) — Immobiliare Bari

Se questo trend non si interrompe il baratro è certo per tutta l'economia, non solo per l'immobiliare e cercare casa per molti di noi diventerà un problema secondario, anzi non sarà più un problema.
Le banche stanno rispondendo a questa crisi IMBROGLIANDO: evitano di contabilizzare perdite costituendo Fondi a cui conferire gli immobili, surroghe, proroghe e quant'altro, per cui queste immani perdite oggi non risultano in bilancio, ma vengono rifinanziate: nascondono la polvere sotto il tappeto.

Come andrà a finire? Se non interviene qualcosa di soprannaturale il destino è quello della Parmalat: fai debiti su debiti, finchè un giorno l'incredibile imbroglio verrà fuori.





una news (fonte: il giornale):

Troppi silenzi e ambiguità sui fallimenti di una banca La Popolare di Milano...

di Nicola Porro

Oggi la rubrica "zuppa di Porro" si occupa di una banca che, se fosse un'azienda normale, avrebbe due strade dasvanti a sé: portare i libri in tribunale o vendersi al migliore offerente a prezzi di saldo. Invece accade tutt'altro...


È inutile girarci intorno. Se la Banca Popola­re di Milano fosse un’azienda normale oggi avrebbe due stra­de: portare i libri in tri­bunale o vendersi al migliore offerente a prezzi di saldo. Il mantra dell’Italia verrebbe clamorosa­mente smentito. Eppure nella nostra strana economia a metà strada tra il libe­ris­mo anglosassone e il socialismo conti­nentale, non assisteremo a nessuna del­le due evenienze. Per la decima banca italiana ci sarà una terza via. Bipiemme come tutte le banche popo­l­ari ha una catena di comando particola­re: una testa un voto. Insomma indipen­dentemente dal numero di azioni che uno possiede, in assemblea votano le te­ste.

Il risultato è che l’azienda è stata ge­stita dai suoi sindacati, molto gelosi di questa prerogativa. Ai nostri fini ciò che importa è che nessuno ha oggi voglia di salvare la banca mettendoci «il grano». Servono molti quattrini. Ma chi è dispo­sto a investire grandi somme con la cer­tezza di non poter contare un accidente nonostante lo sforzo economico fatto? Forse qualche ubriaco. Ma di questi tem­pi per i mercati mondiali, ubriachi con quattrini da spendere non ce ne sono. Tutti spazzati via dalla crisi. La realtà è che Bipiemme è proprio messa male. Il mercato se ne è accorto. In tre anni il suo valore di Borsa si è ridot­to da 7 miliardi a meno di 700 milioni: dieci volte di meno. Secondo le più ac­creditate stime degli analisti, oggi la ban­ca milanese ha nel suo pancione (com­presi gli ultimi rilievi fatti dalla Banca d’Italia)prestiti lordi problematici (quel­li su cui non puoi scommettere su una pronta e sicura restituzione) della bellez­za di 3,8 miliardi su circa 36 miliardi di prestiti. Sintetizziamo per non perderci tra i numeri: oggi la banca vale dieci vol­te meno di tre anni fa e un suo prestito ogni dieci rischia di essere in sofferenza. La Banca d’Italia ha intimato la popo­lare milanese di raccogliere subito nuo­vo capitale sul mercato. E ha stabilito an­che un ammontare pari a 1,2 miliardi.

Si deve fare un aumento di capitale che re­cuperi il doppio dell’attuale valore oggi di Borsa della Bipiemme. Le prime proie­zioni dicono che si dovranno emettere almeno tre miliardi di nuove azioni (og­gi ne circolano 415 milioni): un salasso. Ma qui la vicenda si rende più intricata. Gli attuali azionisti non ne vogliono pro­prio più sapere di mettere quattrini in banca. Recentemente hanno sottoscritto un’obbligazione (che sitrasfor­ma in azione) che ha rappresentato per loro una perdi­ta secca, viste le condizioni di conversione. È difficile che ci ricaschino. Grandi investitori pronti a far la sca­lata non ci sono: posto che una scalata, proprio per il voto capitario, non è realizzabile. Sembrerebbe una situazione da scacco matto. Ma così non è. Siamo pur sempre in Italia. E non è che all’estero siano stati proprio dei lord nel rispetto delle regole del mercato, quando ad andare in sofferenza è stata una ban­ca. E dunque una via d’uscita sembra che si stia forman­do. Stretta. Complicata. Ma pur sempre un’uscita. L’au­mento di capitale da 1,2 miliardi in realtà è stato già sotto­scritto ( non è esattamente e tecnicamente così) da Medio­banca. L’istituto di via Filodrammatici ha infatti preso l’impegno (dietro commissioni che il mercato rumoreg­gia del 2%) a collocare le nuove azioni Bipiemme. Se non dovesse riuscire a piazzarle al pubblico dei risparmiatori, se le terrebbe in casa. O più probabilmente condividereb­be il r­ischio con altre istituzioni finanziarie pronte a sotto­scrivere pro quota il capitale inoptato.

Mediobanca e i suoi compagni di ventura si troverebbero così di fatto azionisti della Bipiemme. Dal punto di vista industriale per Nagel e Pagliaro (i boss della banca fondata da Cuc­cia) sarebbe un affarone. Mediobanca ha bisogno della raccolta che si fa agli sportelli bancari (cosa di cui essa non dispone) come l’acqua per un pesce. Si è inventata l’ottima Che Banca! proprio per portarsi a casa un po’ di cash: ma i 4 miliardi netti non sono sufficienti. Insomma gli 800 sportelli di Bipiemme, con raccolta connessa, ingo­losiscono Nagel&Co. Vi sarebbe un problema, non di piccolo conto, con i parametri di Basilea e con i suoi ratio. Ma tutto sareb­be superabile, con una piccola norma, sulla quale da anni si lavora e che nelle ultime ore sta prendendo pie­de. La leggina direbbe la seguente cosa: «Fermo restan­do lo statuto delle banche popolari, che prevede il vo­to capitario, da esso sono esentati gli investitori istitu­zionali, per una quota che comunque non superi il 5% del capitale complessivo della popolare».

Bipiemme improvvisamente diventerebbe una splendida princi­pessa. Finalmente in banca si potrebbe governare spazzando le incrostazioni del passato. Certo Medio­banca dovrebbe condividere con altri soci (4 soci fa­rebbero il 20% della Bipiemme) lo scettro del coman­do: ma è pur sempre meglio che farlo con migliaia di piccoli azionisti. Il tutto si intreccia con il rinnovo del patto di sindacato di Mediobanca. La doppia scom­messa di Nagel e Pagliaro è ridurre il peso dei soci nel­la loro governance e aumentare il loro ( di peso) in quel­la della popolare di Milano.





e aggiungo questa notiziola di qualche giorno fa: a quanto pare la pratica berlusconiana di querelare chi fa informazione sta prendendo sempre piu' piede...

12:06 - Bpm: esposto a GdF su voci solidita' finanziaria, valuta azioni legali(RCO)

(Il Sole 24 Ore Radiocor) - Milano, 10 giu - "In relazione
ai numerosi articoli di stampa apparsi negli scorsi giorni
sull'andamento e sulla gestione della Banca Popolare di
Milano - contenenti in particolare alcune affermazioni
virgolettate desunte dal Rapporto Ispettivo consegnato dalla
Banca d'Italia al Consiglio di Amministrazione della
Bipiemme in esito agli accertamenti - la Bipiemme comunica
di aver provveduto, mercoledi' scorso, a produrre apposito
esposto avanti il Nucleo di Polizia Tributaria della Guardia
di Finanza di Milano, per le opportune valutazioni degli
Organi competenti".
Bipiemme inoltre, prosegue la nota della banca, "nel
confermare la propria solidita' economica e patrimoniale e
l'adeguatezza della posizione finanziaria - come si evince
anche dalla situazione trimestrale dei conti al 31 marzo
2011 - si riserva di agire in tutte le sedi ogni qualvolta
riscontri affermazioni che possano ledere le proprie
ragioni, anche sotto il profilo reputazionale".



fabio_c
00domenica 12 giugno 2011 14:18
Re: Re: Non solo BPM
Sempre riguardo Bpm, ordine «dall'alto»: DIETROFRONT!

Commento postato sul blog "Mercato Libero" del 10 giugno 2011 20:46

Anonimo ha detto...

«allora...ciao paolo sono alberto.....hai capito...
Ho appena visto una intervista del presidente.. si definisce e si sente imprenditore e vorrebbe che quando un titolare di azienda va in banca gli si debba dargli i soldi per i propri investimenti.
peccato che proprio un direttore della stessa la prima cosa che mi ha detto dopo essersi presentato che "dall'alto hanno deciso di non dare più soldi... specie nel settore dell'edilizia"
chissa cosa penserà il presidente di impregilo...|||
e da pure la colpa hai giornali e alla banca d'italia...»


Ecco chi è il Presidente di Impregilo.

fabio
laplace77
00domenica 12 giugno 2011 14:55
Re: Re: Re: Non solo BPM
fabio_c, 12/06/2011 14.18:

Sempre riguardo Bpm, ordine «dall'alto»: DIETROFRONT!

Commento postato sul blog "Mercato Libero" del 10 giugno 2011 20:46

Anonimo ha detto...

«allora...ciao paolo sono alberto.....hai capito...
Ho appena visto una intervista del presidente.. si definisce e si sente imprenditore e vorrebbe che quando un titolare di azienda va in banca gli si debba dargli i soldi per i propri investimenti.
peccato che proprio un direttore della stessa la prima cosa che mi ha detto dopo essersi presentato che "dall'alto hanno deciso di non dare più soldi... specie nel settore dell'edilizia"
chissa cosa penserà il presidente di impregilo...|||
e da pure la colpa hai giornali e alla banca d'italia...»


Ecco chi è il Presidente di Impregilo.

fabio




esatto...

dgambera
00venerdì 17 giugno 2011 19:31
NEWS RADIOCOR
17/06/2011 17:42
*** Bpm: a Bankitalia,finanziamenti immobiliare coerenti con territorio
Escludendo mutui peso del comparto scende a 20-25% impieghi (Il Sole 24 Ore Radiocor) - Milano, 17 giu - "La scelta di finanziare in misura significativa societa' che rientrano nella definizione di immobiliare allargato discende, sostanzialmente, dal territorio in cui si concentra tradizionalmente la rete territoriale del gruppo, caratterizzato negli ultimi anni da importanti operazioni di riqualificazione edilizia". Cosi' Bpm risponde a Bankitalia sull'esposizione dell'istituto nei confronti del settore dell'immobiliare allargato, in base a quanto si legge nella lettera con le controdeduzioni ai rilievi della Vigilanza inviata a Palazzo Koch e consultata da Radiocor. La banca milanese rileva inoltre che, "se si esclude il portafoglio di mutui ipotecari a privati, caratterizzato dai massimi livelli di granularita', il peso relativo dell'immobiliare allargato scende", in base ai dati al settembre 2010, "dal 32,5% al 21,7%" degli impieghi complessivi "in termini di accordato e dal 43,3% al 24,7% in termini di utilizzato".
Dati che si attestano rispettivamente al 21,5% e al 24,6% al 31 marzo 2011.
Ppa-Y- (RADIOCOR) 17-06-11 17:42:15 (0268) 3 NNNN
dgambera
00giovedì 23 giugno 2011 19:55
Il nostro sistema bancario è solido

Moody's: a rischio rating di 16 banche italiane

23 giugno 2011


Moody's ha messo sotto osservazione il rating di 16 banche italiane in vista di un possibile downgrade. La misura segue la decisione comunicata ai mercati venerdì 17 giugno di porre il rating dell'Italia Aa2 sotto esame in vista di una possibile riduzione del giudizio. A cui ha fatto seguito, tre giorni dopo l'indicazione di un possibile taglio del giudizio sulla solvibilità anche per le società Enel, Eni, Finmeccanica, Poste e Terna.

In giornata, intanto, lo spread tra il BTp decennale italiano e il corrispettivo Bund tedesco è balzato a 208 punti confermando un generale livello di tensione sul mercato dei bond periferici.

Nel dettaglio, l'agenzia di rating ha anche cambiato l'outlook sul debito a lungo termine da "stabile" a "negativo" di altre 13 banche, per riflettere pressioni di lungo periodo sul rating di questi istituti. Le banche il cui rating è stato posto sotto revisione sono: Intesa Sanpaolo, Banca Imi, Banca Cr Firenze, Banca Monte dei Paschi di Siena, Mps Capital Services, Banco Popolare Societa Cooperativa, Banca Nazionale del Lavoro, Cassa di Risparmio di Parma e Piacenza, Banca Popolare Friuladria, Banca Carige, Banca Sella Holding, Cassa di Risp.di Bolzano-Sudtirol, Cassa di Risparmio di Cesena, Banca Padovana Credito Cooperativo, Cassa Centrale Banca, Cassa Centrale Raiffeisen e Istituto Servizi Mercato Agroalimentare.

Un analogo provvedimento è stato preso da Moody's nei riguardi di Istituto Servizi Mercato Agroalimentare e Cassa Depositi e Prestiti. Le banche di cui Moody's ha cambiato l'outlook a stabile invece sono: Unione di Banche Italiane, Credito Emiliano, Credito Valtellinese, Bancaperta, Banca delle Marche, Banca Italease, Banca Agrileasing, Banca Popolare Alto Adige, BancApulia, Banca Popolare di Cividale, Banca Tercas, Cassa di Risparmio della Provincia di Chieti e Banca Popolare di Spoleto.

Alcune banche, come Unicredit e la Popolare di Milano, non sono state oggetto di provvedimenti perchè hanno già prospettive negative sui rating.

©RIPRODUZIONE RISERVATA

dgambera
00giovedì 23 giugno 2011 20:21
Le banche irlandesi lo sono più di quelle italiane. Carta canta (leggere i Core Tier 1)

Il trucco delle banche irlandesi, a rischio default con indici patrimoniali sani

di Fabio Pavesi 23 giugno 2011


Se la Grecia salta le banche elleniche con i loro 50 miliardi di bond di casa senza più valore collasseranno. Nessun dubbio. Ma c'è un paese agli antipodi del meridione d'Europa in cui le banche sono di fatto collassate, e da almeno due anni, senza che il Paese sia saltato (per ora). È l'Irlanda l'ex tigre celtica le cui banche, agonizzanti da inizio 2009, hanno superato gli stress test del luglio 2010. Banche fallite, test superati.

Un paradosso che getta più di un'ombra su certa allegra e disinvolta finanza di stampo anglosassone. Qualche numero per dare un'idea del "de profundis" abilmente camuffato del credito a Dublino. Anglo Irish Bank ha perso tra il 2009 e il 2010 30 miliardi di euro. Allied Irish ha scavato un buco nei conti in 24 mesi di 13 miliardi di euro (oggi S&P ha tagliato il rating a CCC). La più "solida" Bank of Ireland di perdite ne ha accumulate per 7 miliardi. Le prime tre banche con un fardello di perdite enorme: ben 50 miliardi. Qualunque Paese sarebbe stato trascinato nel baratro. L'Irlanda no. Per un motivo molto semplice. Dublino si è inventata la bad bank pubblica. È la Nama, la National asset management agency, che si è messa sulle spalle (dei contribuenti irlandesi) il fardello del collasso.

Ben 72 miliardi di attivi bancari avariati, crediti dubbi, sofferenze e quant'altro sono finiti, nella discarica pubblica. E così il giochino diventa semplice. Se hai perdite così imponenti di capitale, da un lato chiedi l'aiuto pubblico a ricapitalizzare. Ma non basta: se ti sbarazzi delle attività deteriorate abbassi l'attivo per il rischio e pur con capitale modesto riesci ad avere un core tier 1 (il patrimonio di base) da far invidia alle virtuose banche italiane. Un esempio. Oggi la nazionalizzata Anglo Irish Bank vanta un core tier 1 al 10,9% (più alto per intenderci di quello di Intesa Sanpaolo che non ha mai chiuso con un solo euro di perdite). E la Bank of Ireland si avvia ai prossimi stress test con l'invidiabile primato di un core tier 1 al 15%. Anglo Irish ha traferito 33 miliardi alla Nama e ha ricevuto aiuti diretti e indiretti come ricorda R&S Mediobanca per 39 miliardi. Bank of Ireland ha ricevuto soldi pubblici per 23 miliardi e Allied ha girato alla Nama 34 miliardi di asset di scarsa qualità. E così tra aiuti pubblici e attivi girati alla discarica govenativa puoi essere tecnicamente fallito, ma mostrare forza patrimoniale da far invidia a chi faticosamente in tutta Europa chiede soldi al mercato senza bussare alla mano pubblica.

Puoi come nel caso di Bank of Ireland o Aib superare, a crisi più che conclamata gli stress test del luglio 2010. E puoi ancora nel caso di Boi o di Anglo Irish essere in forma per superare anche i prossimi stress test della Ue in programma tra poche settimane. Eppure parliamo di banche, che senza la stampella pubblica, non esisterebbero più. Quelle ancora quotate come la Boi o la Allied hanno lasciato sul listino il 90% del loro valore, segno che il mercato non è stupido e sa benissimo delle reali condizioni delle banche irlandesi. Che secondo la stessa Banca centrale di Dublino hanno un fabbisogno di capitale da qui al 2013 per almeno 24 miliardi. Insomma l'agonia non è ancora finita, a dispetto della cosmesi pubblica dei bilanci. E quanto a cosmesi è quanto meno sospetto il modo di comporre i bilanci.

Il caso eclatante è di Anglo Irish. Conti brillanti fino al 2008 con sofferenze solo all'1% dei crediti. Un trend che durava dal 2005. Poi improvvisamente ecco la nazionalizzazione a inizio 2009 e le sofferenze balzano al 48% del portafoglio. Per un cambio di rotta così drastico le cose sono due: o quei crediti erano irrecuperabili da tempo e non venivano classificati o l'uragano ha travolto tutto e tutti. La domanda vera è: dov'era la Vigilanza della banca d'Irlanda per non accorgersi della tempesta perfetta. E dov'era l'Authority quando le banche irlandesi (fallite tecnicamente) furono promosse ai test sotto sforzo della Ue? Ora la strada della bad bank (in piccolo) sembra affascinare anche i tedeschi. Hypo Real Estate ha spostato nell'ottobre scorso due miliardi di bond greci nella propria bad bank domestica. Perché? Semplice, per non apparire esposta nelle statistiche ufficiali. Un piccolo espediente.

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Standard and Poor's taglia il rating di Anglo Irish Bank. A soli quattro gradini dal default

23 giugno 2011


Standard and Poor's ha tagliato il rating di Anglo Irish Bank di un "notch" a CCC, a soli quattro livelli dalla D di "Default", dopo che il ministro delle Finanze Michael Noonan ha dichiarato pubbllicamente che i possessori di bond senior potrebbero andare incontro a una svalutazione.

«Interpretiamo questa come una chiara indicazione di riduzione della spinta al sostegno da parte del Governo» si legge nel commento diffuso dall'agenzia di rating americana. Anglo Irish Bank ha già ricevuto dal Governo 29,3 miliardi di euro nell'ambito di un maxi-piano di salvataggio (attraverso un'operazione che ha portato alla sostanziale nazionalizzazione dell'istituto) che ha coinvolto anche altri big della finanza irlandese.

In ogni caso il Governo irlandese discuterà la questione il prossimo autunno con i vertici della Banca centrale europea, finora contrari all'idea di spalmare sugli obbligazionisti senior le difficoltà di solvibilità degli istituti di credito irlandesi.

Allo stato attuale, secondo quando comunicato dalla Banca centrale d'Irlanda Anglo Irish ha in portafoglio un controvalore di 3,2 miliardi di euro di titoli senior non garantiti a fronte dei 601 milioni della rivale Irish Nationwide Building Society, che a sua volta ha ricevuto da Dublino 5,4 miliardi di euro.

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dgambera
00venerdì 24 giugno 2011 09:04
Bailout Grecia: chiesto sostegno alle banche

Scritto il 24 giugno 2011 alle 06:00 da Dream Theater

Malgrado l’approvazione del piano fiscale, il mondo si domanda cosa diavolo sta accadendo. Infatti i CDS non mollano il tiro e la tensione continua ad essere alle stelle. Grande confusione, tanto è che addirittura si sta chiedendo l’aiuto proprio del settore più in difficoltà negli ultimi mesi, le banche, le quali ovviamente aiuteranno SOLO se avranno il loro contentino…
Ma andiamo con ordine.

Il mio amico Ed di CWD mi segnala un aggiornamento dell’esposizione bancaria verso la Grecia uscita proprio oggi sul WSJ. Non indugio oltre e vi pubblico il grafico aggiornato dove viene confermata la forte esposizione del mondo bancario francese, come già sapevamo, seguito da quello teutonico e poi…dopo HSBC anche due nostre conoscenze italiane: Intesa SanPaolo e Unicredit.

Latest figures from the Bank for International Settlements show that France’s banking sector has the largest overall exposure to Greece, totaling $56.7 billion, compared with German banks’ considerably lower exposure of $33.97 billion. French banks hold $14 billion of Greek government debt, compared with $22.65 billion for German banks



Ma la cosa interessante è un’altra, Infatti secondo il WSJ ci sarebbero già dei contatti avanzati tra la classe politica e le banche per cercare di “accollare” alle stesse parte del costo della crisi greca.

In both Germany and France, finance-ministry officials met with representatives of their respective countries’ leading banks and insurers on Wednesday to discuss how banks would shoulder some of the cost of a second bailout of Greece, people familiar with the matter said.
The trick will be for the private sector to take losses on Greek bonds, without Greece being declared in default. If the banks are forced to accept the losses, ratings companies likely will declare a default. Even if the banks act voluntarily, Greece could still be considered in default on its debts. (WSJ)

Ho l’impressione che la situazione stia scappando di mano… Mosse del genere se forzate, rischiano di far dichiarare comunque il default alla Grecia la quale è insolvente tecnicamente e si sta cercando di mantenerla in vita in modo decisamente artificiale ed artificioso…
Approvato il piano di austerity

Intanto nella notte è arrivato l’accordo a Bruxelles sul mega piano di austerity: 28.4 miliardi di Euro. Un piano che Atene dovrà approvare entro fine mese (30 giugno). Altrimenti la famosa tranche di aiuti da 12 miliardi non verrà erogata. Un piano di austerity di durata triennale che avrà l’obiettivo di ripianare il deficiti di bilancio.

Auguri vivissimi alla popolazione greca….

STAY TUNED!

DT
FraMI
00venerdì 24 giugno 2011 14:35
(sylvestro)
00venerdì 24 giugno 2011 15:13
Re: Siamo Orso!
FraMI, 24/06/2011 14.35:

http://www.linkiesta.it/draghi-alla-bce-banche-italiane-sospese

[SM=g1746735] [SM=g1746735] [SM=g1746735]




... io mi sono appena fatto un'altra idea ([SM=j7569])

Forse l'inghippo sta nel successore (reale) che prendera' il suo posto in Bankitalia [SM=g2594223]

Potrebbe essere qualcuno imposto da ... Burlesconi [SM=g2594222]

A voi le ipotesi (oltre i vari, Bini Smaghi, Grilli, Saccomanni, ...)
dgambera
00venerdì 24 giugno 2011 15:15
Re: Re: Siamo Orso!
(sylvestro), 6/24/2011 3:13 PM:




... io mi sono appena fatto un'altra idea ([SM=j7569])

Forse l'inghippo sta nel successore (reale) che prendera' il suo posto in Bankitalia [SM=g2594223]

Potrebbe essere qualcuno imposto da ... Burlesconi [SM=g2594222]

A voi le ipotesi (oltre i vari, Bini Smaghi, Grilli, Saccomanni, ...)




Non so chi possa essere il suo successore, ma tutto questo tempismo: nominato Draghi, ci sono 14 banche italiane che potrebbero necessitare di ..... [SM=p7579]

Alquanto sospetta come cosa [SM=p7579]
(sylvestro)
00venerdì 24 giugno 2011 15:28
Re: Re: Re: Siamo Orso!
dgambera, 24/06/2011 15.15:




Non so chi possa essere il suo successore, ma tutto questo tempismo: nominato Draghi, ci sono 14 banche italiane che potrebbero necessitare di ..... [SM=p7579]

Alquanto sospetta come cosa [SM=p7579]




Si, e' come se Draghi facesse da "foglia di fico" per nascondere qualcosa che sta venendo fuori, ma sospetto un ragionamento piu' complesso che al momento ci sfugge (almeno a me).

Forse non dovremo aspettare molto per capire ...
dgambera
00venerdì 24 giugno 2011 16:49
King (BoE): il debito dell'Eurozona è la più grave minaccia per il sistema bancario inglese

24 giugno 2011


«La crisi del debito dell'Eurozona è la più grande minaccia per il sistema bancario britannico». Così Marvin King, governatore della Banca d'Inghilterra, in una conferenza stampa oggi a Londra. Lo stesso ribadisce che si tratta di rischi indiretti perché l'esposizione degli istituti britannici ai titoli greci è «molto limitata», ma bisogna anche considerare l'esposizione a crediti verso il settore privato delle economie dell'Eurozona.

Presentando la prima analisi sulla stabilità del sistema bancario del Financial Services Authority, il nuovo organismo incaricato di controllare il sistema finanziario britannico, King ha spiegato che la crisi del debito dell'Eurozona è una crisi di solvibilità, che non può essere semplicemente risolta con l'estensione ulteriori prestiti alle nazioni in difficoltà.

Secondo quanto emerge dal lavoro della Financial Services Authority le tensioni nell'area euro rischiano di rimbalzare nel Regno Unito a causa del fatto che le banche del Regno Unito hanno crediti verso le economia di Francia e Germania per circa il 130% del Tier 1 (coefficiente di patrimonializzazione), di cui circa la metà è composto da crediti verso banche.

È una crisi di solvibilità
La crisi finanziaria iniziata nel 2007 è stata caratterizzata da un mancato riconoscimento delle insolvenze. «Proprio durante questa crisi un sacco di gente voleva credere che fosse una crisi di liquidità», ha detto King. «Non è stato. Non è ... È stata una crisi di solvibilità per istituzioni finanziarire e adesso per i debiti sovrani».

Secondo King la Banca centrale europea e i governi della zona euro sono alle prese su come spalmare il fallimento della Grecia, evitando di infliggere le perdite ai titoli delle obbligazioni greche. Ma «fornire liquidità può essere solo un modo per guadagnare tempo», ma non è «la soluzione».

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Ecco i rumors sugli scambi ad alta volatilità che hanno colpito le banche italiane

di Vito Lops e Andrea Franceschi 24 giugno 2011


Mezzogiorno di fuoco a Piazza Affari. Scambi schizofrenici sui titoli bancari a Piazza Affari a metà mattina. Unicredit è arrivato a perdere all'improvviso in pochi secondi il 9%, Intesa Sanpaolo il 7% e, a ruota, gli altri big del credito. Ma sono bastati pochi minuti, tra le 12.22 e le 12.25, per riportare le quotazioni su perdite meno consistenti. Intesa Sanapolo alle12.32 cedeva l'1% mentre Unicredit dalle 12.25 è sospeso a 1,4 euro (-2,98%). Il titolo è poi tornato a fare prezzo alle 12.36 in ribasso del 5,75% per poi finire nuovamente in asta di volatilità per una mezz'ora. Nello stesso minuto in cui sono tornate le vendite su Intesa (-3,25%), Banca Mps (-3,48%) e Banca Pop Mi (-4,64%).

In attesa di avere lumi dalla Consob, secondo gli investitori la volatilità altissima che ha fatto ballare i titoli bancari di Piazza Affari potrebbe essere legata alla parole di Jose Manuel Gonzalez-Paramo, membro spagnolo dell'esecutivo della Banca centrale europea, che ha avverito le banche italiane e spagnole.

Paramo ha detto che la «crisi non è finita e non finirà presto. Questo ha colpito le banche spagnole e italiane, perché il mercato è fragile come un cracker e ii panico può prendere facilmente il sopravvento».

Tra le indiscrezioni, nel tentativo di dare una ragione logica (e che quindi si allontani da ipotesi di hyper frequency trading fuori controllo) alle violente escursioni dei titoli bancari a Piazza Affari, c'è anche chi attribuisce l'evento anomalo con l'ufficialità della notizia di Mario Draghi alla Bce. Ma ci sono anche voci secondo le quali alcune banche italiane non supererebbero gli stress test europei.

Tra le altre ipotesi quella di «un paio di grossi ordini da hedge fund» che secondo un operatore intervistato da Radiocor avrebbero «innescato tutto».

Voci che seguono l'avvertimento di Moody's che ieri ha indicato che 16 banche italiane sono sotto osservazione per un possibile taglio di rating, notizia che segue un'indicazione analoga del 17 giugno dell'agenzia di rating statunitense sul debito pubblico italiano.

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dgambera
00venerdì 24 giugno 2011 19:59
Moody's colpisce ancora: sotto osservazione i covered bond di 4 banche italiane e della Cdp

24 giungo 2011


Moody's ha posto sotto osservazione, in vista di un possibile downgrade, i covered bond emessi da cinque banche e istituzioni finanziarie italiane. In particolare il provvedimento riguarda i programma di covered bond di Banca Carige, Mps e Banco Popolare. Interessati anche i programmi di covered bond garantiti dal settore pubblico emessi da Cassa Depositi e Prestiti e Intesa Sanpaolo (Public sector covered bond).

La misura odierna riflette le misure negative sul rating adottate ieri da Moody's su 23 banche che hanno emesso questi bond oltre che la decisione, lo scorso 17 giugno di porre sotto osservazione in vista di un possibile downgrade il giudizio sovrano sull'Italia.

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FourCorners
00venerdì 24 giugno 2011 20:11
Re:
dgambera, 24/06/2011 19.59:

Moody's colpisce ancora: sotto osservazione i covered bond di 4 banche italiane e della Cdp 24 giungo 2011

Moody's ha posto sotto osservazione, in vista di un possibile downgrade, i covered bond emessi da cinque banche e istituzioni finanziarie italiane. In particolare il provvedimento riguarda i programma di covered bond di Banca Carige, Mps e Banco Popolare. Interessati anche i programmi di covered bond garantiti dal settore pubblico emessi da Cassa Depositi e Prestiti e Intesa Sanpaolo (Public sector covered bond). La misura odierna riflette le misure negative sul rating adottate ieri da Moody's su 23 banche che hanno emesso questi bond oltre che la decisione, lo scorso 17 giugno di porre sotto osservazione in vista di un possibile downgrade il giudizio sovrano sull'Italia. ©RIPRODUZIONE RISERVATA




'Sti ignorantoni d'oltreoceano!!!

http://www.moodys.com/research/Moodys-places-the-ratings-of-five-Italian-covered-bonds-programmes?lang=en&cy=global&docid=PR_221537

Ma, io dico, glielo avete spiegato che sono garantiti due volte e che bla bla bla... mutui ipotecari di primaria qualità... bla bla bla... il mattone non tradisce mai???
È vergognoso.
FourCorners
dgambera
00domenica 26 giugno 2011 19:25
Banche al test della speculazione

di Walter Riolfi 26 giugno 2011


Ancora non s'è capito se l'Italia e le banche del Paese siano sotto un attacco sistematico della speculazione internazionale. Che alcuni grandi investitori ci abbiano provato è più che evidente, come ha rivelato il crollo in borsa del settore bancario.

Venerdì, un grosso ordine di vendita su un paniere dei principali titoli ha sparso il panico a Piazza Affari e fatto precipitare le quotazioni di UniCredit e Intesa: complici gli scambi piuttosto rarefatti in tarda mattinata e il meccanismo degli stop loss, che innescano in automatico altri ordini di vendita, appena i prezzi scendono sotto una certa soglia. A confezionare quel paniere pare sia stata una grande banca d'affari (Goldman Sachs, secondo indiscrezioni provenienti da New York): a vendere, alcuni suoi clienti, tra i quali primeggiano gli hedge fund.

Non si deve biasimare la speculazione che fa il proprio mestiere mettendosi al ribasso su un titolo. Chi vende allo scoperto ha buoni motivi per farlo e quello che può sembrare un accanimento non ha nulla di ideologico e pregiudiziale. Se Moody's intende declassare il debito del Paese, poi le società partecipate dallo Stato e infine le banche, è piuttosto normale che il mercato approfitti dell'occasione. Dopo Moody's, si muoverà probabilmente anche Standard & Poor's: poiché è vero che l'Italia ha il terzo maggior debito al mondo, cresce meno del resto d'Europa e ha tassi d'interesse decisamente più elevati della Germania (215 punti sul Bund decennale) o della Francia (161 punti).

La questione dei tassi determina la differenza tra il sistema bancario italiano e quello degli altri Paesi: poiché i nostri istituti pagano il denaro sull'interbancario (oppure si approvvigionano emettendo bond) a costi di un punto, un punto e mezzo percentuali più alti dei concorrenti europei. E per quelli minori, come la Popolare di Milano, afflitta da ulteriori problemi, la raccolta è ancora più cara. Va da sè che le banche italiane saranno assai meno competitive nell'impiegare quel denaro e i migliori clienti si rivolgeranno altrove. Ecco perché i titoli degli istituti italiani sono nel mirino della speculazione.

Non valgono nemmeno il loro patrimonio netto, si obietterà. Vero. Intesa capitalizza la metà dei mezzi propri e UniCredit il 40%. In Francia il rapporto è più alto: 0,6 per SocGen, 0,8 Bnp ed è 0,86 per la spagnola Santander. Ma il rapporto tra prezzo e utili (stimati 2011, secondo i dati Reuters) di queste ultime è tra 6,7 e 7. Quello di Intesa è di 9,2 e di 8,8 per UniCredit. Le banche italiane non sarebbero dunque relativamente sottoquotate. Si può obiettare che con questi numeri sarebbe sottovalutato l'intero sistema bancario europeo (l'americana Citi, con un p/e comparabile a Intesa, capitalizza tuttavia il 67% del patrimonio). Ma questa è un'altra storia ed è la conseguenza della crisi sul credito del 2007-08.

Se si vuole, c'è qualcosa di triste in questi attacchi alle banche italiane che, per essere state le prime ad aver fatto (o annunciato) una ricapitalizzazione, hanno dimostrato un comportamento virtuoso. Pensiamo cosa sarebbe successo, se non fosse stato così e se Mario Draghi non le avesse spinte a rafforzare il patrimonio.

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(sylvestro)
00lunedì 27 giugno 2011 19:37
FraMI
00mercoledì 29 giugno 2011 15:41
Re: Re: Siamo Orso!
(sylvestro), 24/06/2011 15.13:




... io mi sono appena fatto un'altra idea ([SM=j7569])

Forse l'inghippo sta nel successore (reale) che prendera' il suo posto in Bankitalia [SM=g2594223]

Potrebbe essere qualcuno imposto da ... Burlesconi [SM=g2594222]

A voi le ipotesi (oltre i vari, Bini Smaghi, Grilli, Saccomanni, ...)




Indovina chi? [SM=g2594226]

www.lavoce.info/articoli/pagina1002383.html

...Tali considerazioni militano a favore di una designazione del Governatore che sia interna alla Banca d’Italia. Vi è tuttavia una possibile obiezione: la tutela dell’indipendenza rischia di sconfinare in un incentivo all’autoreferenzialità...

[SM=g1749697]
fabio_c
00mercoledì 29 giugno 2011 21:13
Re: LE SCELTE DI MPS PESANO SUI CLIENTI
kemar71, 09/06/2011 20.47:

Preparatevi ad un gran mal di testa [SM=g7840]


15 gennaio 2011 — pagina 28 sezione: ECONOMIA

... - ALESSANDRO PENATI
link




ORA SI SALVI MPS
di Marco Della Luna, 28.06.11

«Nel settore bancario italiano si moltiplicano i segni di illiquidità. Alcuni primari istituti hanno sospeso le erogazioni di credito. ...»


fabio
dgambera
00mercoledì 6 luglio 2011 19:12
Banche, rallenta ma non si arresta la crescita dei crediti deteriorati

6 luglio 2011 - 15:38


I crediti deteriorati, ovvero la massa di incagli, sofferenze e crediti ristrutturati, continuano a rappresentare il tallone d'Achille delle banche italiane (vedi Analisi trimestrale dei bilanci R&S-Il Sole 24 Ore).
Se scorriamo i dati degli ultimi sei anni relativi a primi nove gruppi bancari scopriamo che il picco minimo è stato il 31 dicembre 2007, quando i crediti deteriorati in rapporto ai crediti totali alla clientela hanno raggiunto in media il 2,7%. Alla stesse data i crediti deteriorati del campione rappresentavano nell'ordine il 21,4% del loro capitale netto e il 35,6% del loro capitale netto tangibile (cioè il capitale netto depurato degli attivi immateriali come gli avviamenti). La situazione è andata peggiorando gradualmente nel 2008 per poi aggravarsi l'anno successivo con l'esplodere della crisi. Alla fine del 2009, mentre il Prodotto interno lordo nazionale arretrava del 5,2%, i crediti deteriorati dell'aggregato bancario in questione salivano al 5,8% dei crediti totali alla clientela, al 46,8% del capitale netto e al 79,5% del capitale netto tangibile. E nel marzo del 2010, nonostante l'inversione di segno del Pil (aumentato dell'1,3% su base annua), la situazione dei crediti è continuata a precipitare. Rispetto ai crediti totali alla clientela, i crediti deteriorati del campione erano balzati al 6%, mentre erano saliti al 46,5% e al 77,1% in rapporto rispettivamente al capitale netto e al capitale netto tangibile.
La cose sono andate aggravandosi nei successivi dodici mesi. Al 31 marzo di quest'anno (ultimo dato disponibile) i crediti deteriorati dei primi nove gruppi bancari hanno raggiunto il 6,5% di quelli totali alla clientela, il 50,6% del capitale netto e l'82,4% del capitale netto tangibile dell'aggregato.
L'accelerazione sembra essersi esaurita nella prima metà del 2010, ma non vi sono ancora chiari segnali di rientro. Anzi, se il rallentamento dell'economia registrato nel primo trimestre 2011 dovesse perdurare nei trimestri successivi, la qualità del credito bancario potrebbe risentirne ulteriormente.

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dgambera
00lunedì 11 luglio 2011 18:09
Per la serie "il risveglio dei morti viventi"

Vigni (Mps): Le banche italiane sono solide, no a paragoni con la Grecia»

11 luglio 2011


«Gli attacchi della speculazione non trovano giustificazione con la situazione e i fondamentali dell'Italia e delle banche nazionali». È netto il giudizio del direttore generale di Mps, Antonio Vigni, nel corso della conference call per commentare i risultati dell'aumento di capitale da 2,1 miliardi, chiuso con il 99,9% di adesioni.

Vigni ricorda come l'Italia possa vantare «un avanzo primario, un debito privato fra i più bassi in Europa, una elevata capacità di risparmio e sebbene la ripresa non sia a un tasso fortissimo abbiamo segnali positivi su export e occupazione». Per quanto riguarda le banche «sono solide e con un tasso di leva in media al 14% contro il 30% dell'Europa e fortemente concentrate sulle Pmi».

Per quanto riguarda Monte Paschi, Vigni ha precisato che «ci sono passi avanti importanti» per arrivare alla contabilizzazione nel patrimonio dell'istituto della cessione degli immobili strumentali avvenuta lo scorso anno. «Spero di poter dare quanto prima ulteriori positivi aggiornamenti», ha aggiunto Vigni. Il via libera della Banca d'Italia si tradurrebbe in un beneficio di 35-40 punti base per il tier1 dell'istituto. Il direttore generale del Monte dei Paschi ha poi confermato che procede l'iter per la ricerca di un partner per la società di credito al consumo, Consum.it: «Stiamo verificando con le controparti l'iniziativa industriale che valuteremo con calma».

Nel frattempo i titioli bancari hanno rotto gli argini nel pomeriggio e quotano ora sui minimi di giornata con ribassi del 9% per Intesa Sanpaolo e Unicredit. Sospesa al ribasso Mediobanca, con un teorico -5,37%; a picco Bpm (-7,11%), male Banco Popolare (-4,79%), Ubi Banca (-3,35%) e Mps (-4,68%).

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(sylvestro)
00martedì 12 luglio 2011 17:29
dgambera
00venerdì 15 luglio 2011 15:35
Banco Popolare vara il maxi-piano di fusioni

di Monica D'Ascenzo 15 luglio 2011


Il Banco Popolare accelera sul progetto di "banca unica". Il consiglio di sorveglianza e il consiglio di gestione, stando a indiscrezioni di fonti finanziarie, sono pronti a riunirsi in via straordinaria entro il week end, probabilmente già oggi, per deliberare un piano di fusione delle principali banche controllate: Popolare di Verona, Popolare di Novara, Popolare di Lodi e Cassa di Risparmio di Lucca Pisa Livorno.

Una maxi-riorganizzazione che in parte era stata anticipata dal consigliere delegato e vicepresidente del gruppo, Pierfrancesco Saviotti, poche settimane fa in occasione della presentazione del piano industriale triennale. «In consiglio di sorveglianza c'è sicuramente dibattito e per la prima volta vedo propensione per arrivare a ulteriori snellimenti della struttura», aveva detto Saviotti il 30 giugno scorso, aggiungendo di prevedere una decisione definitiva «entro la fine dell'anno».

Il gruppo va così verso una semplificazione della struttura che è quanto chiesto da Banca d'Italia anche ad altre popolari e supera il modello federale frutto delle aggregazioni che hanno dato vita al quarto gruppo bancario italiano.

La semplificazione degli assetti del Banco Popolare porterà con sé importanti riduzione dei costi grazie all'eliminazione di quattro consigli di amministrazione e di quattro strutture di direzione generale. In tutto si tratta di 70 cariche, di cui 52 nei board e 18 nei collegi sindacali, che sarebbero drasticamente ridotte. Senza contare poi gli immediati benefici, stimati in circa 60-70 milioni di euro all'anno, derivanti dall'eliminazione dell'Iva infragruppo.

Il piano, che nelle scorse settimane sarebbe già stato presentato alla Vigilanza della Banca d'Italia, è stato fortemente voluto dall'amministratore delegato del gruppo. L'accelerazione dei tempi sarebbe dovuta anche dal pieno appoggio al piano di fusione da parte delle varie "anime" azionarie della banca, a partire da quella veronese guidata dal presidente del Banco Popolare, Carlo Fratta Pasini. Una scelta coraggiosa, quella dei tre gruppi di soci dell'istituto, anche perché dovrebbe essere accompagnata, stando alle indiscrezioni, dall'eliminazione della governance duale, con il passaggio al sistema tradizionale con un consiglio di amministrazione. Sarà, poi, necessario capire come troveranno una composizione le varie anime territoriali del gruppo nel board, ma certamente ad ognuna sarà data una rappresentanza. Se a livello di governance restano ancora diverse cose da stabilire, sembra invece assodato che le diverse aree territoriali resteranno presidiate da strutture dedicate, che conserveranno i marchi locali e che saranno collegate alla sede centrale attraverso comitati territoriali.

Un discorso a parte sarà quello degli esuberi. In occasione della presentazione del piano industriale 2013-2015 a fine giugno, il gruppo ha comunicato che la riorganizzazione prevedeva l'eliminazione di 180 sovrapposizioni di filiali, con la chiusura di 140 sportelli. Allo stesso tempo era stimata a 1.120 dipendenti la riduzione dell'organico oltre ai 380 del 2010, mentre 1.100 persone (di cui 900 commerciali) saranno destinate all'arricchimento della rete. Resta da vedere se i numeri rimarranno questi o se la fusione tra le quattro banche porterà a ulteriori prepensionamenti.
In Borsa ieri il titolo della banca ha chiuso in leggero ribasso (-0,28%) a 1,408 euro per azione. L'ultimo report sul titolo è quello di Goldman Sachs che mercoledì ha assegnato all'istituto il rating "neutral" con target price 2,2 euro per azione, mentre il consesus degli analisti secondo Bloomberg è di 1,99 euro per azione.

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dgambera
00lunedì 1 agosto 2011 17:09
Hsbc taglia 25mila posti di lavoro. Lansdowne Partners vende la sua quota in Goldman Sachs

dal nostro corrispondente Leonardo Maisano 1 agosto 2011


Hsbc affonda l'acceleratore sul piano di ristrutturazione e insieme a utili miliardiari annuncia il taglio di 25mila dipendenti, due volte e mezzo quanto era stato fino a ieri ipotizzato. La notizia arriva insieme alla decisione del maggior hedge fund europeo, Lansdowne partners, di liquidare tutte le posizioni su Goldman Sachs nella convinzione che l'investment banking si sia avvitato in una crisi cronica.

Pessime notizie quindi sul fronte bancario seppure su due cotè del tutto diversi. La più sorprendente arriva dal colosso anglo-cinese che fa segnare 11,5 miliardi di dollari di utile nel primo semestre dell'anno in progressione del 3% e con un dividendo in crescita del 12,5 per cento. Nonostante numeri solidi e un core tier 1 (indice che misura la patrimonializzazione ndr.) che veleggia attorno al 10,8%, Hsbc uscirà da venti paesi nel mondo fra cui Russia e Polonia concentrandosi sul core business che è resta l'Asia. Questo significa che entro il 2013 saranno tagliati 25mila posti di lavoro nel mondo. Un colpo d'ascia che va oltre ogni previsione – era stata immaginata la riduzione di 10mila posizoni - e che va letto come un ripensamento globale della strategia post credit crunch di quello che è ormai il maggiore istituto al mondo.

La notizia arriva mentre prende forma un altro evento che riporta ai giorni della crisi del credito. Il precedente di Lansdowne partners è a dir poco inquietante. L'ultima volta che l'hedge fund, uno dei top al mondo e probabilmente in assoluto il maggiore in Europa, ha venduto Goldman Sachs era il 2008, qualche mese prima dal collasso di Lehman. La storia si ripete con la notizia della liquidazione di tutta la partecipazione nella banca d'affari americana da parte di uno dei venti maggiori azionisti. Lansdowne ha liberato 850 milioni di dollari, ovvero poco meno dell'1% di Goldman e 10% circa del proprio portafogli.

La decisione destinata a lanciare un messaggio inquietante al ceo della banca americana Lloyd Blankfein è in realtà un monito per il mondo dell'investment banking in generale, visto con sospetto crescente dagli investitori. La mossa svelata da uno scoop del Sunday telegraph nasce da considerazioni generali, ma anche dalle conseguenze della Volcker rule (la riforma finanziaria voluta da Barack Obama) che ha posto limiti importante al proprietary trading, ovvero alle attività commerciali che le banche effettuano per conto proprio e non a nome e con capitale dei clienti. Una misura che ha colpito il roe (ritorno sull'investimento) di Goldman, diminuito dalla forchetta abituale del 24-30% al 15 circa, convincendo Lansdowne ad alleggerire la propria posizione nel banking liquidando l'intera partecipazione in Goldman.

Il parallelo con il 2008 è inevitabile perché proprio quella vendita sembrò suonare, per molti osservatori, la campana dell'ultimo giro, prima del crack prodotto dal credit crunch. In realtà ci sono differenze perché in quell'occasione l'hedge fund britannico vendette tutto il portafoglio sui bancari, mentre questa volta ha nel mirino l'investment banking e Goldman prima di tutti. Lansdowne, per esempio, continua ad essere il maggior azionista privato di Lloyds bank group l'istituto di credito concentrato sul retail di cui il Tesoro britannico ha una quota che supera il 44 per cento. Per ora non intenderebbe vendere anche perché i valori sono ancora molto bassi, ma la decisione sul Goldman non si può non declinare con il quadro complessivo dell'industria bancaria britannica che questa settimana svelerà la propria condizione con una raffica di risultati del primo semestre. Di Hsbc abbiamo detto, ma nelle prossime ore e giorni seguiranno sia Barclays che Lloyds e Rbs.

Non si attendono numeri esplosivi – secondo le anticipazioni che circolano a Londra - a conferma delle difficoltà di un settore che attende di conoscere il proprio destino nelle prossime settimane. A metà settembre, infatti, la Indipendent Commission sul futuro del credito in Gran Bretagna concluderà i propri lavori svelando quale sarà il modello per le banche inglesi nell'era post credit crunch. E a quell'appuntamento ci arrivano tutte zavorrate da conti ancora pesanti.

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dgambera
00martedì 2 agosto 2011 14:57
Cadono gli utili di Barclays bank

dal nostro corrispondente Leonardo Maisano 2 agosto 2011


Cadono gli utili di Barclays bank una delle poche grandi banche britanniche che non s'è appellata ai fondi del Tesoro per navigare la crisi. Nel secondo semestre i profitti sono scivolati di un terzo fermandosi a quota 2,46 miliardi di sterline. Le ragioni sono due: rallentamento dell'investement banking che s'è contratto del 9% circa e costi straordinari per un miliardo di sterline.

E' la cifra che Barclays ha messo a disposizione per chiudere il contenzioso con i clienti per un equivoco piano di protezione legato alla concessione dei mutui. Una polizza piazzata anche a chi non ne aveva diritto, clientela che ha pagato per anni senza poter godere della tutela se ne avesse avuto la necessità. Problema che taglia tutto il mondo bancario britannico sanato ora con capitali degli istituti. Al netto di quel miliardo e di altre partite straordinarie, secondo Barclays, gli utili sarebbero stati in crescita del 24% rispetto all'anno precedente.

Diverse le considerazioni per quanto riguarda il colpo di freno di BarCap, la divisione di investment banking, da sempre motore del gruppo. Ha rallentato del 9% per la caduta nel trading su reddito fisso, valute e materie prime, che hanno fatto registrare volumi in netto calo.

La soluzione per il secondo semestre passa ancora una volta dal personale come già ieri aveva annunciato Hsbc. I numeri sono molto più contenuti, ma Bob Diamond, ceo del gruppo, ha confermato che dopo i 1400 posti ridotti in questa prima metà del 2011, altrettanti saranno tagliati nel secondo semestre. E forse anche di più. Il mercato ha apprezzato il quadro dell'istituto nonostante la forte caduta degli utili considerandola, evidentemente, prodotto di una congiuntura destinata a non rimanere. Il titolo negli scambi del mattino era a più 0,3 per cento ma poi ha superato il 4 per cento.

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