Il monito di Trichet: evitiamo la «trappola della liquidità»
I rischi d'inflazione nell'Eurozona sono «ampiamente bilanciati» dopo che l'Eurotower ha tagliato il tasso di riferimento di 50 punti base scendendo così al 2 per cento.
«Dopo la decisione di oggi - ha dichiarato il presidente della Bce, Jaen-Claude Trichet durante la tradizionale conferenza stampa a Francoforte - consideriamo i rischi per la stabilità dei prezzi ampiamente bilanciati nel medio termine». Secondo Trichet, l'inflazione dovrebbe proseuire nella discesa durante i prossimi mesi, per poi aumentare da metà 2009. Trichet ha aggiunto che la decisione odierna è stata presa all'«unanimità» e che la Bce continuerà «a monitorare la situazione molto da vicino».
Il numero uno dei banchieri centrali europei ha detto che non ci saranno nuovi ritocchi in febbraio, una scadenza troppo ravvicinata per cambiare ancora le carte della politica monetaria. «L'appuntamento più importante per la politica monetaria» dell'Eurozona, ha chiarito Trichet, sarà la riunione della Bce «in programma a inizio marzo, quando avremo a disposizione nuovi elementi e le nuove proiezioni messe a punto dal nostro staff».
Oltretutto Trichet ha sottolineato i rischi di un taglio eccessivo del coste del denaro. «Non è nostra intenzione ritrovarci in una trappola della liquidità», ha spiegato il presidente dell'Eurotower riferendosi al rischio di tagliare i tassi di interesse eccessivamente creando così le condizioni per una futura fiammata inflazionistica.
Il punto è che Francoforte prevede un peggioramento del quadro economico nell'area euro rispetto alle ultime previsioni. Così «la Bce sta anticipando un ulteriore deterioramento della congiuntura» con il taglio dei tassi di oggi. D'altro canto i banchieri non intendono creare le condizioni per una futura fiammata inflazionistica.
In effetti la Banca centrale europea, ha spiegato Trichet, accoglie con favore i piani di sostegno all'economia varati nell'area euro, ma queste manovre aggiungono «notevoli fardelli alle finanze pubbliche di molti paesi». Quindi, si ripercuoteranno con incrementi dei deficit «da invertire il prima possibile», ha avvertito il presidente della Bce, perché altrimenti «colpiranno le generazioni future».
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Per l'Italia non c'è deflazione. Ma il futuro dipende dall'andamento degli scenari internazionali
Il dato dei prezzi al consumo di Dicembre chiude il dibattito sul presunto rischio deflazione in Italia. Dopo il forte rallentamento dei tendenziali NIC (indice per l'intera collettività) da Agosto a Novembre, la dinamica ribassista si è attenuata, rendendo verosimile per i prossimi mesi tendenziali attorno al 2 per cento. Un'evidenza che emerge anche dai dati congiunturali: la riduzione Dicembre su Novembre (-0,1 per cento) è risultata meno di un terzo di quella Novembre su Ottobre. Con alcuni variazioni di modesta entità, sono queste le indicazioni che si traggono anche dall'indice armonizzato europeo (IPCA).
Se è vero che lo spettro della deflazione rientra per fortuna nei bauli (o dovremmo forse dire sugli scaffali), è anche vero che siamo ben lontani da una situazione di stabilità monetaria. Nessun nuovo esplicito equilibrio è emerso nel coordinamento delle politiche monetarie di FED, BCE e banche centrali dei newcomers con grandi riserve in Dollari e in Euro (Cina in primis, ma anche India, Russia e Paesi del Golfo).
Quel che è certo è che la FED sta sostenendo l'economia americana con una politica monetaria fortemente espansiva. Questa politica, oltre ad avere un effetto diretto di stimolo, nei prossimi mesi manterrà debole il Dollaro sul mercato dei cambi, per rivitalizzare la domanda estera, sostenere l'industria nazionale e tamponare il rosso della bilancia commerciale.
Da questa politica c'è da attendersi una ripresa della dinamica dei prezzi, strumentale al riassorbimento del debito pubblico e di quello di famiglie, imprese e sistema finanziario, oggi in gran parte detenuto all'Estero.
I fondamenti e la traiettoria della strategia USA non sono cambiati dopo la crisi. Al contrario, si percorre di nuovo, e con più convinzione, il sentiero mai abbandonato negli ultimi anni.
Anche in Europa, ed è questo un fatto preoccupante per il nostro Paese, si sta ripresentando la stessa situazione pre crisi: a) La BCE non potrà seguire fino in fondo le scelte espansive della FED, non solo per motivi statutari, ma anche perché non può contare su una reattività allo stimolo monetario anche solo lontanamente comparabile a quella possibile negli Stati Uniti; b) Gli Stati membri non sono pronti a formulare e ad attuare azioni di policy congiunte, imbrigliati come sono dalla compresenza di forti elementi di eterogeneità e di regole fiscali comuni; c) L'Euro riprenderà presto quota sul Dollaro, e sarà nuovamente sull'asse Washington-Pechino che si giocheranno le partite decisive per la politica monetaria, valutaria e commerciale.
Il quadro complessivo dei rapporti sullo scacchiere dell'economia internazionale rimane quello pre crisi. Non sappiamo se gli Stati Uniti ne sapranno estrarne a pieno un beneficio, anche se potranno contare su mercati bancari e finanziari "ripuliti" dai fallimenti degli ultimi due anni.
Quel che è certo, è che le prospettive non paiono confortanti, men che mai per i Partner europei più deboli come l'Italia.