Fallimento banche postate le news

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dgambera
00giovedì 13 ottobre 2011 17:45
Ecco le banche che oggi fallirebbero gli stress test (riveduti e corretti) secondo Credit Suisse

di Andrea Franceschi 13 ottobre 2011


220 miliardi di euro, questo è il fabbisogno di 66 big bank europee secondo gli analisti di Credit Suisse. Si tratta di grossi istituti di credito del calibro di Deutshe Bank, Bnp Paribas e l'italiana UniCredit, che sono stati promossi agli stress test di questa estate. Se l'esame fosse ripetuto oggi, con criteri meno blandi rispetto a quelli adottati dall'autorità bancaria europea, l'esito non sarebbe lo stesso per gli analisti della banca svizzera.

Quella messa peggio è sicuramente Rbs. Per la banca, che è stata recentemente declassata da Moody's e rischia di dover essere salvata una seconda volta dal governo inglese, gli analisti stimano un deficit di capitale di 19,4 miliardi di euro. Seguono Deutsche Bank e Bnp Paribas con 13,5 miliardi. E poi Soc Gen (12,8 miliardi), Barclays (12,7), e Commerzbank (11,3 miliardi).

Tra le italiane quella più in difficolta, secondo il report, è UniCredit che,a differenza di altre banche italiane non ha fatto alcun aumento di capitale quest'anno. Il deficit di capitale stimato da Credit Suisse è di 12 miliardi di euro. Più cauta la cifra ipotizzata dagli esperti di Citigroup che parlano di un fabbisogno di circa 6 miliardi di euro, definendo comunque Piazza Cordusio «una delle banche d'Europa più a corto di capitale». Nel complesso, sempre Citi stima che gli istituti di credito italiani debbano raccogliere 27,7 miliardi di euro per raggiungere un coefficiente Core tier One del 9 per cento. Le spagnole 33,4, le francesi 34,3 mentre le tedesche 30.

Tutto fa pensare quindi che si andrà incontro a una stagione di aumenti di capitale nei prossimi mesi. Secondo quanto indicato dal presidente della Commissione Ue Barroso, che ha illustrato le linee guida del piano salva banche, è il mercato la prima porta a cui dovranno bussare per rafforzare il proprio patrimonio. Solo in seconda battuta potranno poi intervenire i governi e il fondo salva stati. Di quanto e con che tempi? Il Financial Times ha parlato di un innalzamento del Core Tier One (l'indice che misura la solidità di un istituto di credito) fino al 9% nel giro di 6-9 mesi.

Si tratta comunque di indiscrezioni stampa. Dettagli ufficiali ancora non ce ne sono. In attesa di lumi dal prossimo vertice europeo dei 23 ottobre e dal G-20 del 3 novembre, iniziano a farsi sentire i malumori nel settore del credito. «Attenzione a non esagerare con le richieste di patrimonio che possono mettere in difficoltà alcune banche» dice Corrado Passera, numero uno di Intesa Sanpaolo, banca che nei mesi scorsi ha varato un aumento di capitale da 5 miliardi di euro.

Il ceo di Deutsche Bank Josef Ackermann, da parte sua, paventa il rischio di un «credit crunch». «Resta una incognita: sapere se le banche saranno in grado di erogare finanziamenti - ha avvertito - o se la ristrutturazione dei titoli di stato e un nuovo contesto regolamentare le costringeranno a pratiche restrittive».

Nei prossimi mesi le banche dovranno fare i conti con pesanti svalutazioni sui titoli dei paesi periferici in portafoglio (pochi giorni fa il presidente dell'Eurogruppo Juncker aveva ipotizzato addirittura perdite del 60% per i detentori di bond greci). Allo stesso tempo dovranno rafforzare il proprio patrimonio come richiesto dalle autorità comunitarie. C'è il rischio quindi che si esaurisca lo spazio per quella che dovrebbe essere l'attività primaria per un istituto di credito: il finanziamento alle imprese. Un film già visto all'indomani del crollo dei mercati del 2008 e il conseguente contagio all'economia reale.

©RIPRODUZIONE RISERVATA

kemar71
00giovedì 13 ottobre 2011 20:24
Scandalo Bank of Ireland, l’istituto è salvo,
ma i risparmiatori italiani perdono tutto Il piano di ristrutturazione effettuato questa estate prevedeva la sostituzione dei bond ormai in default con nuove obbligazioni garantite direttamente dallo Stato. Ma, secondo il Sole 24 Ore, nessuno ha avvisato i correntisti di casa nostra

Non meno di 150 (ma potrebbero essere anche 200) risparmiatori italiani che avevano investito nelle obbligazioni emesse dall’istituto dublinese Bank of Ireland hanno visto il proprio capitale azzerarsi completamente e senza preavviso nel corso di questa estate. E’ questo il disastroso risultato del concambio effettuato sui bond emessi a suo tempo dall’istituto irlandese, tecnicamente fallito con lo scoppio della crisi e salvato dalla bancarotta grazie all’intervento statale. Lo riferisce in esclusiva il Sole 24 Ore nella sua edizione odierna.

Il piano di ristrutturazione realizzato questa estate prevedeva la sostituzione dei bond ormai in default con nuove obbligazioni garantite direttamente dallo Stato. Questo concambio, ovviamente, avrebbe comportato una riduzione dei rendimenti originari ma le perdite, di fatto, sarebbero state limitate. L’offerta, per così dire, era di quelle che non si possono rifiutare. I risparmiatori che non avessero aderito alla proposta entro l’8 luglio scorso, infatti, si sarebbero ritrovati a possedere obbligazioni con un valore nominale ridotto a 1 centesimo di euro per ogni mille investiti. Esattamente quello che è accaduto ai risparmiatori italiani.

............


le banche italiane, avvertite dei dettagli sul concambio dalle colleghe irlandesi che ad esse si erano appoggiate per il collocamento originario dei titoli, non hanno pensato di informare i loro client ( [SM=g7840] )i riservandogli, quindi, un destino a dir poco beffardo: contribuire al salvataggio di una delle principali banche speculative d’Irlanda ritrovandosi, in cambio, a detenere carta straccia.


Quella attraversata da Bank of Ireland è una traiettoria emblematica nella recente storia finanziaria del Paese. Protagonista, al pari delle sue omologhe, di quel decennio d’oro vissuto da Dublino tra la seconda metà degli anni ’90 e l’era della grande espansione pre crisi, l’istituto è stato letteralmente stroncato dall’improvviso scoppio della bolla immobiliare e dalla conseguente difficoltà nel reperimento di credito. All’inizio del 2007, le sue azioni erano scambiate a quota 18 euro. Oggi valgono circa 10 centesimi ciascuna. In mezzo l’intervento dello Stato, che, dopo lo scoppio della crisi, si è visto costretto ad entrare massicciamente nella proprietà degli istituti privati. Ma se nel caso di altri colossi nazionali come Allied Irish e Irish Nationwide si è trattato di una vera e propria nazionalizzazione (con l’acquisizione di oltre il 90% delle quote), per Bank of Ireland il destino è stato diverso.

Il governo di Dublino non ha mai controllato più del 36% delle azioni rinunciando, di conseguenza, all’effettivo controllo della proprietà e delle operazioni dell’istituto. Complice anche la svalutazioni dei titoli (oltre che degli assets in portafoglio), lo Stato ha successivamente perseguito una sorta di exit strategy: a luglio, l’ingresso di nuovi investitori privati ha fatto scendere il livello della partecipazione statale a poco più del 15%. Due giorni fa, l’agenzia di rating Moody’s ha declassato di due notches (da Baa3/Prime-3a a Ba1/Not-Prime) il giudizio sulla filiale britannica della banca valutando negativamente le prospettive. Nello stesso giorno, l’istituto irlandese ha piazzato sul mercato 1,1 miliardi di euro in obbligazioni garantite, particolare non da poco, dai crediti immobiliari detenuti nel Regno Unito. [SM=j7568]



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dgambera
00venerdì 14 ottobre 2011 13:43
Fitch declassa Ubs e mette sotto osservazione altre sette banche in America ed Europa

a cura di Andrea Franceschi 14 ottobre 2011


L'agenzia internazionale di rating Fitch ha tagliato ieri sera la valutazione a lungo termine di Ubs da "A+" ad "A" con le prospettive comunque stabili. La banca svizzera è sotto osservazione del mercato dopo la notizia della frode da 2,3 miliardi di dollari messa a segno da un trader della banca arrestato a Londra. A seguito di tali fatti il Ceo Oswald Grübel si è dimesso e il suo posto è stato preso a interim dal ticinese Sergio Ermotti.

Oltre allo scandalo miliardario e alle conseguenti incertezze legate al cambio ai vertici, la decisione dell'agenzia di rating è legata all'incertezza sugli aiuti pubblici. L'agenzia di rating ha mantenuto un buon giudizio per Ubs anche alla luce del supporto fornito dal governo svizzero alla società all'indomani della tempesta finanziaria del 2008. Una situazione che non dovrebbe ripetersi in futuro alla luce della nuova legislazione sulle banche "troppo grandi per fallire" che la Svizzera sta introducendo. Con le stesse motivazioni, l'agenzia di rating ha tagliato il proprio giudizio su Lloyds e Royal Bank of Scotland, recentemente declassata anche da Moody's. Non è ipotizzabile un salvataggio pubblico nella misura di quanto avvenuto negli anni scorsi secondo Fitch.

Sempre giovedì l'agenzia ha messo sotto osservazione per un possibile downgrade il rating di altre 7 grandi banche americane ed europee. Si tratta di Barclays, Bnp Paribas, Credit Suisse, Deutsche Bank, Goldman Sachs, Morgan Stanley e Société Générale.

Da parte loro gli analisti di Goldman Sachs hanno diffuso in mattinata stime non proprio rassicuranti sul fabbisogno di capitale delle banche europee. In un report si stimano ricapitalizzazioni per 300 miliardi di euro per stabilizzare i bilanci (Credit Suisse aveva parlato di 220 miliardi di euro).

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dgambera
00venerdì 14 ottobre 2011 20:11
Francia: S&P´s taglia il rating di Bnp Paribas e peggiora il giudizio sul comparto bancario

Finanzaonline.com - 14.10.11/20:03

Standard & Poor´s ha annunciato di aver ridotto il rating di lungo termine di Bnp Paribas da "AA" a "AA-". Nonostante abbia ridotto la valutazione complessiva sul comparto bancario francese (BICRA, Banking Industry Country Risk Assessment) dal gruppo 1 al gruppo 2, l´agenzia ha confermato i giudizi sugli altri 4 maggiori istituti del Paese (BPCE, Credit Agricole, Credit Mutuel e Sociètè Gènèrale). L´outlook sulle prime 5 banche del Paese è stabile.
dgambera
00martedì 18 ottobre 2011 19:00
Italia: S&P´s taglia rating di Banco Popolare, Bper, Carige, Credem, Popolare Milano, Mps, Ubi,

Finanzaonline.com - 18.10.11/18:26

Flash

Fonte: Finanza.com
dgambera
00martedì 18 ottobre 2011 20:22
Maxi frode fiscale nell'operazione Brontos, sequestrati 245 milioni a Unicredit, indagato Profumo

all'interno articolo di Walter Riolfi 18 ottobre 2011


La procura di Milano ha sequestrato 245 milioni di euro a Unicredit nell'ambito dell'inchiesta sull'operazione Brontos. Si tratta di una presunta evasione fiscale commessa tra il 2007 e il 2008 con interessi travestiti da dividendi. Nella vicenda sono implicati anche anche manager di Barclays. Gli indagati sono in tutto una ventina e tra loro anche Alessandro Profumo, ex amministratore delegato della banca.

Il sequestro preventivo dei 245 milioni di euro, ai fini di una eventuale confisca, è stato eseguito nel pomeriggio dalla Guardia di Finanza in Banca d'Italia su un conto di corrispondenza di Unicredit. A disporlo è stato il gip di Milano Luigi Varanelli su richiesta del procuratore aggiunto Alfredo Robledo che ha calcolato la somma sequestrata in quanto ritenuta il profitto della frode fiscale, commessa attraverso l'operazione di finanza strutturata e transnazionale "Brontos" e che ha permesso di aggirare il fisco tra il 2007 e il 2008. Per il 2009, ad indagine già in corso, l'istituto di credito allora guidato da Profumo aveva regolarmente versato le imposte dovute relativamente alle analoghe operazioni. Nell'inchiesta sono indagati una ventina di persone tra manager e funzionari di Unicredit e tre dipendenti della inglese Barclays.

Della vicenda aveva scritto il Sole 24 Ore in un articolo del 16 aprile del 2009 e un altro del 5 agosto 2009. Il "piano Brontos" era un sistema per eludere il fisco ideato dalla banca inglese Barclays e proposto alle due big bank italiane: Intesa Sanpaolo, che poi ha rifiutato, e Unicredit, che invece ha modificato i termini dell'accordo. Ecco come funziona.

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S&P taglia il rating di 24 banche italiane: «Il rischio paese farà salire i costi di rifinanziamento»

18 ottobre 2011


Standard & Poor's ha tagliato il rating di 24 banche e istituzioni finanziarie italiane a causa dei rischi sull'economia e il debito sovrano. La decisione interviene a seguito del declassamento di rating sul paese, operato nelle scorse settimane. «Le rinnovate tensioni di mercato sui paesi periferici dell'area euro - scrive l'agenzia in un rapporto - e l'indebolimento delle prospettive di crescita porteranno, a nostro parere, a un ulteriore deterioramento del contesto operativo per le banche italiane».

L'agenzia avverte di attendersi un aumento dei costi di rifinanziamento a carico degli istituti della penisola. Inoltre S&P ha puntualizzato di ritenere che che deterioramento del quadro «non è transitorio e non si invertirà facilmente». Partendo da livelli di rating diversi, il declassamento ha coinvolto Banca Mps (il cui giudizio passa da A- con prospettive stabili a BBB+ nella fascia dei titoli di qualità medio bassa ndr). Tra le società quotate sul listino FTSE MIB scendono anche Ubi Banca (da A con prospettive stabili ad A-); Banca Popolare dell'Emilia Romagna (che passa da A- ad BBB+); Banca Popolare di Milano (da A- a BBB+) e Banco Popolare (da A- a BBB).

Declassate anche Credito Bergamasco, Banca Aletti & C, Banca Akros, Banca Carige, Banca Popolare di Vicenza, Credito Emiliano, Veneto Banca, Cassa di Risparmio della Provincia di Teramo, Cassa di Risparmio di Cento, Banca Popolare dell'Alto Adige, Banca di Bologna, Iccrea Holding e Iccrea Banca, Iccrea BancaImpresa, Agos-Ducato, Farmafactoring, Banca Mediocredito del Friuli-Venezia Giulia, BancaSai.

Confermato invece i rating a lungo (A) e di breve termine (A-1) di Unicredit e delle sue principali controllare UniCredit Bank, UniCredit Bank Austria e UniCredit Leasing. Contemporaneamente l'outlook è stato confermato negativo. Anche il giudizio sull'altra grande banca italiana Intesa Sanpaolo non è stato ritoccato. L'altra grande agenzia di rating Moody's ha invece fatto seguire al declassamento del nostro paese anche il taglio del rating per i maggiori istituti di credito del nostro paese.

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dgambera
00mercoledì 19 ottobre 2011 10:29
Unicredit: 9 mld per maxi-cartolarizzazione mutui residenziali (Il Messaggero)

Finanzaonline.com - 19.10.11/10:16

Dal consiglio di Unicredit presieduto dal presidente Dieter Rampl è uscito un nuovo piano di maxi-cartolarizzazione. Lo rende noto questa mattina Il Messaggero. Il progetto approvato ieri riguarderebbe mutui residenziali prevalentemente italiani per un importo massimo di 9 miliardi di euro. L'istituto di Piazza Cordusio aveva già approvato a giugno un'altra operazione da 14 miliardi di crediti alle imprese. L´operazione di securitization prevedrebbe il trasferimento dei mutui residenziali ad una società veicolo, senza però procedere al collocamento sul mercato dei titoli del veicolo che invece potrebbe essere utilizzato come collaterale per approvvigionarsi di liquidità da controparti internazionali, come la Bce.

Fonte: Finanza.com
laplace77
00mercoledì 19 ottobre 2011 11:32
Re:
dgambera, 19/10/2011 10.29:

Unicredit: 9 mld per maxi-cartolarizzazione mutui residenziali (Il Messaggero)

Finanzaonline.com - 19.10.11/10:16

Dal consiglio di Unicredit presieduto dal presidente Dieter Rampl è uscito un nuovo piano di maxi-cartolarizzazione. Lo rende noto questa mattina Il Messaggero. Il progetto approvato ieri riguarderebbe mutui residenziali prevalentemente italiani per un importo massimo di 9 miliardi di euro. L'istituto di Piazza Cordusio aveva già approvato a giugno un'altra operazione da 14 miliardi di crediti alle imprese. L´operazione di securitization prevederebbe il trasferimento dei mutui residenziali ad una società veicolo, senza però procedere al collocamento sul mercato dei titoli del veicolo che invece potrebbe essere utilizzato come collaterale per approvvigionarsi di liquidità da controparti internazionali, come la Bce.

Fonte: Finanza.com




daje daje co' 'sti cerini...

che poi si sa che fine fanno: la bce non se li ciuccia mica, per quello ci sono i risparmi delle vecchiette, "che il mattone non tradisce"...

[SM=g1934144] [SM=g1934144] [SM=g1934144]

dgambera
00domenica 23 ottobre 2011 00:08
iandy73
00martedì 25 ottobre 2011 14:56
fonte www.beppegrillo.it
forse il nuovo Napoleone Francese c'ha poco da ridere?! [SM=g7840]



Il sorrisetto di Sarkozy è fuori luogo. Non per il soggetto al quale è stato indirizzato, sul quale ci sarebbe da sganasciarsi dalle risate per giorni, ma per i crediti amari della Francia. L'Italia potrebbe ben presto ridicolizzare la grandeur francese. Spezzeremo le reni ai cugini d'oltralpe, partiremo dal Col di Tenda e arriveremo fino al Golfo di Biscaglia senza colpo ferire. La forza del nostro debito schianterà le banche francesi. Altro che Mirage e force de frappe.
Le banche francesi possiedono 366 miliardi di euro del nostro debito (*). E non siamo soli. Oltre al nostro debito, gli istituti di credito posseggono 53,9 miliardi di debito greco, 18,3 miliardi portoghese, 17,3 irlandese e 118 miliardi spagnolo. I debitori sono tutte nazioni a rischio default i cui titoli sono stati svalutati sui mercati dal 15% al 50%, e di riflesso il valore detenuto dalle banche. Il gran totale dei debiti dei Piigs nelle banche francesi è di 573,5 miliardi (**). Il cerino acceso del debito pubblico europeo è nelle mani di Sarkozy che non sembra preoccupato. Lui e l'altro vicini ricordano il film "Lui è peggio di me!". Nessun sistema bancario è esposto come quello francese al rischio di un default greco o italiano e alla diminuzione di valore sui mercati dei titoli portoghesi, irlandesi e spagnoli. Se fallisce la Grecia per le banche francesi sarà un terremoto, se salta l'Italia, la Francia ne seguirà il destino. Per questo la Grecia non può e non deve fallire e neppure l'Italia: per evitare il crack del sistema bancario, in particolare quello francese.
Perché la Francia ha comperato più di ogni altra nazione titoli a rischio? L'unica risposta è il voler ottenere, attraverso il debito pubblico, una parte della sovranità popolare di altri Paesi e imporgli scelte di carattere economico, come Alitalia e Parmalat, energetico, l'esportazione di centrali nucleari, e militare, il coinvolgimento forzato dell'Italia nella guerra in Libia. Il problema è che gli investimenti francesi in titoli di debito riguardano tutti e cinque i Piigs insieme. Cinque cavalli perdenti per il fantino Sarkozy. Essere disarcionati con il sorriso sulle labbra è un attimo.

(*) I valori riportati sono calcolati al netto dei titoli francesi posseduti dai Piigs

(**) fonte The New York Times
dgambera
00giovedì 27 ottobre 2011 23:42
UniCredit, servono 7,38 miliardi. Ok il patrimonio di Intesa. Bankitalia: tagliare bonus e dividendi

di Andrea Franceschi 27 ottobre 2011


È UniCredit, unica tra le grandi banche a non aver fatto un aumento di capitale nei mesi scorsi, che dovrà raccogliere la fetta più consistente dei 14,77 miliardi di euro indicati come fabbisogno complessivo del sistema creditizio italiano dalla European Banking Authority. Poco dopo la chiusura dei mercati, la società ha fatto sapere che, sulla base delle informazioni dell'Eba, avrebbe necessità di ulteriore capitale pari a 7,38 miliardi. Tanto serve alla società di Piazza Cordusio per raggiungere l'obiettivo di un Core Tier One (coefficiente che misura la solidità del patrimonio ndr.) del 9%, considerato la soglia di sicurezza per preservare le banche da eventuali tempeste finanziarie. «È una cifra che non ci sorprende» ha detto il numero uno Ghizzoni secondo cui si tratta di una cifra «gestibile».

«UniCredit - si legge in una nota - sta lavorando per individuare le azioni di capital management atte a raggiungere gli obiettivi del gruppo, che terranno conto delle indicazioni pervenute dall'Eba». La società rammenta che, tenendo conto dei Cashes (una sorta di obbligazioni subordinate che hanno la caratteristica di essere convertibili nelle azioni UniCredit ndr.) per il computo del Core Tier 1, il fabbisogno di capitale «si riduce a 4.396 milioni di euro».

Non dovrà rafforzare il proprio patrimonio invece Intesa Sanpaolo per cui l'Eba ha confermato l'adeguatezza del patrimonio anche grazie all'aumento di capitale da 5 miliardi varato lo scorso aprile. «Al 30 giugno 2011 - comunica la società - il Core Tier 1 ratio del gruppo era pari al 10,2%, valore che scenderebbe a circa il 10% applicando agli attivi ponderati per il rischio (RWA) alla stessa data l'incremento previsto dalla normativa CRD3, come richiesto dall'analisi dell'EBA.

Anche Banca Mps, che nei mesi scorsi ha varato un aumento da oltre due miliardi di euro, ha comunicato il rafforzamento di capitale richiesto dall'Eba. La cifra è 3,091 miliardi di euro. L'importo - ricorda l'istituto - non tiene comunque conto dei circa 318 milioni che arriveranno nelle casse dell'istituto a fine anno. Soldi che arrivano dalla conversione, da parte dell'azionista Fondazione Mps, delle obbligazioni del prestito Fresh (floating rate equity-linked subordinated hybrid) emesse nel 2003. Ci sono anche altre voci come il «computo del "Fresh 2008" nel capitale primario» (che vale circa 950 milioni) e «delle componenti positive della riserva available for sale (Afs)».

La cifrà che dovrà raccogliere Ubi Banca è invece pari a 1,48 miliardi di euro. La Banca si dice fiduciosa che, «grazie alla combinazione della riserva costituita dal prestito convertibile, del passaggio progressivo al modello advanced, dell'azione di deleveraging (riduzione della leva finanziaria ndr.) e di un coerente autofinanziamento» potrà essere «in grado di soddisfare il nuovo requisito di Core Tier 1 del 9% senza ricorrere al mercato».

In serata sono arrivati anche i numeri del fabbisogno del Banco Popolare, che a inizio anno ha varato un aumento di capitale da due miliardi di euro. Secondo le stime dell'Eba dovrebbe raccogliere ancora due miliardi 817 milioni di euro. Per ottenere i nuovo requisiti di Core Tier 1 la società ha comunicato che potrà modificare il regolamento del prestito obbligazionario convertibile.

Il fabbisogno di 14,77 miliardi di euro calcolata dall'Eba è frutto dei dati contabili riferiti a giugno 2011 tenendo conto delle variazioni di valore registrate dalle attività esposte verso il rischio sovrano. Le società interessate sono Unicredit, Intesa SanPaolo, Mps, Banco Popolare e Ubi Banca. «Questa quantificazione - spiega una nota di Bankitalia - è basata su stime preliminari e va considerata soltanto indicativa del fabbisogno di capitale. Il fabbisogno effettivo di capitale per coprire il buffer sarà comunicato dall'Eba in novembre sulla base dei dati definitivi riferiti al 30 settembre del 2011». Questo significa che l'esborso potrebbe essere maggiore. Gli istituti di credito sono infatti fortemente esposti in titoli di stato italiani che nei mesi estivi si sono pesantemente svalutati per effetto della tempesta finanziaria che ha colpito i debiti sovrani dei paesi periferici dell'Eurozona (Italia in primis).

Alle banche sarà allora richiesto di inviare entro la fine del 2011 alle rispettive Autorità di Vigilanza nazionali piani con precise indicazioni sulle azioni da intraprendere per raggiungere l'obiettivo di capitale. Tali piani dovranno essere approvati dalle Autorità di Vigilanza nazionali e discussi con l'Eba».

«Per raggiungere l'obiettivo, ci si attende che le banche limitino la distribuzione di dividendi e di bonus» prosegue la nota. Per rafforzare il capitale, «le banche dovrebbero, in prima istanza, utilizzare fonti di capitale privato; se necessario i governi nazionali fornirebbero sostegno e, qualora questo non fosse disponibile, la ricapitalizzazione sarebbe finanziata tramite un prestito del Fondo europeo per la stabilità finanziaria (FESF) per i paesi della zona euro» conclude la nota.

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Siamo al 3^ posto dopo Grecia e Spagna?

dgambera
00lunedì 31 ottobre 2011 14:49


dgambera
00venerdì 4 novembre 2011 18:15
Ecco le 29 banche troppo grandi per fallire che dovranno ricapitalizzare, c'è anche UniCredit

4 novembre 2011


Sono 29 le banche di rilevanza sistemica che dovranno adeguare i loro requisiti di capitale. Nella lista presentata dal Financial stability board nell'ambito dei lavori del G20 di Cannes c'è anche l'italiana UniCredit. Le Sifi sono quelle grande istituzioni finanziarie che se falliscono possono avere un impatto sul sistema economico e finanziario globale, come è avvenuto nel 2008 con la Lehman Brothers.

Il nuovo quadro regolatorio, chiesto dai leader mondiali nel G20 di Seul dello scorso novembre, mira a permettere che una banca in difficoltà possa essere fatta fallire in modo ordinato evitando l'impiego di denaro pubblico per garantirne la sopravvivenza. Le nuove regole inizieranno ad essere adottate a partire dal 2012 mentre l'implementazione completa è prevista per il 2019.

In base al nuovo frame-work, ogni autorità nazionale dovrà sviluppare un proprio "regime di risoluzione" che indichi chiaramente le "responsabilità, gli strumenti e i poteri" necessari per pilotare il fallimento ordinato di una banca evitando di esporre a rischio il denaro dei contribuenti. Inoltre il Fsb raccomanda che vengano sviluppati protocolli di cooperazione fra i paesi di origine di una banca di importanza sistemica (Global Sifi) e i paesi che invece ne ospitano le filiali onde consentire un comune approccio regolatorio in caso di fallimento.

Come anticipato dalla Banca dei regolamenti internazionali a fine settembre, inoltre, per le banche di importanza sistemica viene previsto un buffer aggiuntivo di assorbimento delle perdite in common equity che varierà tra l'1% e il 2,5% degli asset ponderati per il rischio, con un "empty bucket", cioé un possibile ulteriore innalzamento al 3,5% per scoraggiare un'ulteriore crescita degli istituti".

Come spiegato da Mario Draghi in conferenza stampa a Cannes, l'Fsb non dirà né ora né in futuro quali banche entreranno in quale gruppo e dunque i maggiori o minori requisiti saranno noti solo ai diretti interessati. «La grande lezione della crisi - ha detto Draghi - è che il mondo ha bisogno di un meccanismo di risoluzione delle istituzioni finanziarie, non importa quanto grandi, se queste entrano in crisi. I requisiti presentati oggi dall'Fsb rappresentano un passo avanti cruciale perché permettono di avvicinarci all'obiettivo di fare della Sifi un problema del passato. Una volta tradotte in legge, queste misure forniranno alle autorità nazionali tutti i poteri necessari per agire rapidamente e portare a termine un fallimento pilotato di un banca sistemica».

Le misure devono essere completate entro la fine del 2012 e l'intero pacchetto entro il 2019. Nella lista figurano Bank of America, Bank of China, Bank of New York Mellon, Banque Populaire Cde, Barclays, Bnp Paribas, Citigroup, Commerzbank ,Credit Suisse, Deutsche Bank, Dexia ,Goldman Sachs, Group Crédit Agricole, Hsbc, Ing Bank, Jp Morgan, Lloyds Banking Group, Mitsubishi Ufj Fg, Mizuho Fg, Morgan Stanley, NordeA, Royal Bank of Scotland, Santander, Société Général, State Street, Sumitomo Mitsui Fg, Ubs, Unicredit, Wells Fargo.

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dgambera
00martedì 8 novembre 2011 10:39
Le prime 20 banche europee sono esposte sui Pigs per 341 miliardi, più della metà sono titoli italiani

7 novembre 2011


Le 20 maggiori banche europee sono esposte verso titoli di Stato dei Paesi europei a rischio, Portogallo, Irlanda, Italia, Grecia e Spagna (Pigs) per oltre 340 miliardi di euro e più della metà (186 miliardi) sono bond italiani. L'ammontare, contabilizzato ai valori di bilancio al netto di svalutazioni inclusi gli effetti di operazioni di copertura (come i credit default swap) e, per i titoli nel portafoglio di trading, al netto delle vendite allo scoperto, rappresenta il 32,5% dei mezzi propri complessivi. Lo afferma uno studio di Ricerche & Studi di Mediobanca sui bilanci semestrali delle 'big' del credito. Al 30 giugno scorso la banca che detiene più titoli italiani è Intesa SanPaolo con 64,4 miliardi, seguita da Unicredit con 38,6 miliardi.

In generale sono gli istituti italiani e spagnoli a risultare i più esposti, scontando il cospicuo impegno relativo ai titoli dei propri governi. Gli italiani hanno un'esposizione lorsa di 107,2 miliardi (41 miliardi Unicredit e 66,1 miliardi Intesa San Paolo), ma sono stati molto attenti a non compromettersi con i titoli di altri paesi, tanto che Btp e simili contano per 103,1 miliardi. Unicredit ha inoltre un'esposizione di 56 milioni verso il Portogallo; 50 milioni verso l'Irlanda; 404 milioni verso la Grecia; 1,9 miliardi verso la Spagna. Intesa SanPaolo è esposta per 45 milioni verso il Portogallo; per 186 milioni verso l'Irlansa; per 501 milioni verso la Grecia; 950 milioni verso la Spagna.

Gli spagnoli Bbva e Banco Santander sono esposti per 104 miliardi, di cui 95,2 titoli del proprio paese.

Il disimpegno di Deutsche Bank
Molto esposte anche le banche francesi, 57,1 miliardi di euro, di cui 36,3 miliardi sull'Italia, ben 7,1 sulla Grecia, 4,6 sul Portogallo e 2,6 sull'Irlanda. I singoli istituti esteri più esposti verso l'Italia sono Bnp Paribas (attraverso la controllata Bnl) con 22,8 miliardi, Dexia (13,4), Commerzbank (8,7),
Crèdit Agricole (8,5 miliardi) e Barclays (6,1 miliardi). I numeri confermano il disimpegno di Deutsche Bank: l'esposizione verso il nostro paese scende dagli 8 miliardi di fine 2010 ai 996 milioni di giugno 2011.

Utili in calo del 25,5%
I bilanci dei primi 6 mesi dell'anno evidenziano per i 20 principali gruppi bancari europei un calo dell'utile aggregato di 10,6mld di euro (-25,5%) sul I semestre 2010, mentre i crediti dubbi lordi sono cresciuti dello 0,4% a 476,3 miliardi di euro. La prima posizione di questa poco ambita classifica è occupata da Lloyds (72,5 miliardi), seguita da Unicredit (65,7 miliardi, +3,4% rispetto a fine 2010). Intesa SanPaolo segnala crediti dubbi lordi per 37,1 miliardi, posizionandosi circa a metà della graduatoria che comprende anche Credit Suisse, Ubs, Barclays, Hsbc, Royal Bank of Scotland, Bnp Paribas, Credit Agricole, Societe Generale, Dexia, Ing, Rabobank, Danske Bank, Nordea, Commerzbank, Deutsche Bank, Banco Santander, Bbva.

©RIPRODUZIONE RISERVATA

laplace77
00martedì 8 novembre 2011 13:34
Re:
dgambera, 08/11/2011 10.39:

Le prime 20 banche europee sono esposte sui Pigs per 341 miliardi, più della metà sono titoli italiani

7 novembre 2011


Le 20 maggiori banche europee sono esposte verso titoli di Stato dei Paesi europei a rischio, Portogallo, Irlanda, Italia, Grecia e Spagna (Pigs) per oltre 340 miliardi di euro e più della metà (186 miliardi) sono bond italiani. L'ammontare, contabilizzato ai valori di bilancio al netto di svalutazioni inclusi gli effetti di operazioni di copertura (come i credit default swap) e, per i titoli nel portafoglio di trading, al netto delle vendite allo scoperto, rappresenta il 32,5% dei mezzi propri complessivi. Lo afferma uno studio di Ricerche & Studi di Mediobanca sui bilanci semestrali delle 'big' del credito. Al 30 giugno scorso la banca che detiene più titoli italiani è Intesa SanPaolo con 64,4 miliardi, seguita da Unicredit con 38,6 miliardi.

In generale sono gli istituti italiani e spagnoli a risultare i più esposti, scontando il cospicuo impegno relativo ai titoli dei propri governi. Gli italiani hanno un'esposizione lorsa di 107,2 miliardi (41 miliardi Unicredit e 66,1 miliardi Intesa San Paolo), ma sono stati molto attenti a non compromettersi con i titoli di altri paesi, tanto che Btp e simili contano per 103,1 miliardi. Unicredit ha inoltre un'esposizione di 56 milioni verso il Portogallo; 50 milioni verso l'Irlanda; 404 milioni verso la Grecia; 1,9 miliardi verso la Spagna. Intesa SanPaolo è esposta per 45 milioni verso il Portogallo; per 186 milioni verso l'Irlansa; per 501 milioni verso la Grecia; 950 milioni verso la Spagna.

...





secondo me c'e' dell'altro, altrimenti unicredit e intesa non sarebbero scese cosi' tanto, rispetto alle altre...

fonte: repubblica

IL RAPPORTO MEDIOBANCA

Intesa e Unicredit, perdite sui crediti
e redditività inferiore ai big europei


Nei primi sei mesi dell'anno le 20 maggiori banche del Vecchio continente hanno accumulato 341 miliardi di esposizione nei confronti dei Piigs e hanno registrato una contrazione dell'utile del 25%, bruciando 10,6 miliardi. La colpa è soprattutto della svalutazione degli asset in portafoglio
di SARA BENNEWITZ


MILANO - Le banche italiane hanno perso di più in Borsa, anche se hanno registrato meno svalutazioni sui crediti in portafoglio, resta però che le due big tricolori hanno una redditività bassa. Questa in sintesi, la morale che emerge dalla ricerca dell’ufficio studi R&S di Mediobanca, che fa i conti in tasca alle maggiori 20 banche europee (comprese Intesa Sanpaolo e Unicredit).

Al primo semestre 2011 il dato aggregato mostrava un crollo degli utili del 25,5% (vale a dire 10,6 miliardi di profitti sfumati) rispetto allo stesso periodo 2010, un rosso legato soprattutto alle perdite sui crediti più che a un calo dei ricavi (-0,5%) o del margine d’interesse (-0,3%). A questo proposito, le italiane se la cavano meglio delle rivali europee (le peggiori sono le banche inglesi e spagnole), ma sono deboli quanto a redditività (il return on equity medio delle concorrenti è il 6,5%).

Nel dettaglio il 20% dei ricavi di Unicredit e il 15% di quelli di Intesa Sanpaolo sono stati bruciati dalle svalutazioni dei crediti, l’istituto di Piazza Cordusio ha poi chiuso il primo semestre 2011 con un roe doppio ma fermo al 4,2% e quello di Intesa è pari al 4,9%. Secondo i calcoli di R&S, che tengono conto persino degli investimenti in portafoglio alle rispettive divisioni assicurative, a fine giugno le maggiori 20 banche del Vecchio continente erano esposte per 341 miliardi ai cosiddetti Piigs (Portogallo, Irlanda, Italia, Grecia e Spagna).
Questa somma, rappresenta un terzo dei mezzi propri dei venti big del credito (per la precisione il 32,5%) e addirittura il 42% del valore tangibile dei loro asset. Infine lo scorso ottobre, le 20 maggiori banche del Vecchio continente valevano il 31% in meno rispetto a fine 2010, mentre Intesa e Unicredit sono crollate rispettivamente del 46,9% e del 58,3%, molto di più rispetto alla media delle performance degli istituti rivali.

(07 novembre 2011)


notare come nella home della sezione economia il titolo era un tantino diverso:

Intesa e Unicredit, crediti dubbi
e redditività inferiore ai big


Nei primi sei mesi dell'anno le 20 maggiori banche del Vecchio continente hanno accumulato 341 miliardi di esposizione nei confronti dei Piigs e hanno registrato una contrazione dell'utile del 25%, bruciando 10,6 miliardi. La colpa è soprattutto della svalutazione degli asset in portafoglio



insomma:
- le big italiane hanno ridotto i profitti a causa delle perdite su alcuni attivi che sono stati svalutati;
- non viene detto esplicitamente, ma il riferimento e' sempre quello ai TdS dei PIIGS;
- cmq alle big italiane e' andata meno peggio, contabilmente, rispetto alla media delle big europee;
- l'opposto e' avvenuto per quanto riguarda l'andamento in borsa;
- non si dice nulla degli attivi nell'immobiliare italiano, delle moratorie e dei mutui da svalutare;

quindi la domanda e': perche' le big italiane a fronte di minori svalutazione sui TdS dei PIIGS sono andate peggio in borsa rispetto alla media europea?

e' solo colpa di berlusca o c'e' dell'altro?

...e non e' che le banche uk ed es stiano tanto meglio in quanto ad attivi immobiliari da svalutare, o quelle de in quanto a titoli tossici mattonari (esteri) ancora in bilancio...

[SM=g2594223]
dgambera
00giovedì 10 novembre 2011 10:49
Credit Agricole riduce di 2 miliardi la sua esposizione in titoli italiani

10 novembre 2011


Il gruppo Credit Agricole ha ridotto di 2 miliardi di euro l'esposizione netta consolidata sull'Italia nel corso dell'estate, portandola a 6,74 miliardi di euro al 30 settembre da 8,72 miliardi al 30 giugno. Come emerge dalla documentazione sui conti del terzo trimestre, l'esposizione è suddivisa tra 6,5 miliardi di portafoglio bancario e 208 milioni di portafoglio di trading contro 7,8 miliardi e 885 milioni rispettivamente a fine giugno.

La Banque Verte ha ridotto complessivamente del 21% l'esposizione ai cinque Paesi periferici della zona euro al 30 settembre, procedendo a un'ulteriore riduzione nel mese successivo. Al 31 ottobre scorso l'esposizione rispetto al 30 giugno era infatti ridotto del 27%. Verso la Spagna a fine settembre l'esposizione era stata ridimensionata a 1,5 miliardi da 1,79 miliardi tre mesi prima, verso il Portogallo a 676 milioni da 827 milioni, verso l'Irlanda a 177 milioni da 144 e verso la Grecia a 177 milioni da 329.

©RIPRODUZIONE RISERVATA

dgambera
00venerdì 11 novembre 2011 15:20
Mutui bloccati, conti di deposito alle stelle. Ecco perché le banche sono a corto di liquidi

di Vito Lops 10 novembre 2011


Ci si chiede se a questi prezzi (e rendimenti) non sia straordinariamente conveniente acquistare BoT e BTp. Ci si chiede se a questi prezzi di Borsa non convenga investire sulle azioni delle banche italiane che da inizio anno hanno perso circa il 40% della capitalizzazione. Sono le domande che il risparmiatore qualunque si pone oggi. Le risposte (dei gestori) alla prima domanda (quelli sui titoli di Stato italiani) non mancano, pur non essendo nette: sulle brevi scadenze i BoT hanno raggiunto dei livelli interessanti per chi non è fatalista (e fortunatamente la maggioranza non lo è) ma sul lungo è meglio aspettare un po', e vedere più chiaro, prima di fare un passo. Non mancano, però, anche gli scettici sul breve così come gli ottimisti, già da adesso, sul lungo.

Insomma, non c'è una tendenza forte: comprare o vendere? Anche se pare che la prospettiva di un governo tecnico Monti piaccia ai mercati e possa dare un po' di respiro alle quotazioni stressate.

Quanto alla seconda domanda (sui titoli delle banche italiane) ovviamente l'analisi andrebbe fatta anche caso per caso, Tier per Tier, multiplo per multiplo. Ma resta il fatto che, al netto di quelle che possano essere le valutazioni dell'ultimora, gli istituti di credito italiani prima di conquistare una fiducia lungimirante degli investitori debbano dare l'idea ai mercati di risolvere il problema della liquidità, o meglio di quella sorta di trappola dell'illiquidità in cui sono piombate.

Secondo quanto confida al Sole 24 Ore un esperto del settore, i principali istituti di credito del Paese stanno facendo davvero fatica a raccogliere soldi sul mercato interbancario a tassi ragionevoli. Nella migliore delle ipotesi si parte da 250 punti base ma la realtà è che i tassi medi si aggirano intorno ai 600-700 base. Su questi livelli è tecnicamente fantasioso immaginare un modello di business efficiente, considerato che il tasso della Banca centrale europea è lontano anni luce (1,25%) così come gli indici Euribor (l'indice a 3 mesi all'1,4% e il mensile all'1,2%).

Le banche nostrane stanno pagando il rischio Paese elevato (con spread BTp-Bund intorno a quota 500) che rimbalza sia sui titoli che posseggono direttamente in portafoglio che sulla credibilità stessa degli istituti che in questo Paese operano. A queste paradossali condizioni è difficile svolgere l'attività core che è, e resta, quella di prendere soldi al mercato all'ingrosso (interbancario) e prestarlo al dettaglio a famiglie e imprese. Perché, se il denaro sull'interbancario costa così caro, come si può pretendere poi di prestarlo alle imprese a tassi addirittura più elevati ( in funzione di un fisiologico margine da applicare)? E, soprattutto, come si può pretendere che le imprese paghino costi così ampi per finanziare la loro routinaria attivita?

L'Euribor sarebbe alle stelle....
È evidente, quindi, che a questi tassi è difficile prestare soldi e oliare l'economia. Se fosse rappresentato solo da banche italiane l'indice Euribor (che esprime il tasso medio a cui un panel di 44 banche europee si presta denaro) sarebbe pertanto molto più elevato dei valori attuali. Ciò vuol dire che le altre 41 banche (escluse appunto le italiane che fanno parte del panel, ovvero UniCredit, Intesa Sanpaolo e Banca Mps) si prestano soldi a condizioni più ragionevoli beneficiando di un rischio-Paese più ridotto rispetto a quello che attualmente incombe sull'Italia.

Tre indizi sulla difficoltà nella raccolta delle banche
Del resto, che le banche italiane abbiano sete di liquidità lo dimostrano anche altri tre fattori che emergono inequivocabilmente osservando i riflessi sul mercato retail, dai mutui ai conti correnti/deposito:

1) le ultime elaborazioni di Assofin, l'Associazione che esprime l'80% del mercato immobiliare e del credito al consumo, indicano che a settembre le erogazioni di mutui sono crollate del 25% rispetto a settembre 2010. Dato che fa il paio con quello sulla domanda (barometro Crif) che indica che a ottobre la domanda di mutui è calata, anno su anno, del 33%, dopo il -23% di settembre;

2) restando sul tema mutui, ci sono giunte in redazione segnalazioni di banche che stanno contattando alcuni mutuatari ricordando loro che per chi ha stipulato un mutuo dopo il 2007 non vi sono penali per effettuare rimborsi parziali per alleggerire la quota capitale residua del mutuo o addirittura per estinguere il mutuo in anticipo. Allo stessto tempo si ricorda che per i mutui sottoscritti precedentemente, le penali - sempre per effetto della "lenzuolata-Bersani" del 2007 - sono state fortemente ridotte. Come a dire: se avete liquidità potete anche utilizzarla per ridurre il mutuo. Una sorta di paradosso per le banche che piuttosto che concedere mutui (-25% a settembre) chiedono indietro capitali alle stesse famiglie/imprese a cui li hanno prestati;

3) last but not least, i conti di deposito. È davvero raro vedere istituti di credito offrire così massivamente come sta accadendo in questo momento tassi sui conti correnti/deposito nettamente più alti rispetto al costo del denaro presso la Bce (1,25%). Al di là delle promozioni, molte offerte oggi si spingono oltre il 4%, con o senza vincoli temporali. Come si può leggere questo altro dato, se non come un ulteriore segnale che gli istituti di credito abbiano bisogno di liquidità, a tal punto che preferiscono ottenerla dalle famiglie, a cui ora in cambio pagano tassi più bassi rispetto a quelli che pagano/pagherebbero sull'interbancario?

©RIPRODUZIONE RISERVATA



E ci credo che preferiscono farsi restituire i soldi dalle famiglie: in quel caso gli costa un mancato introito del 5% (o giù di lì), dall'altro lato gli costerebbe anche il 6%.
labottegadelfuturo
00venerdì 11 novembre 2011 16:02
Re:
dgambera, 11/11/2011 3:20 PM:

Mutui bloccati, conti di deposito alle stelle. Ecco perché le banche sono a corto di liquidi

di Vito Lops 10 novembre 2011


Ci si chiede se a questi prezzi (e rendimenti) non sia straordinariamente conveniente acquistare BoT e BTp. Ci si chiede se a questi prezzi di Borsa non convenga investire sulle azioni delle banche italiane che da inizio anno hanno perso circa il 40% della capitalizzazione. Sono le domande che il risparmiatore qualunque si pone oggi. Le risposte (dei gestori) alla prima domanda (quelli sui titoli di Stato italiani) non mancano, pur non essendo nette: sulle brevi scadenze i BoT hanno raggiunto dei livelli interessanti per chi non è fatalista (e fortunatamente la maggioranza non lo è) ma sul lungo è meglio aspettare un po', e vedere più chiaro, prima di fare un passo. Non mancano, però, anche gli scettici sul breve così come gli ottimisti, già da adesso, sul lungo.

Insomma, non c'è una tendenza forte: comprare o vendere? Anche se pare che la prospettiva di un governo tecnico Monti piaccia ai mercati e possa dare un po' di respiro alle quotazioni stressate.

Quanto alla seconda domanda (sui titoli delle banche italiane) ovviamente l'analisi andrebbe fatta anche caso per caso, Tier per Tier, multiplo per multiplo. Ma resta il fatto che, al netto di quelle che possano essere le valutazioni dell'ultimora, gli istituti di credito italiani prima di conquistare una fiducia lungimirante degli investitori debbano dare l'idea ai mercati di risolvere il problema della liquidità, o meglio di quella sorta di trappola dell'illiquidità in cui sono piombate.

Secondo quanto confida al Sole 24 Ore un esperto del settore, i principali istituti di credito del Paese stanno facendo davvero fatica a raccogliere soldi sul mercato interbancario a tassi ragionevoli. Nella migliore delle ipotesi si parte da 250 punti base ma la realtà è che i tassi medi si aggirano intorno ai 600-700 base. Su questi livelli è tecnicamente fantasioso immaginare un modello di business efficiente, considerato che il tasso della Banca centrale europea è lontano anni luce (1,25%) così come gli indici Euribor (l'indice a 3 mesi all'1,4% e il mensile all'1,2%).

Le banche nostrane stanno pagando il rischio Paese elevato (con spread BTp-Bund intorno a quota 500) che rimbalza sia sui titoli che posseggono direttamente in portafoglio che sulla credibilità stessa degli istituti che in questo Paese operano. A queste paradossali condizioni è difficile svolgere l'attività core che è, e resta, quella di prendere soldi al mercato all'ingrosso (interbancario) e prestarlo al dettaglio a famiglie e imprese. Perché, se il denaro sull'interbancario costa così caro, come si può pretendere poi di prestarlo alle imprese a tassi addirittura più elevati ( in funzione di un fisiologico margine da applicare)? E, soprattutto, come si può pretendere che le imprese paghino costi così ampi per finanziare la loro routinaria attivita?

L'Euribor sarebbe alle stelle....
È evidente, quindi, che a questi tassi è difficile prestare soldi e oliare l'economia. Se fosse rappresentato solo da banche italiane l'indice Euribor (che esprime il tasso medio a cui un panel di 44 banche europee si presta denaro) sarebbe pertanto molto più elevato dei valori attuali. Ciò vuol dire che le altre 41 banche (escluse appunto le italiane che fanno parte del panel, ovvero UniCredit, Intesa Sanpaolo e Banca Mps) si prestano soldi a condizioni più ragionevoli beneficiando di un rischio-Paese più ridotto rispetto a quello che attualmente incombe sull'Italia.

Tre indizi sulla difficoltà nella raccolta delle banche
Del resto, che le banche italiane abbiano sete di liquidità lo dimostrano anche altri tre fattori che emergono inequivocabilmente osservando i riflessi sul mercato retail, dai mutui ai conti correnti/deposito:

1) le ultime elaborazioni di Assofin, l'Associazione che esprime l'80% del mercato immobiliare e del credito al consumo, indicano che a settembre le erogazioni di mutui sono crollate del 25% rispetto a settembre 2010. Dato che fa il paio con quello sulla domanda (barometro Crif) che indica che a ottobre la domanda di mutui è calata, anno su anno, del 33%, dopo il -23% di settembre;

2) restando sul tema mutui, ci sono giunte in redazione segnalazioni di banche che stanno contattando alcuni mutuatari ricordando loro che per chi ha stipulato un mutuo dopo il 2007 non vi sono penali per effettuare rimborsi parziali per alleggerire la quota capitale residua del mutuo o addirittura per estinguere il mutuo in anticipo. Allo stessto tempo si ricorda che per i mutui sottoscritti precedentemente, le penali - sempre per effetto della "lenzuolata-Bersani" del 2007 - sono state fortemente ridotte. Come a dire: se avete liquidità potete anche utilizzarla per ridurre il mutuo. Una sorta di paradosso per le banche che piuttosto che concedere mutui (-25% a settembre) chiedono indietro capitali alle stesse famiglie/imprese a cui li hanno prestati;

3) last but not least, i conti di deposito. È davvero raro vedere istituti di credito offrire così massivamente come sta accadendo in questo momento tassi sui conti correnti/deposito nettamente più alti rispetto al costo del denaro presso la Bce (1,25%). Al di là delle promozioni, molte offerte oggi si spingono oltre il 4%, con o senza vincoli temporali. Come si può leggere questo altro dato, se non come un ulteriore segnale che gli istituti di credito abbiano bisogno di liquidità, a tal punto che preferiscono ottenerla dalle famiglie, a cui ora in cambio pagano tassi più bassi rispetto a quelli che pagano/pagherebbero sull'interbancario?

©RIPRODUZIONE RISERVATA



E ci credo che preferiscono farsi restituire i soldi dalle famiglie: in quel caso gli costa un mancato introito del 5% (o giù di lì), dall'altro lato gli costerebbe anche il 6%.



Mi sono fatto un giretto su alcune banche online (tipo chebanca).Alla fine i conti deposito rendono di più dei Pct.
Non dovrebbe essere il contrario?

dgambera
00venerdì 11 novembre 2011 16:11
Re: Re:
labottegadelfuturo, 11/11/2011 4:02 PM:



Mi sono fatto un giretto su alcune banche online (tipo chebanca).Alla fine i conti deposito rendono di più dei Pct.
Non dovrebbe essere il contrario?





Mi aspetterei lo stesso anche io. Potresti postare qualche esempio?
labottegadelfuturo
00venerdì 11 novembre 2011 16:17
Re: Re: Re:
dgambera, 11/11/2011 4:11 PM:




Mi aspetterei lo stesso anche io. Potresti postare qualche esempio?



Rimanendo "in casa Che Banca"

Pronti contro termine a 3.90% a 10 mesi

Conto deposito a 12 mesi rendimento 4%

Ok, il conto deposito è a 12 mesi ed il pct a 10 mesi, ma mi pare che il pct come investimenti sia A)più vincolante B)più "rischioso" C)richiede più risorse (taglio minimo del pct di 5000 euro)


Conto deposito Mediolanum al 4.25%

PCT Mediolanum 3.44% netto, taglio minimo dell'investimento 15.000 euro

Volevo mettere un pò di soldi in pct (perchè sono masochista e le banche ne hanno bisogno) ma quasi quasi li parcheggio in un conto deposito (che una volta faceva molto vecchietto ma rende decentemente...credo)
dgambera
00venerdì 11 novembre 2011 16:30
Re: Re: Re: Re:
labottegadelfuturo, 11/11/2011 4:17 PM:



Rimanendo "in casa Che Banca"

Pronti contro termine a 3.90% a 10 mesi

Conto deposito a 12 mesi rendimento 4%

Ok, il conto deposito è a 12 mesi ed il pct a 10 mesi, ma mi pare che il pct come investimenti sia A)più vincolante B)più "rischioso" C)richiede più risorse (taglio minimo del pct di 5000 euro)


Conto deposito Mediolanum al 4.25%

PCT Mediolanum 3.44% netto, taglio minimo dell'investimento 15.000 euro

Volevo mettere un pò di soldi in pct (perchè sono masochista e le banche ne hanno bisogno) ma quasi quasi li parcheggio in un conto deposito (che una volta faceva molto vecchietto ma rende decentemente...credo)




Decisamente meglio il C/D anche quando la differenza è di pochi punti a svantaggio, secondo me. Non hai rischi aggiuntivi derivanti dai sottostanti.

Comunque, devi caolcolare i rendimenti netti delle 2 tipologie di investimento.

Inoltre... in questo momento credo che IWBank abbia l'offerta migliore sui vincoli: 4,3%.

Ma mi sembra di aver visto anche IBL con il 4,5%.

Fatti un giretto sulla sezione banking di FOL.
dgambera
00lunedì 14 novembre 2011 19:22
Il cda di UniCredit dà l'ok all'aumento di capitale da 7,5 miliardi. No al dividendo 2011

14 novembre 2011


Sì all'aumento di capitale da 7,5 miliardi. No alla ditribuzione del dividendo relativo all'esercizio 2011. Queste le indicazioni fondamentali del cda di oggi di Unicredit, riunitosi per l'approvazione del nuovo piano industriale. Da cui si apprende inoltre che la banca prevede di raggiungere un utile netto di 6,5 miliardi nel 2015. Quanto alle azioni quotata, proposto il raggruppamento tra azioni ordinarie e di risparmio nel rapporto di una ogni 10.

In Italia 5.200 esuberi entro il 2015
Il piano strategico di Unicredit prevede una riduzione del personale in Italia di 5.200 unità nel periodo compreso tra settembre 2011 e il 2015
. Lo si legge nella nota sul piano industriale.

I conti
Ma è anche la giornata dei conti. In profondo rosso. A causa di svalutazioni l'istituto di Piazza Cordusio ha annunciato una perdita netta di 9,3 miliardi nei primi 9 mesi dell'anno. Il terzo trimestre del 2011 si è chiuso con un rosso di 10,6 miliardi. La perdita normalizzata, al netto di svalutazioni straordinarie e non ripetibili, è stata di 474 milioni. Il risultato di gestione del trimestre è stato di 1,8 miliardi, con una flessione del 27% sullo stesso trimestre del 2010 anche per perdite nette da negoziazione per 285 milioni per l'allargamento degli spread sui titoli governativi. Il margine di intermediazione é stato di 5,7 miliardi (-11,3%). Gli accantonamenti su crediti nel trimestre sono aumentati a 1,8 miliardi, con un costo del rischio salito a 131 punti base dagli 84 punti del secondo trimestre.

Il commento dell'ad Ghizzoni
I conti del terzo trimestre di Unicredit comprendono svalutazioni degli avviamenti di marchi e partecipazioni per 9,6 miliardi. Lo ha detto l'amministratore delegato, Federico Ghizzoni. «È una cifra importante, che non impatta sul capitale né sulla liquidità ma è una decisione puramente contabile». «Ci fa piacere perchè rafforza la banca sia dal punto di vista patrimoniale che di bilancio», ha spiegato.

Le proiezioni su Core-Tier
Con il rafforzamento patrimoniale il core tier 1 di Unicredit sale al 10,35% con Basilea 2 e al 9% con Basilea 3. È quanto indicato dall'ad, Federico Ghizzoni. Il common equity tier 1 ratio è superiore al 9% già nel 2012 e superiore al 10% nel 2015.

©RIPRODUZIONE RISERVATA

FraMI
00martedì 22 novembre 2011 17:33
Northern Rock and Roll..
al primo gennaio 2012 su centinaia di sportelli bancari Northern Rock in tutto il Regno Unito campeggerà il celebre logo della Virgin. Giovedì 17 novembre, infatti, l'istituto di credito nazionalizzato dallo Stato britannico nel febbraio 2008 e messo in vendita a giugno 2011 ha trovato un compratore: il multimiliardario britannico Richard Branson...

Il Patron di Virgin Group ha ottenuto il via libera all'acquisto della banca passata sotto il controllo indiretto dei contribuenti britannici tre anni e mezzo fa per una cifra pari a 747 milioni di sterline (875 milioni di sterline) più ulteriori ed eventuali bonus da versare allo Stato.
PREZZO STRACCIATO. Un prezzo di vendita contestato dalla stampa britannica che ha ricordato come nel 2008 l'allora premier Gordon Brown varò l'acquisto della banca per 1,4 miliardi di sterline, una mossa ritenuta necessaria per salvare l'istituto di credito da una crisi creditizia che stava sconvolgendo il Regno Unito.

www.lettera43.it/economia/finanza/31754/la-stampa-britannica-sull-acquisto-della-banca-dal-miliardario-richard-branson_b...

[SM=g1746735]

Wow...-50%...Svalutation... [SM=g7628]
pax2you
00mercoledì 23 novembre 2011 08:49
Re: Northern Rock and Roll..
FraMI, 11/22/2011 5:33 PM:

al primo gennaio 2012 su centinaia di sportelli bancari Northern Rock in tutto il Regno Unito campeggerà il celebre logo della Virgin. Giovedì 17 novembre, infatti, l'istituto di credito nazionalizzato dallo Stato britannico nel febbraio 2008 e messo in vendita a giugno 2011 ha trovato un compratore: il multimiliardario britannico Richard Branson...

Il Patron di Virgin Group ha ottenuto il via libera all'acquisto della banca passata sotto il controllo indiretto dei contribuenti britannici tre anni e mezzo fa per una cifra pari a 747 milioni di sterline (875 milioni di sterline) più ulteriori ed eventuali bonus da versare allo Stato.
PREZZO STRACCIATO. Un prezzo di vendita contestato dalla stampa britannica che ha ricordato come nel 2008 l'allora premier Gordon Brown varò l'acquisto della banca per 1,4 miliardi di sterline, una mossa ritenuta necessaria per salvare l'istituto di credito da una crisi creditizia che stava sconvolgendo il Regno Unito.

www.lettera43.it/economia/finanza/31754/la-stampa-britannica-sull-acquisto-della-banca-dal-miliardario-richard-branson_b...

[SM=g1746735]

Wow...-50%...Svalutation... [SM=g7628]



Che schifo ragazzi.
Chissà cosa avrebbe potuto fare lo stato con tutti quei soldi buttati e regalati.

Fanno tanto i rocchettari,il rock l'anima della musica e poi...col cavolo che compro i cd musicali o vado ai concerti della virgin.

www.virginradioitaly.it/home
FraMI
00mercoledì 23 novembre 2011 14:12
Re: Re: Northern Rock and Roll..
pax2you, 23/11/2011 08.49:



Che schifo ragazzi.
Chissà cosa avrebbe potuto fare lo stato con tutti quei soldi buttati e regalati.

Fanno tanto i rocchettari,il rock l'anima della musica e poi...col cavolo che compro i cd musicali o vado ai concerti della virgin.

www.virginradioitaly.it/home



Lascia stare che forse li dovremo ringraziare...stanno costruendo bellissime astronavi commerciali che, opportunamente riempite di teste di c..zzo come lui, ci permetteranno in un prossimo futuro di spedirli sulla luna a costi moderati...

Nel caso costasse cmq troppo faremo un bel mutuo con a garanzia dei bei pianetaterrabond... [SM=g7626]

pax2you
00mercoledì 23 novembre 2011 20:57
Re: Re: Re: Northern Rock and Roll..
FraMI, 11/23/2011 2:12 PM:



Lascia stare che forse li dovremo ringraziare...stanno costruendo bellissime astronavi commerciali che, opportunamente riempite di teste di c..zzo come lui, ci permetteranno in un prossimo futuro di spedirli sulla luna a costi moderati...

Nel caso costasse cmq troppo faremo un bel mutuo con a garanzia dei bei pianetaterrabond... [SM=g7626]




pensa un po' un bel btp "gaia" scadenza 2100 con garanzia le capanne dei masai.se non pagano il mutuo mi danno un paio bracciali loro..hihihi.


dgambera
00giovedì 24 novembre 2011 12:39
Bank of Ireland azzera i bond ai creditori

di Morya Longo 24 novembre 2011


«Avremmo intenzione di azzerare i vostri risparmi in un colpo. Scriveteci se avete commenti o suggerimenti in proposito». Non è esattamente con queste parole, ma il senso del comunicato pubblicato ieri dal ministero delle Finanze irlandese è proprio questo: il Governo intende tagliare fino al 100% il capitale di sei obbligazioni subordinate emesse da Bank of Ireland. Si tratta di titoli che hanno un valore residuo sul mercato di circa 400 milioni di euro e che sono "sopravvissuti" alla mattanza della scorsa estate.

Azzerando tutti questi debiti, il ministro irlandese delle finanze Michael Noonan mira a portare i coefficienti patrimoniali di Bank of Ireland su livelli ottimali. Secondo i suoi calcoli, con questi soldi la banca si rafforzerebbe a sufficienza. Secondo altre stime, però, questi soldi sarebbero addirittura troppi. Sta di fatto che, per mettere a posto i conti della banca, l'Irlanda vuole cancellare i risparmi della gente. Anche degli italiani. Mors tua, vita mea.

Mille euro in un cent
Per capire questa vicenda, su cui Il Sole 24 Ore aveva scritto il 13 ottobre, bisogna fare un passo indietro. Bank of Ireland, in difficoltà per la crisi finanziaria, per tre volte è stata costretta a ristrutturare i suoi 18 prestiti obbligazionari subordinati. L'ultima ristrutturazione è avvenuta la scorsa estate: la banca irlandese ha proposto a chiunque possedesse una delle 18 obbligazioni subordinate di consegnare quei "vecchi" titoli, per ottenere in cambio – con una forte perdita – un mini-rimborso cash oppure azioni. La perdita c'era, ma chi accettava l'offerta recuperava almeno parte dell'investimento.

C'era però una "piccola" clausola: chi accettava l'offerta, dava automaticamente il proprio assenso a rimborsare con un misero centesimo tutti i bond di chi non avesse aderito. Per capirci: chi accettava le condizioni imposte dall'Irlanda recuperava una parte dell'investimento, ma contemporaneamente condannava chi non avesse accettato a perdere praticamente tutto. Ebbene: tanti risparmiatori italiani non hanno aderito. Non per masochismo, ma per un motivo più banale: nessuno – neppure le loro banche – li ha mai avvertiti dell'offerta in corso. Così, al ritorno dalle vacanze estive, tanti risparmiatori si sono trovati sul conto corrente un misero centesimo per ogni mille euro di obbligazioni targate Bank of Ireland.

La nuova offensiva
Ora Bank of Ireland, o meglio il ministro Noonan, torna all'attacco. Il motivo è semplice: siccome per il rimborso dei 18 bond a un centesimo bisognava raggiungere un quorum elevato di adesioni, per sei obbligazioni subordinate questo quorum non è stato raggiunto. Così, per queste sei obbligazioni subordinate, la trasformazione in un centesimo non è avvenuta. È per questo che, proprio ieri, il dipartimento delle finanze irlandese ha annunciato l'intenzione di adottare misure ancora più drastiche: cancellare tutti i 400 milioni ancora sul mercato di questi sei bond. Punto.

C'è però ancora tempo per protestare. Il Governo irlandese non ha ancora preso la decisione finale, ma ha aperto una consultazione per ascoltare il parere delle parti in causa: chiunque avesse qualche obiezione da sollevare, può farlo scrivendo via e-mail o via posta entro «e non oltre» le 17,30 del 30 novembre. Forse il Governo spera che nessuno scriva. Comunque ha già detto che non risponderà, ma che «terrà conto» dei suggerimenti. Ma una micro-porta resta aperta. Per pochi giorni.

m.longo@ilsole24ore.com
LA SITUAZIONE

La nuova offensiva irlandese
Il dipartimento delle finanze irlandese ha comunicato ieri che sta valutando di azzerare il capitale residuo delle sei obbligazioni subordinate di Bank of Ireland. Sopra si trova l'elenco dei sei bond in questione: si tratta delle porzioni che non sono state ristrutturate la scorsa estate.

La consultazione
La decisione non è ancora presa: il ministero ha aperto una consultazione. Chiunque sia coinvolto può scrivere via mail a: SLO-Submissions@finance.gov.ie. L'indirizzo postale è: Bank of Ireland Slo Submissions, Deparment of Finance, Government Buildings, Upper Merrion Street, Dublin 2, Ireland

FraMI
00giovedì 24 novembre 2011 14:32
Re:
dgambera, 24/11/2011 12.39:

Bank of Ireland azzera i bond ai creditori

di Morya Longo 24 novembre 2011


«Avremmo intenzione di azzerare i vostri risparmi in un colpo. Scriveteci se avete commenti o suggerimenti in proposito». Non è esattamente con queste parole, ma il senso del comunicato pubblicato ieri dal ministero delle Finanze irlandese è proprio questo: il Governo intende tagliare fino al 100% il capitale di sei obbligazioni subordinate emesse da Bank of Ireland. Si tratta di titoli che hanno un valore residuo sul mercato di circa 400 milioni di euro e che sono "sopravvissuti" alla mattanza della scorsa estate.

Azzerando tutti questi debiti, il ministro irlandese delle finanze Michael Noonan mira a portare i coefficienti patrimoniali di Bank of Ireland su livelli ottimali. Secondo i suoi calcoli, con questi soldi la banca si rafforzerebbe a sufficienza. Secondo altre stime, però, questi soldi sarebbero addirittura troppi. Sta di fatto che, per mettere a posto i conti della banca, l'Irlanda vuole cancellare i risparmi della gente. Anche degli italiani. Mors tua, vita mea.

Mille euro in un cent
Per capire questa vicenda, su cui Il Sole 24 Ore aveva scritto il 13 ottobre, bisogna fare un passo indietro. Bank of Ireland, in difficoltà per la crisi finanziaria, per tre volte è stata costretta a ristrutturare i suoi 18 prestiti obbligazionari subordinati. L'ultima ristrutturazione è avvenuta la scorsa estate: la banca irlandese ha proposto a chiunque possedesse una delle 18 obbligazioni subordinate di consegnare quei "vecchi" titoli, per ottenere in cambio – con una forte perdita – un mini-rimborso cash oppure azioni. La perdita c'era, ma chi accettava l'offerta recuperava almeno parte dell'investimento.

C'era però una "piccola" clausola: chi accettava l'offerta, dava automaticamente il proprio assenso a rimborsare con un misero centesimo tutti i bond di chi non avesse aderito. Per capirci: chi accettava le condizioni imposte dall'Irlanda recuperava una parte dell'investimento, ma contemporaneamente condannava chi non avesse accettato a perdere praticamente tutto. Ebbene: tanti risparmiatori italiani non hanno aderito. Non per masochismo, ma per un motivo più banale: nessuno – neppure le loro banche – li ha mai avvertiti dell'offerta in corso. Così, al ritorno dalle vacanze estive, tanti risparmiatori si sono trovati sul conto corrente un misero centesimo per ogni mille euro di obbligazioni targate Bank of Ireland.

La nuova offensiva
Ora Bank of Ireland, o meglio il ministro Noonan, torna all'attacco. Il motivo è semplice: siccome per il rimborso dei 18 bond a un centesimo bisognava raggiungere un quorum elevato di adesioni, per sei obbligazioni subordinate questo quorum non è stato raggiunto. Così, per queste sei obbligazioni subordinate, la trasformazione in un centesimo non è avvenuta. È per questo che, proprio ieri, il dipartimento delle finanze irlandese ha annunciato l'intenzione di adottare misure ancora più drastiche: cancellare tutti i 400 milioni ancora sul mercato di questi sei bond. Punto.

C'è però ancora tempo per protestare. Il Governo irlandese non ha ancora preso la decisione finale, ma ha aperto una consultazione per ascoltare il parere delle parti in causa: chiunque avesse qualche obiezione da sollevare, può farlo scrivendo via e-mail o via posta entro «e non oltre» le 17,30 del 30 novembre. Forse il Governo spera che nessuno scriva. Comunque ha già detto che non risponderà, ma che «terrà conto» dei suggerimenti. Ma una micro-porta resta aperta. Per pochi giorni.

m.longo@ilsole24ore.com
LA SITUAZIONE

La nuova offensiva irlandese
Il dipartimento delle finanze irlandese ha comunicato ieri che sta valutando di azzerare il capitale residuo delle sei obbligazioni subordinate di Bank of Ireland. Sopra si trova l'elenco dei sei bond in questione: si tratta delle porzioni che non sono state ristrutturate la scorsa estate.

La consultazione
La decisione non è ancora presa: il ministero ha aperto una consultazione. Chiunque sia coinvolto può scrivere via mail a: SLO-Submissions@finance.gov.ie. L'indirizzo postale è: Bank of Ireland Slo Submissions, Deparment of Finance, Government Buildings, Upper Merrion Street, Dublin 2, Ireland




Quanto è facile... [SM=g7626] [SM=g1748861] [SM=g1748862]

pax2you
00venerdì 25 novembre 2011 09:14
Re: Re:
FraMI, 11/24/2011 2:32 PM:



Quanto è facile... [SM=g7626] [SM=g1748861] [SM=g1748862]




L'incubo di ogni risparmiatore divenuto realtà....Argentina Reloaded.
Vabbe' vediamo come evolve.

FraMI
00venerdì 25 novembre 2011 19:31
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