Notizie macro - Inflazione e tassi

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grella
00venerdì 26 dicembre 2008 17:12
Re: forse ot - asta btp deserta
nobear, 26/12/2008 1.33:

scusate non sapevo dove postarlo

www.milanofinanza.it/giornali/preview_giornali.asp?id=1584227&codiciT...

c'è da avere paura... oppure no???



Permettetemi di riproporlo:

La chiave ormai è la "fiducia nel sistema"!
Il sistema di Law, o sistema del Mississippi, è un sistema monetario e finanziario realizzato in Francia durante la Reggenza del duca Filippo II d'Orléans (1674 – 1723) da John Law, economista e finanziere di origini scozzesi stabilitosi in Francia. Il sistema durerà dal 1716 al 1720 terminando con un tracollo.

La sua teoria monetaria, critica verso la moneta metallica e favorevole alla moneta cartacea, è stata a lungo trascurata, a causa del fallimento del sistema.

La rivalutazione interna della lira francese e l’aumento della massa di biglietti monetari sono però in contraddizione. Il sistema di Law entra così in un vicolo cieco essendo l’obiettivo di mantenere un tasso di interesse basso attraverso l'incremento della massa monetaria incompatibile con la necessità di rivalutare i biglietti monetari rispetto alle monete metalliche.
Il 21 maggio 1720 Law cerca di risolvere il dilemma mediante un decreto che impone la riduzione programmata del valore dei biglietti monetari e delle azioni. Il pubblico, che era stato indotto a credere in un continuo aumento del valore dei biglietti e delle azioni, si sente tradito e perde la fiducia nel sistema. Il decreto viene revocato, ma la fiducia non è più recuperata e gli investitori abbandonano il circuito moneta-azioni. Ne segue un tracollo nel valore dei biglietti e delle azioni che determina il fallimento dell'intero sistema.

La principale conseguenza del fallimento del “Sistema di Law” sta nella diffidenza che la Francia manterrà verso la carta-moneta per tutto il XVIII secolo, ritardando così l’innovazione finanziaria necessaria allo sviluppo economico.
it.wikipedia.org

SE LA GENTE PERDERà la FIDUCIA NEL SISTEMA IL FUTURO SARà IMPREVEDIBILE!

freeforumzone.leonardo.it [SM=g1747543]




dgambera
00mercoledì 7 gennaio 2009 18:26
Per capire l'inflazione in Europa bisogna guardare Oltroceano

La crisi finanziaria e il drastico rallentamento dell'economia si traducono in un forte raffreddamento dei prezzi, confermando una tendenza che aveva preso avvio già dallo scorso mese di agosto. Nel mese di dicembre - secondo la stima flash di Eurostat - l'inflazione in Eurolandia è crollata all'1,6% dal 2,1% di novembre. Nei prossimi mesi, il rallentamento dell'inflazione continuerà. Le forti differenze tra i Paesi membri in termini di struttura dell'economia e di rilevanza delle posizioni debitorie del settore pubblico, delle imprese e delle famiglie si tradurranno in una amplificazione delle differenze dei livelli di inflazione e, con ogni probabilità, delle tensioni tra la posizione della Germania e quella di Spagna, Italia, Regno Unito e, in parte, Francia. Rimane da capire quali margini di manovra si prospettano per la Bce, non tanto nell'immediato, quanto di fronte alla fase di svalutazione del dollaro e di forte coordinamento Usa-Cina sui tassi di cambio che prenderà maggiore consistenza entro il mese di giugno, una volta completata la fase di immissione di liquidità e credito a basso costo nell'economia statunitense e in relazione agli esiti delle prossime ingenti emissioni di titoli obbligazionari da parte del Tesoro statunitense. Oggi, agitare lo spettro della disinflazione serve soprattutto a Ben Bernanke, per preparare la fase due del disegno di rilancio dell'economia statunitense. Mai come in questa fase, le chiavi per interpretare gli andamenti dell'economia e dell'inflazione in Eurozona vanno cercate Oltreoceano.
dgambera
00giovedì 8 gennaio 2009 13:35
Anche loro alla frutta
Boe porta i tassi al minimo storico

LONDRA - La Banca d'Inghilterra oggi ha tagliato dei tassi d'interesse di mezzo punto percentuale portandoli al minimo storico a quota 1,5%. Mai nei tre secoli e più di storia della Banca il costo del denaro era stato così basso.
La riduzione è l'ultima in una serie di tagli che hanno portato i tassi inglesi dal 5,75% di metà 2007 fino al 2% fissato nel dicembre scorso. Una caduta libera per rintuzzare il credit crunch e rimettere liquidità su un mercato che resta, nonostante tanti sforzi, ancora insufficiente.
Per questo si moltiplicano le ipotesi di altri interventi incluso il ricorso all'immissione di nuova valuta. La "stampa" di altri pound è operazione controversa che banca Centrale e Tesoro devono adottare insieme. Il Cancelliere dello Scacchiere, Alistair Darling, non esclude comunque un'azione del genere da adottare prossimamente. In realtà il timore è che la Gran Bretagna stia lentamente entrando in una fase di deflazione non troppo dissimile a quella vissuta dal Giappone negli anni Novanta. In quell'occasione, Tokio, adottò il cosiddetto "quantitative easing" ovvero iniezioni di liquidità con nuova cartamoneta per riassestare il quadro economico. Londra si interroga se questa sia davvero la prospettiva necessaria.
dgambera
00mercoledì 14 gennaio 2009 18:51
Bce, in arrivo un nuovo taglio dei tassi per l'Eurozona

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Non riporto l'articolo, tanto domani sapremo.
Secondo me è MINIMO 50pb.

Le altre Banche Centrali sono arrivate ai minimi storici con tagli clamorosi e con 50pb noi lo eguaglieremmo solamente.
Quindi non mi stupirei che seguissimo la scia e si tagliasse di 75pb portando i tassi di riferimento a 1,75%.
grella
00giovedì 15 gennaio 2009 14:07
Bce, taglio senza sorprese: tassi al 2% nell'Eurozona

Come previsto, complice il deterioramento del quadro economico e la discesa dell'inflazione nell'Eurozona ben sotto l'obiettivo fissato del 2%, il Consiglio direttivo della Banca centrale europea, riunito a Francoforte, ha proceduto a un nuovo taglio dei tassi d'interesse nell'area portandoli dal 2,5% al 2 per cento, minimo storico già segnato il 5 giugno del 2003.

Nell'ultima riunione del 2008 l'Eurotower aveva varato la più consistente riduzione dei tassi mai decisa in un colpo solo (0,75 punti in meno) che ha seguito altri due tagli, in entrambi i casi da mezzo punto percentuale. Lo scorso 8 ottobre, in reazione all'aggravarsi della crisi finanziaria - ora chiaramente estesa a tutta l'economia reale - la Fed, la Bce, la Bank of England e altre delle maggiori banche centrali mondiali avevano deciso un taglio simultaneo dei rispettivi tassi di riferimento per mezzo punto percentuale. Da allora hanno proseguito in ordine sparso.

Negli Stati Uniti la Federal Reserve ha proseguito a ridurli aggressivamente, fino ad azzerarli quasi del tutto, da alcune settimane mantiene una forchetta di fluttuazione simbolica tra zero e 0,25 punti. La scorsa settimana si è nuovamente mossa la Banca d'Inghilterra, anch'essa molto decisa in precedenza, con un taglio da mezzo punto che ha portato i tassi per la sterlina all'1,5 per cento, segnando un nuovo minimo sugli oltre tre secoli di storia di questa istituzione. Alla luce della decisione odierna della Bce, il tasso sui depositi scende quindi all'1% e quello marginale al 3 per cento.

Per le comprendere meglio le decisioni di oggi e soprattutto per eventuali indicazioni sui sui orientamenti per l'avvenire, come di consueto analisti e operatori seguiranno con la massima attenzione la conferenza stampa del presidente della Bce Jean-Claude Trichet, alle 14 e 30.

Euro in brusco arretramento dopo l'annuncio del taglio dei tassi della Bce, benchè si sia rilevato in linea con le attese del mercato. La divisa unica è scivolata sotto quota 1,31 dollari (1,3176 prima della riduzione del costo del denaro), a 116,89 yen (117,41), a 0,8987 sterline (0,9014) e a 1,4733 franchi svizzeri (1,4748). La pressione sull'euro è accentuata dalla speculazione che monta tra gli investitori in vista di importanti dati Usa.

www.ilsole24ore.com

dgambera
00giovedì 15 gennaio 2009 16:08
Il monito di Trichet: evitiamo la «trappola della liquidità»

I rischi d'inflazione nell'Eurozona sono «ampiamente bilanciati» dopo che l'Eurotower ha tagliato il tasso di riferimento di 50 punti base scendendo così al 2 per cento.

«Dopo la decisione di oggi - ha dichiarato il presidente della Bce, Jaen-Claude Trichet durante la tradizionale conferenza stampa a Francoforte - consideriamo i rischi per la stabilità dei prezzi ampiamente bilanciati nel medio termine». Secondo Trichet, l'inflazione dovrebbe proseuire nella discesa durante i prossimi mesi, per poi aumentare da metà 2009. Trichet ha aggiunto che la decisione odierna è stata presa all'«unanimità» e che la Bce continuerà «a monitorare la situazione molto da vicino».

Il numero uno dei banchieri centrali europei ha detto che non ci saranno nuovi ritocchi in febbraio, una scadenza troppo ravvicinata per cambiare ancora le carte della politica monetaria. «L'appuntamento più importante per la politica monetaria» dell'Eurozona, ha chiarito Trichet, sarà la riunione della Bce «in programma a inizio marzo, quando avremo a disposizione nuovi elementi e le nuove proiezioni messe a punto dal nostro staff».

Oltretutto Trichet ha sottolineato i rischi di un taglio eccessivo del coste del denaro. «Non è nostra intenzione ritrovarci in una trappola della liquidità», ha spiegato il presidente dell'Eurotower riferendosi al rischio di tagliare i tassi di interesse eccessivamente creando così le condizioni per una futura fiammata inflazionistica.

Il punto è che Francoforte prevede un peggioramento del quadro economico nell'area euro rispetto alle ultime previsioni. Così «la Bce sta anticipando un ulteriore deterioramento della congiuntura» con il taglio dei tassi di oggi. D'altro canto i banchieri non intendono creare le condizioni per una futura fiammata inflazionistica.

In effetti la Banca centrale europea, ha spiegato Trichet, accoglie con favore i piani di sostegno all'economia varati nell'area euro, ma queste manovre aggiungono «notevoli fardelli alle finanze pubbliche di molti paesi». Quindi, si ripercuoteranno con incrementi dei deficit «da invertire il prima possibile», ha avvertito il presidente della Bce, perché altrimenti «colpiranno le generazioni future».

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Per l'Italia non c'è deflazione. Ma il futuro dipende dall'andamento degli scenari internazionali

Il dato dei prezzi al consumo di Dicembre chiude il dibattito sul presunto rischio deflazione in Italia. Dopo il forte rallentamento dei tendenziali NIC (indice per l'intera collettività) da Agosto a Novembre, la dinamica ribassista si è attenuata, rendendo verosimile per i prossimi mesi tendenziali attorno al 2 per cento. Un'evidenza che emerge anche dai dati congiunturali: la riduzione Dicembre su Novembre (-0,1 per cento) è risultata meno di un terzo di quella Novembre su Ottobre. Con alcuni variazioni di modesta entità, sono queste le indicazioni che si traggono anche dall'indice armonizzato europeo (IPCA).
Se è vero che lo spettro della deflazione rientra per fortuna nei bauli (o dovremmo forse dire sugli scaffali), è anche vero che siamo ben lontani da una situazione di stabilità monetaria. Nessun nuovo esplicito equilibrio è emerso nel coordinamento delle politiche monetarie di FED, BCE e banche centrali dei newcomers con grandi riserve in Dollari e in Euro (Cina in primis, ma anche India, Russia e Paesi del Golfo).
Quel che è certo è che la FED sta sostenendo l'economia americana con una politica monetaria fortemente espansiva. Questa politica, oltre ad avere un effetto diretto di stimolo, nei prossimi mesi manterrà debole il Dollaro sul mercato dei cambi, per rivitalizzare la domanda estera, sostenere l'industria nazionale e tamponare il rosso della bilancia commerciale.
Da questa politica c'è da attendersi una ripresa della dinamica dei prezzi, strumentale al riassorbimento del debito pubblico e di quello di famiglie, imprese e sistema finanziario, oggi in gran parte detenuto all'Estero.
I fondamenti e la traiettoria della strategia USA non sono cambiati dopo la crisi. Al contrario, si percorre di nuovo, e con più convinzione, il sentiero mai abbandonato negli ultimi anni.
Anche in Europa, ed è questo un fatto preoccupante per il nostro Paese, si sta ripresentando la stessa situazione pre crisi: a) La BCE non potrà seguire fino in fondo le scelte espansive della FED, non solo per motivi statutari, ma anche perché non può contare su una reattività allo stimolo monetario anche solo lontanamente comparabile a quella possibile negli Stati Uniti; b) Gli Stati membri non sono pronti a formulare e ad attuare azioni di policy congiunte, imbrigliati come sono dalla compresenza di forti elementi di eterogeneità e di regole fiscali comuni; c) L'Euro riprenderà presto quota sul Dollaro, e sarà nuovamente sull'asse Washington-Pechino che si giocheranno le partite decisive per la politica monetaria, valutaria e commerciale.
Il quadro complessivo dei rapporti sullo scacchiere dell'economia internazionale rimane quello pre crisi. Non sappiamo se gli Stati Uniti ne sapranno estrarne a pieno un beneficio, anche se potranno contare su mercati bancari e finanziari "ripuliti" dai fallimenti degli ultimi due anni. Quel che è certo, è che le prospettive non paiono confortanti, men che mai per i Partner europei più deboli come l'Italia.
dgambera
00venerdì 16 gennaio 2009 15:31
Usa, produzione industriale -2%. Inflazione torna ai livelli del 1954

Pesante flessione per la produzione industriale in dicembre. L'indice calcolato dalla Federal Reserve è infatti sceso in dicembre del 2% rispetto al mese precedente contro attese per una flessione più contenuta, pari allo 0,8 per cento. Il tasso di utilizzo degli impianti nel mese è sceso al 73,7% dal 75,2% di novembre e contro attese per una calo al 74,5%. La Federal Reserve ha rivisto al ribasso anche il dato di novembre che ora riflette un calo dell'1,3% anzichè dello 0,6 per cento.

Secondo i dati della Fed, la produzione del solo comparto manifatturiero è scesa in dicembre del 2,3% (dopo il -2,2% di novembre) mentre il tasso di utilizzo degli impianti è calato al 70,2% dal 71,9% del mese precedente. La produzione del comparto auto è scesa nel mese del 7,2% mentre per l'intero 2008 la flessione accusata dal comparto è stata del 26,7 per cento.

In flessione nel mese anche gli altri due comparti che compongono la produzione industriale: la produzione delle utilities è scesa dello 0,1% (con tasso sceso all'84% dall'84,3% di novembre) mentre il settore minerario ha visto l'output calare dell'1,6% con un tasso sceso dal 90,8% all'89,3%.

Inflazione, crescita frenata ai livelli del 1954. I prezzi al consumo negli Stati Uniti sono calati in dicembre dello 0,7% mentre la componente core è rimasta invariata. Alla vigilia, gli analisti avevano previsto un calo dello 0,8% per l'indice headline a fronte di un aumento dello 0,1% per la componente core. Per tutto il 2008, l'indice dei prezzi al consumo è cresciuto dello 0,1%, il guadagno più modesto dal 1954.

Crollo dei flussi di capitali all'estero. I flussi netti di capitali dall'estero negli Usa sono calati a 56,8 miliardi di dollari a novembre dai 260,6 miliardi di dollari di ottobre. L'afflusso è sufficiente a coprire il deficit commerciale che a novembre è stato di 40,4 miliardi di dollari.

Sale la fiducia dei consumatori. La fiducia dei consumatori misurata dall'università del Michigan è salita lievemente a 61,9 punti in gennaio da 60,1 a fine dicembre. Il dato è lievemente migliore delle attese degli analisti che alla vigilia avevano previsto un calo a 59 punti. Il dato di gennaio è il migliore da settembre quando l'indice era a quota 70,3 punti. L'indice rimane tuttavia su valori che sono vicini ai minimi degli ultimi cinquant'anni, segno che gli americani non si attendono un significativo miglioramento dell'economia nell'arco dei prossimi sei mesi.
dgambera
00mercoledì 28 gennaio 2009 21:48
Fed, «tassi vicino a zero per un certo periodo di tempo»

Invariati i tassi di interesse sui Fed Funds che restano in un range compreso tra 0 e 0,25 per cento: lo ha deciso il Fomc, braccio operativo della Riserva Federale. Il tasso di sconto rimane i tassi di interesse rimangano a livelli bassi «per un certo periodo di tempo» e si dice pronta ad acquisire titoli del Tesoro se questo fosse necessario per stimolare l'economia.

«La Fed - si legge nella nota Fomc - è pronta ad acquisire titoli del Tesoro alungo termine se la situazione indica che tali operazioni potrebbero essere particolarmente efficaci nel migliorare le condizioni dei mercati». L'ipotesi era stata avanzata per la prima volta due mesi fa da parte del presidente Ben Bernanke ed è ritornata come intervento allo studio negli ultimi recenti documenti dell'istituto. La politica dei tassi «zero» non desta per il momento timori per la Federal Reserve in merito a un recupero dell'inflazione: i rischi inflattivi - è la valutazione fatta oggi dal comitato della Fed - rimangono a livelli bassi per la crescita economica. Per quanto riguarda la ripresa, il Fomc si attende un graduale recupero dell'attività economica nell'ultima parte di quest'anno.
dgambera
00mercoledì 4 febbraio 2009 15:38
Crisi: Euribor al 2, 05%

Ai minimi da aprile 2004

(ANSA) - ROMA, 4 FEB - Continuano a scendere i tassi sul mercato interbancario europeo: l'Euribor a tre mesi, e' calato oggi dal 2,06% al 2,05%.Si tratta del livello piu' basso dal 20 aprile 2004, secondo quanto rilevato dalla European Banking Federation. L'Euribor e' il tasso che le banche applicano fra loro per i prestiti trimestrali di depositi.

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Mi sto chiedendo però quali fossero gli spread per i mutui a TV nel 2004 [SM=g1750147]
dgambera
00giovedì 5 febbraio 2009 15:53
Tassi, Londra al minimo storico. Bce ferma al 2%, ma Trichet «anticipa» il taglio di marzo

Londra ha tagliato i tassi di interesse di 50 punti base all'1 per cento, il minimo assoluto dalla nascita della Banca d'Inghilterra (BoE) nel 1694, dopo essere scesi per la prima volta sotto la soglia del 2% in gennaio. Da ottobre la BoE ha ridotto complessivamente i tassi di 400 punti base.


A Francoforte la Bce ha invece lasciato invariato il tasso principale di rifinanziamento al 2 per cento, dopo avere tagliato in gennaio 50 punti base (dal 2,5% al 2%) e in precedenza a dicembre di 75 p.b. Invariati anche il tasso marginale sui rifinanziamenti e quello sui depositi, rispettivamente al 3 e all'1 per cento.

Come di consueto la decisione sarà illustrata dal presidente Jean-Claude Trichet in una conferenza stampa nel primo pomeriggio. Dopo la conferma del tasso al 2%, il livello minimo da quanto è stato varato l'euro, un ulteriore taglio è previsto a marzo secondo quanto lasciato intendere dallo stesso Trichet a metà gennaio.

Sempre oggi la Banca centrale della Repubblica ceca ha tagliato di mezzo punto i tassi di interesse all'1,75 per cento. Lo ha annunciato lo stesso istituto oggi. Si tratta del tasso più basso da ottobre 2005. L'obiettivo è stimolare i consumi nel momento di difficoltà che sta attraversando il Paese investito dall'ondata della crisi globale e dai numerosi licenziamenti previsti nel manifatturiero. L'Istituto ha spiegato che la decisione è stata presa nonostante la svalutazione della corona, in presenza di un'inflazione in calo.
laplace77
00giovedì 12 febbraio 2009 20:45
it's easy to be big in Japan

20:11 - Bce: Gonzalez-Paramo, tassi troppo bassi potrebbero creare problemi

(Il Sole 24 Ore Radiocor) - Milano, 12 feb - "Ci sono
livelli di tassi di interesse che provocano piu' problemi di
quelli che risolvono". Lo ha sottolineato Jose Manuel
Gonzalez-Paramo, membro del board della Bce, parlando a
Barcellona. Il banchiere ha tuttavia aggiunto che l'attuale
2% "non rappresenta il livello piu' basso a cui i tassi
possono arrivare".



fate, fate...

dgambera
00mercoledì 18 febbraio 2009 13:18
Che espressioni
Taiwan: Banca centrale taglia i tassi e li porta al minimo storico

Finanzaonline.com - 18.2.09/12:17

La Banca centrale di Taiwan ha preso l'accetta e ha tagliato i tassi di interesse portandoli dall'1,50% all'1,25%. Si tratta del minimo storico. Questa "misura" in realtà non è una novità: è ben la settima riduzione consecutiva del costo del denaro dallo scorso settembre.
dgambera
00mercoledì 18 febbraio 2009 14:28
Bank of England pronta ad aumentare la massa monetaria

Il Governatore della Banca d'Inghilterra (BoE), Mervyn King, ha scritto al Cancelliere dello Scacchiere, Alistair Darling, per informarlo della decisione del Comitato di politica monetaria di dare il via all'acquisto di titoli di Stato e altri tipi di titoli al fine di aumentare la massa monetaria che deve essere approvato da Darling. La procedura, che fa parte delle misure di allentamento quantitativo a disposizione delle Banche centrali quando i tassi di interesse sono a zero, era stata avallata in via di principio dal Comitato di inizio febbraio. La risposta di Darling è prevista entro il 4-5 marzo quando è in programma la prossima riunione del Comitato della BoE.
(sylvestro)
00sabato 31 luglio 2010 10:05
La trappola dei tassi bassi

clicca per ingrandire


(sylvestro)
00domenica 10 ottobre 2010 14:56
dgambera
00lunedì 11 ottobre 2010 12:44
grella
00martedì 1 marzo 2011 15:15
Inflazione: Confesercenti, dato da non sottovalutare

Finanzaonline.com - 1.3.11/14:44

"Il rialzo dell´inflazione a febbraio al 2,4% è un dato preoccupante, da non prendere sottogamba, anche se è quasi completamente spiegato dalla forte dinamica dei beni energetici, dunque del petrolio". Lo ha comunicato Confesercenti in una nota sottolineando che "sono state le esplosive tensioni nel Nord Africa a dare la carica ad un´inflazione che, in un momento ancora difficile per l´economia italiana, non avrebbe avuto motivo per rialzare la testa". Per Confesercenti la situazione va monitorata, anche se appare chiaro che "essa dipende quasi completamente da variabili esogene come il petrolio e altre materie prime che scaricano i loro effetti anche sui beni alimentari". Per questa ragione l'associazione auspica "che la Bce reagisca con elasticità e pragmatismo e, tenendo conto che l´inflazione italiana è allineata a quella Ue, non metta in atto provvedimenti eccessivi.
www.finanzaonline.com


......................Capire tu non puoi tu chiamala se vuoi inflaziooooneee.............( o Genoveffa......)!!




dgambera
00martedì 1 marzo 2011 18:28
Bernanke: crescita a rischio per i rincari del greggio, pronti a contrastare l'inflazione con ogni mezzo

di Andrea Franceschi 1 marzo 2011


L'inflazione potrebbe segnare un rialzo temporaneo a causa dell'aumento dei prezzi del petrolio. Lo ha detto il presidente della Federal Reserve, Ben Bernanke, nel corso dell'audizione semestrale alla Commissione Bancaria del Senato. Bernanke ha aggiunto che un aumento «sostenuto» del greggio e delle altre materie prime potrebbe compromettere la crescita e la stabilità dei prezzi. Per questo la Fed - ha assicurato Bernanke - «continuerà a monitorare con attenzione questi sviluppi e sarà pronta a rispondere con tutti i mezzi necessari per sostenere la ripresa in un contesto di stabilità dei prezzi».

Così la rivolta del Maghreb può influenzare le scelte della Bce al bivio tra inflazione e rischi sovrani

Inflazioneminaccia per la ripresa
La notizia è stata accolta negativamente dalla Borsa americana che, dopo un avvio in positivo ha invertito la rotta. I principali indici viaggiano in territorio negativo. Il timore degli investitori è che un eventuale aggravarsi della situazione sul fronte dei prezzi possa compromettere la ripresa.

I timori di una stretta monetaria
L'incertezza di molti è poi quella di una stretta monetaria o, quantomeno a un'interruzione alla politica di quantitative easing (acquisto di titoli di stato). Nel suo discorso Bernanke non ha fatto capire quale sarà il prossimo passo della Fed dopo la conclusione del piano di acquisto di titoli di stato messo in atto per sostenere occupazione e crescita. Per quanto riguarda l'eventuale rialzo dei tassi occorre ricordare che la Fed, nel prendere le sue decisioni, si riferisce normalmente all'inflazione "core", cioè depurata dai rincari di alimentari e carburanti. Il dato per ora resta sotto controllo: a gennaio è salita dello 0,8 per cento. Anche alla luce di questi dati il numero uno della banca centrale ha ribadito che il costo del denaro rimarrà basso.

Bernanke difende le sue scelte
Ma quale ruolo ha avuto la banca centrale americana in questo ritorno dell'inflazione? I principali critici alle scelte di Bernanke sostengono infatti che la sua politica monetaria ultra espansiva non abbia fatto altro che incentivare la speculazione sui mercati (tra cui quello delle materie prime) e la conseguente crescita dei prezzi. Bernanke su questo fronte ha difeso il ruolo della Fed, sottolineando che le politiche accomodanti adottate non hanno contribuito al rialzo globale dei prezzi delle materie prime. «I prezzi - ha fatto notare - si sono alzati in modo significativo in riferimento alle maggiori valute e questo dimostra che le variazioni del dollaro poco probabilmente sono state un fattore importante negli aumenti degli ultimi mesi».

Mercato del lavoro ancora debole
Bernanke ha dato indicazioni poco incoraggianti sul fronte del mercato del lavoro che, ha precisato, ha visto solo modesti segnali di ripresa. «Ci vorranno ancora degli anni prima che l'occupazione negli Stati Uniti possa tornare a livelli normali» ha detto precisando tuttavia che si intravedono alcuni «segni di ottimismo». La Federal Reserve prevede infatti una crescita dell'economia americana tra il 3,5 e il 4 per cento nel 2011, con un tasso di inflazione tra l'1,25 e l'1,75 per cento. Si tratta di una revisione al rialzo rispetto alla precedente stima della Fed che vedeva la crescita quest'anno a un massimo del 3,9 per cento.

©RIPRODUZIONE RISERVATA

laplace77
00mercoledì 2 marzo 2011 09:22
Re:
dgambera, 01/03/2011 18.28:





parlano, ma non faranno un granche'...

e nanche in EU, visto che l'OBIETTIVO e' di mantenere l'inflazione SOTTO, MA PROSSIMA al 2%...

...il perche' l'obiettivo sia questo lo trovi nel piccolo recap su debito pubblico, inflazione e tassi...

[SM=g1750163]
laplace77
00mercoledì 2 marzo 2011 09:24
Re:
dgambera, 18/02/2009 14.28:

Bank of England pronta ad aumentare la massa monetaria

Il Governatore della Banca d'Inghilterra (BoE), Mervyn King, ha scritto al Cancelliere dello Scacchiere, Alistair Darling, per informarlo della decisione del Comitato di politica monetaria di dare il via all'acquisto di titoli di Stato e altri tipi di titoli al fine di aumentare la massa monetaria che deve essere approvato da Darling. La procedura, che fa parte delle misure di allentamento quantitativo a disposizione delle Banche centrali quando i tassi di interesse sono a zero, era stata avallata in via di principio dal Comitato di inizio febbraio. La risposta di Darling è prevista entro il 4-5 marzo quando è in programma la prossima riunione del Comitato della BoE.



chissa' perche'...

[SM=g1750163] [SM=g1750163] [SM=g1750163]

piccolo recap su debito pubblico, inflazione e tassi...

laplace77
00venerdì 4 marzo 2011 10:49
Bce: tassi impliciti mercato scontano 1,75% per fine anno
10:42 - ### Bce: tassi impliciti mercato scontano 1,75% per fine anno-FOCUS

Tre rialzi di 25 punti base: a giugno, agosto e novembre

(Il Sole 24 Ore Radiocor) - Milano, 04 mar - I numeri del
mercato lasciano ben pochi dubbi: quest'anno i tassi di
interesse nell'Eurozona aumenteranno tre volte, di 25
centesimi ciascuna, per arrivare all'1,75% entro fine anno.
E' uno scenario dato per scontato da alcune settimane, con i
tassi impliciti sui contratti a termine dell'Euribor che
hanno registrato un costante rialzo sulla scia delle
numerose dichiarazioni 'contro' le tensioni inflative fatte
da molti banchieri centrali. Dichiarazioni che, secondo gli
esperti, non hanno fatto altro che rafforzare tra gli
investitori la sensazione che la Bce si sta preparando a una
manovra restrittiva entro il primo semestre. Le parole
pronunciate ieri da Presidente dell'istituto dell'Eurotower
non hanno aggiunto niente al riguardo. Le attese, stando ai
numeri espressi dal mercato, sono ora per un rialzo di 50
punti base entro i primi mesi estivi (uno di 25 punti base e'
previsto entro giugno e un altro della stessa entita' entro
agosto) e un terzo ritocco - sempre di 25 punti base - entro
novembre. Jean-Claude Trichet, spiega un broker di una
primaria banca d'affari italiana, "ha avuto solo il merito
di togliere un po' di incertezza sui tempi" quando ha
ammesso che un "rialzo dei tassi nella prossima riunione di
aprile e' un evento possibile anche se non certo".



10:44 - ### Bce: tassi impliciti mercato scontano 1,75% per fine anno-FOCUS-2-

Per capire dove andra' il mercato seguire andamento Bund

(Il Sole 24 Ore Radiocor) - Milano, 04 mar - Di diverso
parere sui tempi dei rialzi dei tassi sono gli analisti di
Mps i quali, pur ammettendo che i tassi impliciti 'puntano'
all'1,75% per fine anno, credono che "il carattere
temporaneo delle tensioni sui prezzi e il continuo
apprezzamento dell'euro devono comunque spingere alla
cautela sui tempi". Quello che tuttavia sta cambiando
rapidamente, dopo l'intervento di Trichet, e' la strategia di
breve-medio degli investitori perche', spiegano nelle sale
operative, sembra che ormai l'obiettivo principale dei
responsabili della politica monetaria dell'area sia arrivare
a un tasso di riferimento del 2%, che potrebbe avvenire nel
corso del primo trimestre del 2012. Nel frattempo,
suggeriscono gli addetti ai lavori, per capire dove andra' il
mercato (e soprattutto con quale ritmo) vale la pena seguire
l'andamento del titolo di riferimento: il Bund. Il
rendimento del due anni tedesco e' da tempo all'1,50%,
consolidando un progresso da inizio anno di ben 90 punti
base. Discorso diverso e' per l'Euribor dove il sei mesi gira
sull'1,4%, evidenziando un passo ancora tranquillo in quanto
la Bce ha continuato ad assicurare la liquidita', con tutti
gli strumenti di cui dispone, alle operazioni di mercato.
dgambera
00venerdì 4 marzo 2011 16:11
La vendetta postuma di Alex Weber: la Bce prende le distanze dalla Fed e si prepara ad aumentare i tassi

di Vittorio Da Rold 4 marzo 2011


Alcuni l'hanno chiamata la vendetta postuma di Alex Weber , l'ex presidentedella Bundesbank. Ieri la banca centrale europea ha scelto di differenziarisi dalla Federal Reserve di Ben Bernanke, e così l'Atlantico per la politica monetaria si è fatto più largo con Washington che guarda (con scarsa indipendeza dalla politica dicono alcuni critici europei) alla crescita e alla rielezione di Barck Obama piuttosto che alla stabilità dei prezzi.

Quindi la Fed di Bernanke continuerà con nuovi interventi di Quantitative easing (molto criticati per i loro effetti sulle commodities) mentre Francoforte al contrario che guarda soprattutto all'inflazione e quindi pur avendo lasciato i tassi di interesse invariati all'1 per cento, ha preparato i mercati a un aumento del costo del danaro "possibilé già nella prossima riunione del consiglio direttivo di aprile, perché, come ha spiegato il presidente Jean-Claude Trichet, 'i rischi sui prezzi sono al rialzo" e per questo é necessaria una 'forte vigilanza".

La Bce é dunque "pronta ad agire" in ogni momento per "contenere i rischi al rialzo dei prezzi e per evitare effetti di rimbalzo" dovuti agli shock degli aumenti del greggio e delle materie prime, che renderebbero permanente l'incremento dell'inflazione e quindi, ha concluso Trichet parlando in modo insolitamnete esplicito, "non é certo, ma é possibile un aumento dei tassi d'interesse il mese prossimo" , indicando comunque che potrebbe trattarsi di un rialzo contenuto — forse di 25 punti — che secondo i maggiori analisti economici della banche internazionali costituirà l'inizio di una serie di aumenti che potrebbe portare a fine anno secondo Unicredit all'1,75% in tre mosse da 25 punti, 1,5% per Citigroup, 2% per Barclays.Una stagione del costo del denaro facile è dunque finita almeno in Europa.

L'altro cambiamanto di rotta riguarda il fatto che con il rialzo in arrivo la Bce sposa la tesi cara a Alex Weber, ex presidente della Bundesbank, del controllo dell'inflazione (sotto o vicino al 2%) mentre mette nei guai i paesi periferici soprattutto la Spagna di Zapatero (non a caso El Pais mette in rilievo le difficoltà che il rialzo provocherà a Madrid) e al Portogallo che alle prossime aste di bond dovranno sborsare più soldi per attrrarre gli investitori rendendo più probabile la richiesta di un aiuto congiunto Fmi-Ue per Lisbona. Anche l'Irlanda sarà messa sulla graticola a causa della necessità di ricapitalizzare i maggiori istituti di credito mentre Atene che è sostanzialmente fuori dal mercato dei bond non dovrebbe subire particolari conseguenze.Oggi parlerà Lorenzo Bini-Smaghi e sarà interessante capire cosa dirà per spiegare il cambio di passo.L'ultima volta che la Bca alzò i tassi fu nel 2008 poco prima del fallimento di Lehman Brother (15 settembre 2008) e dovette ritornare rapidamente sui suoi passi.speriamo non accada di nuovo.

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Quel bivio tra Francoforte e Washington

di Walter Riolfi 04 marzo 2011


Così, Banca centrale europea e Federal Reserve americana si stanno avviando su strade diverse. La prima, facendo capire al mercato che alzerà i tassi d'interesse nel prossimo incontro del 7 aprile, ha avvertito tutti i rischi della incipiente inflazione provocata dal rialzo dei prezzi delle materie prime e ha compiuto il primo passo per uscire dall'emergenza di una politica monetaria ultra espansiva. La Fed rimane invece determinata, non solo a tenere i tassi pressoché a zero, ma anche a creare altra liquidità per 600 miliardi di $ acquistando titoli di stato. Mentre Jean-Claude Trichet riconosce che le tensioni sui mercati delle commodity sono «il risultato di una forte crescita economica e dell'ampia liquidità a livello globale» (liquidità gonfiata dalle politiche monetarie espansive), Ben Bernanke nega che i bassi tassi imposti dalla Fed e l'imminente quantitative easing siano responsabili dei rialzi nei prezzi delle materie prime. A dire il vero Bernanke nega anche che l'inflazione sia ora un problema per gli Usa.

Vedute opposte tradiscono evidentemente i diversi mandati delle due banche. La Bce ha ereditato dagli «arci-monetaristi della Bundesbank», come con pizzico di ironia giudicano al di là dell'Atlantico, il compito di assicurare la stabilità dei prezzi. La Fed aggiunge anche il mandato della massima occupazione che la rende in tal modo una costola del Tesoro americano. Dal 2007 in poi è diventata questa la sua priorità. Due giorni fa, Bernanke ha detto che il piano di spesa proposto dai repubblicani comporterebbe 200mila posti di lavoro in meno. E nello stesso giorno, Dennis Lockhart, presidente della Fed di Atlanta, ha ribadito che «ci vorrebbero parecchi mesi di sostenuta e solida crescita dell'occupazione per convincersi che la ripresa economica sia veramente salda»: pur pronosticando una crescita del Pil (3-4%) doppia di quella europea. Di alzare i tassi d'interesse non si parlerebbe, dunque, per «parecchi mesi» ancora.
Qualcuno potrebbe obiettare che l'Europa, con i prezzi saliti a febbraio del 2,4%, sarebbe più suscettibile al rischio d'inflazione degli Stati Uniti, dove il consumer price index è all'1% per la componente core (senza alimentari ed energia) e all'1,6% complessivamente. In parte è vero, visto che il costo del lavoro è stato ieri ufficialmente rivisto in calo del 2,6% nel 4° trimestre 2010. Ma ci sono anche diverse e più convenienti metodologie per calcolare i prezzi. Al riguardo, il deputato repubblicano Steve Pearce è uscito l'altro giorno con una battuta fulminante: «C'è più gente che crede che gli alieni siano atterrati a Roswell di quella convinta che l'inflazione sia all'1,6%».

Ma, oltre al mandato della massima occupazione (siamo davvero sicuri che dopo aver delocalizzato parte dell'industria si possa tornare ai livelli di 10 anni fa?), i critici più severi insinuano il dubbio che la Fed si stia in qualche modo sostituendo al ministero del Tesoro. Bill Gross si chiede chi comprerà i Treasury, una volta esaurito il secondo QE. O, comunque, chi li comprerà a questi bassi rendimenti. Non può sfuggire che nel giro di tre anni andrà a scadenza circa la metà dei 9mila miliardi di debito federale e che quella metà, grazie alla politica di tassi quasi a zero, costa allo stato più o meno lo 0,55% in interessi.
Anche in Europa c'è chi critica la Bce, come hanno fatto ieri gli analisti di Barclays Capital. La banca centrale «si sta preparando ad alzare i tassi troppo presto», hanno commentato. L'osservazione sarebbe tanto più vera se si considera che, per i paesi "periferici" come Grecia, Spagna Portogallo, Irlanda e anche Italia, un probabile rialzo di 25 centesimi del tasso ufficiale potrebbe creare qualche problema in più alla loro stentata ripresa economica e alle loro sofferenti finanze pubbliche. E a gran parte dell'area euro, non piacerà soprattutto l'idea di ritrovarsi una valuta ulteriormente apprezzata rispetto al dollaro. Anche se in questo caso è Washington che sta giocando una partita troppo disinvolta.

dgambera
00sabato 5 marzo 2011 23:09
Allarme carovita: la spesa media delle famiglie italiane aumenterà nel 2011 di 857 euro

5 marzo 2011


Il carovita torna a minacciare i portafogli delle famiglie italiane. Secondo un'elaborazione dell'Ufficio studi della Cgia di Mestre su dati Istat (relativi all'indagine campionaria sui comportamenti di spesa delle famiglie italiane relative al 2009), l'aumento dei prezzi rilevati nell'ultimo anno potrebbe far aumentare la spesa media delle famiglie italiane mediamente di 857,3 euro.

A livello territoriale il picco più elevato lo si potrebbe raggiungere al Nord (+989,3 euro pari a +2,95%); più contenuti, invece, i possibili aumenti al Centro (+897,9 euro pari a + 2,94%) ed al Sud (+634,8 euro con una variazione rispetto a un anno fa del +2,76%).

Si é giunti a questo risultato, spiega la Cgia, partendo dall'ipotesi che l'aumento dei prezzi registrato negli ultimi 12 mesi (+2,4% tra febbraio 2011 su febbraio 2010) non ha modificato i comportamenti di spesa tenuti dalle famiglie italiane (ultima rilevazione anno 2009). La Gga ha rivisto anche l'inflazione.Secondo l'Istat, l'incremento generale dei prezzi (tra febbraio 2011 e febbraio 2010) é stato del +2,4%. In questa elaborazione della Cgia, invece, l'incremento dei prezzi potrebbe essere del +2,9%.

Le più colpite dagli aumenti rischiano di essere le famiglie dei lavoratori autonomi (artigiani e commercianti): nell'ultimo anno la variazione potrebbe attestarsi al +2,94%; in termini assoluti pari a +1.017,7 euro. I nuclei con a capo un imprenditore o un libero professionista, invece, potrebbero vedersi aumentare la spesa familiare di 1.289,6 euro (pari al +2,91%). Non dovrebbe andare molto meglio alle famiglie dei dirigenti e degli impiegati: l'aumento della spesa potrebbe toccare i 1.098,6 euro (+2,89%).
Anche la situazione delle famiglie degli operai non pare destinata a migliorare, anzi. La crescita della spesa potrebbe essere pari a 862,6 euro (+2,88%). Pesante anche la situazione delle famiglie dei pensionati o di quelle con la persona di riferimento in cerca di lavoro: per i primi l'aumento di spesa dovrebbe essere pari a 739,7 euro (+2,83%), per i secondi di 638,5 Euro (+2,82%).

Infine, l'analisi della Cgia di Mestre ha approfondito l'incremento della spesa delle principali tipologie familiari, in base al numero dei componenti del nucleo familiare. Ebbene, per i giovani single gli aumenti in termini percentuali potrebbero essere quelli più decisi: +2,92% (pari a +643,7 euro); male anche le coppie con uno figlio o due (+2,90% per entrambi, in termini assoluti, invece, gli aumenti potrebbero essere rispettivamente +1.053,5 euro e +1.091,5 euro), mentre per gli anziani soli, la variazione dovrebbe essere pari al +2,90% (+481 euro).

Ma quali saranno i prodotti che potrebbero recare i maggiori problemi ai portafogli delle famiglie italiane? «Innanzitutto - sottolinea il segretario della CGIA di Mestre, Giuseppe Bortolussi - i combustibili, l'energia ed i trasporti. Queste categorie, purtroppo, risentono della forte impennata dei prezzi registrati in questi ultimi mesi dai prodotti petroliferi. In termini percentuali l'incremento annuo di queste tre voci, in base ai comportamenti di spesa delle famiglie italiane, potrebbe essere superiore al 5%. Molto sostenuta anche la variazione che registreranno le spese per la manutenzione della casa: l'aumento potrebbe essere del +3,4%. Si pensi che fatto 100 l'incremento della spesa annua stimata, circa il 60% sarà determinato dalle spese per la casa, l'energia ed i trasporti».

Quali misure adottare per ridar fiato ai consumatori italiani? "E' indispensabile - conclude Bortolussi - che il Governo metta in campo una seria riforma che alleggerisca il carico fiscale sulle famiglie e sul lavoro. Il decreto sul federalismo municipale é un primo passo importante ma, alla luce della congiuntura in atto, potrebbe non essere sufficiente ad imprimere quella svolta che la situazione richiede».

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L'ombra lunga dei tassi in ascesa sui consumatori e le imprese: salirà il costo di mutui e finanziamenti

articoli di Pezzatti, Da Rold, Chiellino 5 marzo 2011


Il 2011 sarà un anno in salita. Non solo per l'inflazione e per i tassi d'interesse ma anche per i consumatori e per le imprese che dovranno fronteggiare, con le proprie finanze, i costi in rialzo della crisi petrolifera. Sono state soprattutto le famiglie a subire finora le pesanti conseguenze dell'aumento dell'inflazione, originato in buona parte dall'incremento dei prezzi dei carburanti, dell'energia e degli alimentari. A questa tassa mascherata, imposta dall'aumento delle commodities, si aggiungeranno gli effetti dei nuovi rincari innescati dalla probabile mossa al rialzo della Bce. Diversi capitoli di bilancio delle famiglie e delle imprese ne saranno interessati.

Mutui
Dopo le dichiarazioni di Jean-Claude Trichet, che ha quasi assicurato un rialzo del costo del denaro nel mese di aprile (pare dello 0,25%), è ormai altrettanto certo che lieviteranno anche le rate dei mutuatari che hanno optato per prestiti a tasso variabile. Può stare tranquillo, invece, chi ha preferito il tasso fisso, che fino all'autunno scorso si poteva strappare a livelli molto competitivi (per durate ventennali c'era chi offriva il 4%). Chi non ne ha approfittato, magari surrogando o rinegoziando il proprio prestito variabile, deve fare i conti con i tassi Euribor - ieri schizzati dall'1,098 all'1,162 - che risultano particolarmente sensibili alle mosse della Bce. L'effetto sui mutui sarà di un certo impatto soprattutto per chi, approfittando dei tassi ai minimi, ha stipulato contratti di lunga durata. «Le aspettative – spiega Roberto Anedda, vicepresidente di Mutuionline.it – sono di un rialzo complessivo dello 0,5% entro la fine anno. Questo si tradurrà, per un mutuo da 100mila euro, in un aumento delle rate che va dai 20 ai 30 euro, a seconda della scadenza». In termini percentuali ci sarebbe un impatto sull'importo mensile del 10% circa sui mutui trentennali, scendendo fino al 2% per i decennali.

Credito al consumo
Per chi ha già stipulato un prestito personale non dovrebbe cambiare un granché. La quasi totalità dei contratti sono a tasso fisso e le rate non saliranno per effetto di rialzi dei tassi. Diverso il discorso per chi si dovrà indebitare in futuro. Ora i livelli dei prestiti personali diretti (quelli che si stipulano con banche o finanziarie) hanno Taeg del 5%-6 per cento. Il cosiddetto prestito finalizzato risulta un po' più caro dello 0,5%-1 per cento.

Finanza personale
La probabile mossa Bce, rende necessario anche un check up dei propri investimenti. Lo scopo è dribblare le perdite, con l'obiettivo sempre più difficile da raggiungere, di ottenere un ritorno reale positivo dai propri investimenti. Negli ultimi anni, infatti, con tassi ai minimi, che per i BoT sono arrivati anche vicini a zero, la battaglia con l'inflazione è stata ardua. Il ritorno degli investimenti al netto del caro vita è stato in molti casi negativo. Nel nuovo scenario è prevedibile che il livello di remunerazione dei conti correnti e dei depositi online salga. Attualmente i più fortunati possono beneficiare di tassi netti del 2,19%, offerti da alcuni intermediari sui depositi vincolati per 12 mesi. Anche le prossime aste dei BoT, che sono tornati in area 2%, dovrebbero offrire migliori opportunità, tenuto conto degli annunci dei rialzi dei tassi Bce. Lo stesso dicasi per le cedole dei CcT, legate ai BoT o all'Euribor (dipende dalle emissioni).

Fondi e bond
Un notevole rischio invece lo corrono ancora coloro che hanno puntato su fondi comuni obbligazionari. I fondi e gli Etf (exchange traded fund) infatti sono molto sensibili alle diminuzioni di prezzo dei bond su cui investono. Questo si traduce, inevitabilmente, in perdite secche di valore delle quote: le cedole incassate non compensano la discesa dei prezzi. Il discorso vale soprattutto per i gestori poco attivi. È già accaduto nel 1994 e nel 1999 e parzialmente nel 2001. Il bilancio degli ultimi quattro mesi dei fondi obbligazionari area euro, che investono su titoli a tasso fisso con durate elevate, è in rosso del 2 per cento.
Relativamente più tranquilli possono stare coloro che hanno investito direttamente in titoli obbligazionari. Se i bond perdono valore per effetto del rialzo generalizzato dei tassi, come peraltro è già avvenuto con la crisi dei paesi periferici, è però certo che, aspettando la scadenza dei titoli, si potrà riottenere il capitale investito, forse anche maggiorato se le obbligazioni sono state acquistate sotto il valore nominale di 100. Tuttavia ci si deve accontentare di una remunerazione inferiore rispetto alle nuove emissioni che dovranno invece adeguarsi al nuovo contesto dei tassi. Visto il trend rialzista, per chi desidera proteggersi dal carovita appaiono indicati i BTpi, titoli dotati di cedola che al momento della scadenza prevedono l'adeguamento del capitale investito all'andamento dell'indice dell'inflazione europea. Restando in area euro esistono anche degli omologhi francesi, tedeschi e un'emissione Greca.

Corporate bond
I bond societari dovranno essere selezionati con cura. «Nei prossimi due anni ci sono i presupposti perchè il costo del denaro ritorni su livelli fisiologici del 3%-3,5% – spiega Carlo Gentili, ad di Nextam partners –. È dunque inevitabile che i titoli già emessi perderanno quota. In particolare nel settore corporate bisogna dunque fare molta attenzione alle società indebitate, che vedranno probabilmente peggiorare il loro rating a causa dell'aumento del costo del debito». Lo stesso ragionamento vale ovviamente per gli stati.

Settori azionari
Anche in borsa il rialzo dei tassi ha un inevitabile riflesso. «Le utilities e i titoli molto esposti al debito sono da evitare – spiega ancora Gentili –. Svantaggiato anche il settore immobiliare, la cui redditività perde appeal confrontata con quella dei bond a tasso variabile, a maggior ragione se si tratta di gruppi con elevata leva». Viceversa il rialzo dei tassi, in una situazione di normalità, potrebbe avere un effetto positivo sui finanziari: le banche riusciranno ad aumentare i margini. Più che altro per il caro-petrolio saranno penalizzati i titoli delle compagnie aeree: con il combustibile alle stelle i costi operativi dei trasporti lievitano. Opportunità si aprono invece sui petroliferi e sui distributori di energia, avvantaggiati dalle rivalutazioni delle scorte ai prezzi attuali delle commodities. Salvo crisi in Arabia Saudita e Algeria.

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Le aziende temono un freno sulla ripresa ancora debole

di Giuseppe Chiellino 5 marzo 2011


Paura che l'avvio di un ciclo di rialzo dei tassi di interesse nella zona euro non solo non serva a mettere un freno all'inflazione ma soprattutto spenga sul nascere una ripresa ancora debole. È questo il clima prevalente tra le imprese all'indomani della mossa del board della Banca centrale europea che giovedì ha preannunciato un «possibile» primo ritocco all'insù del costo del denaro dopo averlo lasciato al minimo storico per quasi due anni.


«Non sono tassi di interesse all'1,5% che fanno paura. Sono ben altri i livelli che preoccupano. Però non credo che sia la ricetta giusta per fermare l'inflazione». Va dritta al cuore del problema Monica Pelliciari, presidente del gruppo Fiori, produttore di macchine da cantiere con forte presenza in India. «L'aumento dei prezzi non è dovuto alla domanda interna ma alle materie prime. E questo dipende dalla domanda in paesi come Cina e India. Aumentare i tassi solo in Europa non serve. Anzi, può essere addirittura controproducente» in un'area monetaria in cui l'economia procede «a due velocità e l'Italia non è nel gruppo di testa». E in ogni caso «il nodo materie prime resta e prima o poi dovrà essere affrontato».

Un aspetto positivo nell'aumento dei tassi comunque c'è ma riguarda solo le aziende meno indebitate. «Tra chi accoglierà la notizia con entusiasmo - sottolinea Giuseppe Lesce, presidente dei produttori di macchine per l'imballaggio (Ucima) - ci sono sicuramente quelle aziende, non tantissime, passate indenni dalla crisi e che hanno nei conti economici pochi oneri finanziari». Ma le buone notizie si fermano qui. Perché, ricorda Lesce, «faranno ancora più fatica quelle aziende che, oltre dover ripagare l'indebitamento, incontrano sempre più difficoltà a ottenere credito perché il sistema si è irrigidito. E poco importa se siano sane oppure no, perché troppo spesso si tende ad eccessi di prudenza o a fare di tutta l'erba un fascio». Rimedi? «Le imprese italiane, quelle sane, guidate da chi ancora prova soddisfazione nel lottare quotidianamente, avrebbero bisogno di un sostegno diverso da quello che ottengono da un po' di tempo a questa parte».

Uno dei settori produttivi che nell'ultimo anno ha pagato di più l'aumento delle materie prime è il tessile. «Per finanziare il capitale circolante, che a parità di quantità ha valori sempre più alti - spiega il presidente di Sistema moda Italia, Michele Tronconi - le aziende devono fare ricorso massiccio al finanziamento a breve». E l'aumento dei tassi è sale sulle ferite. Non solo. Come è già accaduto ieri e giovedì, l'euro si è rafforzato sul dollaro tornando sopra quota 1,40. «L'effetto positivo sulle materie prime non compensa la perdita di competitività per un'economia di trasformazione come la nostra». E per fermare davvero la speculazione secondo Tronconi «servirebbe una manovra concertata con gli Stati Uniti».

L'ufficio studi di Intesa Sanpaolo, tuttavia, è poco preoccupato degli effetti sul cambio. «Non riteniamo che i livelli di questi giorni siano compatibili con i fondamentali delle due economie», afferma Fabrizio Guelpa, responsabile banche e industria del servizio studi di Intesa Sanpaolo. «Le nostre previsioni indicano un cambio a 1,28 in un arco temporale di tre mesi. Detto questo, calcoliamo che una svalutazione della moneta unica del 10% produca effetti positivi dello 0,4% sul Pil, dell'1,2% sull'export e dello 0,3% sull'inflazione. Gli effetti sono simmetrici se l'euro si rivaluta». Quello che più conta, però, è che Guelpa interpreta quella di Trichet come una mossa una tantum e non l'inizio di un ciclo di rialzi. Se fosse davvero così, «gli effetti sul costo del credito sarebbero modesti». Ma questo non basta a tranquillizzare Luigi Galdabini, managing director dell'azienda varesina di robotica C. Galdabini. «Serve molta molta cautela: non si può rischiare di bloccare la ripresa ancora molto incerta. La Bce ha tanta autorevolezza ma non vorrei che desse troppo peso a numeri che quasi nulla hanno a che fare con l'economia reale, finendo per creare un ostacolo agli investimenti».

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L'aumento del costo del denaro. Trichet è nel giusto, ripresa non a rischio

5 marzo 2011


Jean-Claude Trichet ha annunciato un probabile aumento del costo del denaro: ad aprile i tassi potrebbero essere alzati dello 0,25 per cento. In questi mesi caratterizzati da forti rischi di inflazione, il presidente della Bce ha sottolineato che «quando c'è uno shock petrolifero la nostra responsabilità è di evitare un effetto-travaso» sui salari.

Francesco Daveri (Università di Parma)
È giusto alzare i tassi in questa Fase?
Con il prezzo del petrolio che può essere un potenziale elemento per trasmettere altra inflazione, il compito di Trichet è arduo. Il probabile aumento dei tassi è scelta giusta, è un segnale per non assecondare un'inflazione alle stelle, anche se, in un primo momento, famiglie, governi e banche respireranno i costi della scelta.
Quali effetti prevede sulla crescita?
L'effetto reale sull'economia sarà minimo, anche perché il costo del credito così basso non è una componente importante degli investimenti delle imprese.


Franco Bruni (Università Bocconi di Milano)
È giusto alzare i tassi in questa Fase?
La mossa annunciata è quanto mai necessaria, anzi andava intrapresa ben prima e in modo graduale. I livelli attuali, così bassi, hanno senso solo nelle fasi post fallimentari.
Quali effetti prevede sulla crescita?
Non ci saranno effetti sulla crescita. Elevare i tassi da 1 a 2-2,5% in modo graduale e con annunci significa riportarli a un livello non distorsivo e ridare normalità al sistema: tassi troppo bassi creano disordine, favoriscono investimenti imprudenti. Senza dimenticare che bisognerebbe dialogare con gli americani per logiche comuni nelle strategie monetarie.

Carli Altomonte (Università Bocconi di Milano)
È giusto alzare i tassi in questa Fase?
Ho dubbi sulla tempistica: troppo repentina e anticipata rispetto alle aspettative del mercato. Ha il sapore di una manovra difensiva per irrobustire il cambio e tagliare la parte importata d'inflazione. C'è anche una ragione "politica": si strizza l'occhio all'establishment tedesco che dovrà prendere decisioni lassiste in materia di debito sovrano
Quali effetti prevede sulla crescita?
Proprio per questa natura difensiva del rialzo sarà una manovra spot. Non vedo dunque contraccolpi immediati sulla crescita Ue.

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dgambera
00sabato 5 marzo 2011 23:41
Sale il costo del debito per paesi già in difficoltà - Fitch abbassa le prospettive sul rating spagnolo. A tremare è soprattutto la penisola iberica

di Vittorio Da Rold 5 marzo 2011


Dopo l'annuncio della stretta della Bce i periferici si troveranno di fronte tra un mese non solo a tassi più elevati, ma anche a un euro più forte che minerà la crescita dell'export proprio nel momento in cui ne hanno più bisogno.
Sotto tiro ci sono il Portogallo, la Spagna oltre che la Grecia e l'Irlanda. Ma a tremare è soprattutto Madrid, che nonostante i buoni risultati dell'asta di titoli pubblici di ieri in cui ha collocato 3,8 miliardi (dove però ha dovuto pagare 35 centesimi in più rispetto a un mese fa) ha subìto una nuova riduzione delle prospettive sul rating da parte di Fitch.


Con i suoi problemi bancari, la Spagna è considerata a rischio se il contagio dovesse fare del Portogallo (come il mercato ormai dà per scontato) il prossimo beneficiario degli aiuti dopo Grecia e Irlanda.
Pessimismo eccessivo? Non proprio visto che ieri Fitch, come dicevamo, ha abbassato le prospettive sul rating della Spagna da stabili a negative, confermando il voto "AA+" sui titoli di Stato del paese iberico. Una variazione che riflette vari rischi: la sostenibilità della ripresa, i costi finali della ristrutturazione delle "Cajas", le Casse di risparmio e l'effettivo rispetto degli obiettivi di risanamento del bilancio, «specialmente da parte delle autorità locali».

Inoltre secondo Fitch c'è anche il rischio di un incremento di volatilità nei mercati se al Consiglio europeo di fine marzo non dovesse essere concordata una linea di risposta credibile alle difficoltà sui debiti di vari paesi dell'Ue. Ciò detto l'agenzia riconosce alla Spagna di aver superato le attese sul percorso di risanamento dei conti e sulle riforme strutturali.

La Bce ha dunque "sacrificato" sull'altare della sua credibilità i paesi periferici oppure la situazione non è così grave come sembra?
«Il quadro macroeconomico sembra senz'altro giustificare un rialzo dei tassi Bce ad aprile – spiega Marco Annunziata, capo economista di General Electric - le principali economie europee, Italia compresa, sono tornate a crescere in maniera convincente. Tassi d'interesse più elevati rappresentano però una doppia sfida per paesi periferici come Portogallo e Irlanda: più alti costi di finanziamento e un impatto negativo su economie che stanno affrontando duri programmi di austerità».

Scelta dunque obbligata per Trichet ma con riflessi negativi per i periferici? «Sì certo, ma la Bce attutirà il colpo con le sue iniezioni di liquidità e gli acquisti di titoli del debito pubblico. L'impatto negativo sui periferici sarà perciò limitato. Più importanti - prosegue Annunziata - saranno le decisioni al vertice europeo di fine mese sui meccanismi permanenti per affrontare la crisi del debito pubblico».

Opinione condivisa da Jürgen Michels, economista europeo di Citigroup, secondo cui i problemi per i periferici sono «correlati alla velocità della stretta della Bce che noi prevediamo in due rialzi di 25 punti base ciascuno entro fine anno (Unicredit all'1,75% in tre mosse da 25 punti, al 2% per Barclays, n.d.r.), ma la partita si gioca sul grado di cooesione che verrà raggiunta al summit Ue di fine mese».

Contrario alla mossa Julian Callow, capo economista europeo di Barclays Capital secondo cui «la Bce si prepara ad aumentare i tassi troppo presto. Dovrebbe dare all'economia più possibilità di arrivare a un livello sostenibile, tanto più che è ancora presto per sapere come il consolidamento fiscale in molti paesi influenzerà la domanda quest'anno e il prossimo».

Una Bce che dunque sembra guardare al suo mandato sul controllo dell'inflazione piuttosto che agli ultimi della classe che stentano a mantenere il ritmo del gruppo di testa. Concetto ribadito ieri da Lorenzo Bini Smaghi, membro del comitato esecutivo della Bce, secondo cui «è «elegante» fare gli stress test sulle banche ma «forse sarebbe utile farli anche sui paesi». Inoltre Bini Smaghi ha ricordato che «le autorità hanno sottovalutato in modo sistematico l'inflazione e sopravvalutato le prospettive di crescita delle economie avanzate».

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dgambera
00lunedì 7 marzo 2011 11:15
dgambera
00lunedì 7 marzo 2011 17:12
Il colpo più duro arriverà con gli effetti indiretti

di Riccardo Sorrentino 7 marzo 2011


Ormai ci siamo. La Bce, giovedì, ha annunciato che i tassi potranno salire, forse già a partire dal 7 aprile, dall'attuale 1 per cento. Nulla di certo, ma la direzione ormai sembra questa: l'inflazione sta diventando un problema almeno quanto la disoccupazione o i deficit fiscali.
I consumatori se ne sono già accorti. Soprattutto alla pompa di benzina. A gennaio, in Eurolandia, il costo dell'energia è salito del 12% annuo, quello dell'alcool e del tabacco del 3,7%, quello dei trasporti del 5,1%, quello per la casa, che comprende anche elettricità acqua e combustibili, del 4,5 per cento. In Italia, i dati di gennaio appaiono appena più "freddi", ma a fine febbraio è stata annunciata un'accelerazione per l'intero paniere, con tutta probabilità guidata dai prezzi già in surriscaldamento. Si saprà di più nelle statistiche di metà mese.

Tecnicamente, però, non è ancora inflazione. Per ora il rialzo di petrolio e prodotti alimentari è solo un cambiamento dei prezzi relativi: il loro costo, cioè, aumenta rispetto a quello di altri prodotti. Non c'è ancora un aumento davvero generalizzato del costo della vita. Ne deriva comunque una redistribuzione dei consumi (ma anche dei redditi) con effetti per ciascuno di noi e per tutta l'economia. L'esperienza mostra che in una prima fase, in genere, si intaccano i risparmi o si fanno debiti: quando si può, evidentemente. Poi, quando i rincari appaiono ormai strutturali e non momentanei, si riducono i consumi di tutti i beni. Le spese per alimentari ed energia sono però comprimibili fino a un certo punto (in questo senso questi rincari sono una vera tassa sui poveri, nei paesi meno ricchi, ma non solo). Anche se nel 2008, quando il petrolio raggiunse i 145 dollari al barile, con un rialzo considerato come strutturale, i consumi di energia crollarono molto rapidamente. Soprattutto, e a sorpresa, negli Stati Uniti.

L'inflazione, quella vera, verrà dopo. Quando si manifesteranno i second round effects, gli effetti indiretti di cui spesso parla la Bce, gli unici che la politica monetaria possa aggredire. Verrà quando i rincari diventeranno generalizzati, le aspettative per l'inflazione futura tenderanno a crescere, le imprese cercheranno di aumentare i listini, i lavoratori gli onorari e poi gli stipendi... Sono questi i rialzi che l'aumento promesso dei tassi vuole contrastare, e in via preventiva. Se fossero alzati invece per "gestire" direttamente il caro-petrolio o il caro-cibo, si otterrebbe l'effetto di far arenare, bruscamente, la crescita. Frenerebbe anche la corsa dei prezzi, ma a che costo!

Gli investitori, probabilmente, saranno più veloci della Bce (che conta anche su questo effetto). Chi ha un mutuo o un prestito "variabile" legato all'andamento dei tassi di mercato potrà sentire l'effetto subito. Analogamente accadrà per le imprese. Anche perché l'euro potrebbe salire ancora: la prima reazione è stata una corsa verso l'alto, ma occorre ora aspettare su quali livelli e su quali trend si assesterà il mercato. Una valuta più apprezzata, come sempre, funzionerà in due sensi: renderà meno cari gli acquisti dall'estero - per esempio di energia e di materie prime -, ma anche meno convenienti le esportazioni. Alcune aziende saranno avvantaggiate, mentre per le altre si potranno ridurre i margini di profitto. Molte potranno comunque "coprirsi" dal rischio cambio.

La Bce procederà in ogni caso con i piedi di piombo, anche se gli analisti già si aspettano una stretta di almeno 75 punti base quest'anno, e nei casi più estremi una stretta di un punto e mezzo da qui all'anno prossimo. Difficilmente, però, forzerà i tempi rischiando di affogare la crescita o di mettere in difficoltà i governi dei paesi deboli. L'incremento dei tassi porta con sé anche l'aumento dei rendimenti dei titoli di stato (e delle obbligazioni in genere): un bene per risparmiatori e investitori a più lungo periodo, un male per i contribuenti dei paesi meno virtuosi che - prima o poi e in misura più o meno forte - saranno chiamati a pagare per le politiche che creano sprechi e alimentano le rendite invece della crescita.

Non sarà un periodo facile, quindi, tra prezzi in rialzo e occupazione stagnante. L'inflazione impone a tutti di stringere la cinghia. È il costo da pagare per una politica monetaria ultraespansiva che ci ha permesso di evitare una recessione più dura. Ora però occorre evitare di cadere da una crisi a un'altra, di diverso colore.

©RIPRODUZIONE RISERVATA


grella
00lunedì 7 marzo 2011 19:01
Fonti personali..........
Torniamo alle mie personalissime fonti che periodicamente mi aggiornano sulla "situazione economico-finanziaria della strada", ovvero economia strareale fatta di gente che si alza la mattina per sbarcare il lunario.

Situazione statica e in leggero peggioramento sul fronte dei consumi, la fase di distribuzione nell'apertura-chiusura di (più o meno) improvvisate attività sembra stia diminuendo dopo che alcuni sprovveduti dell'ultima ora hanno capito il significato di "sbattere la faccia contro un tir".........i giovani e rampanti imprenditori tra i 23 e 39 anni descritti dai media non sono altro che "l'esercito della partita iva coercitiva" (nulla a che fare con l'imprenditoria).
Da sondare l'andamento tassi e pseudoinflazione che credo non sfocerà in stagflazione Eu prima che questo possa avvenire in Usa (quindi monitorare Usa). Sono più convinto che questa parvenza di aumento tassi-P/E-tenuta borsistica-fittizio aumento produttività-fine QE2 ci porterà in una nuova recessione sotto i livelli 2008/2010 ..........

Monitoriamo......... [SM=g2391727]


laplace77
00lunedì 7 marzo 2011 20:37
Re: Fonti personali..........
grella, 07/03/2011 19.01:

Torniamo alle mie personalissime fonti che periodicamente mi aggiornano sulla "situazione economico-finanziaria della strada", ovvero economia strareale fatta di gente che si alza la mattina per sbarcare il lunario.

Situazione statica e in leggero peggioramento sul fronte dei consumi, la fase di distribuzione nell'apertura-chiusura di (più o meno) improvvisate attività sembra stia diminuendo dopo che alcuni sprovveduti dell'ultima ora hanno capito il significato di "sbattere la faccia contro un tir".........i giovani e rampanti imprenditori tra i 23 e 39 anni descritti dai media non sono altro che "l'esercito della partita iva coercitiva" (nulla a che fare con l'imprenditoria).
Da sondare l'andamento tassi e pseudoinflazione che credo non sfocerà in stagflazione Eu prima che questo possa avvenire in Usa (quindi monitorare Usa). Sono più convinto che questa parvenza di aumento tassi-P/E-tenuta borsistica-fittizio aumento produttività-fine QE2 ci porterà in una nuova recessione sotto i livelli 2008/2010 ..........

Monitoriamo......... [SM=g2391727]






a me ha colpito questo passaggio:


Tecnicamente, però, non è ancora inflazione. Per ora il rialzo di petrolio e prodotti alimentari è solo un cambiamento dei prezzi relativi: il loro costo, cioè, aumenta rispetto a quello di altri prodotti. Non c'è ancora un aumento davvero generalizzato del costo della vita. Ne deriva comunque una redistribuzione dei consumi (ma anche dei redditi) con effetti per ciascuno di noi e per tutta l'economia. L'esperienza mostra che in una prima fase, in genere, si intaccano i risparmi o si fanno debiti: quando si può, evidentemente. Poi, quando i rincari appaiono ormai strutturali e non momentanei, si riducono i consumi di tutti i beni. Le spese per alimentari ed energia sono però comprimibili fino a un certo punto (in questo senso questi rincari sono una vera tassa sui poveri, nei paesi meno ricchi, ma non solo). Anche se nel 2008, quando il petrolio raggiunse i 145 dollari al barile, con un rialzo considerato come strutturale, i consumi di energia crollarono molto rapidamente. Soprattutto, e a sorpresa, negli Stati Uniti.

L'inflazione, quella vera, verrà dopo. Quando si manifesteranno i second round effects, gli effetti indiretti di cui spesso parla la Bce, gli unici che la politica monetaria possa aggredire. Verrà quando i rincari diventeranno generalizzati, le aspettative per l'inflazione futura tenderanno a crescere, le imprese cercheranno di aumentare i listini, i lavoratori gli onorari e poi gli stipendi... Sono questi i rialzi che l'aumento promesso dei tassi vuole contrastare, e in via preventiva. Se fossero alzati invece per "gestire" direttamente il caro-petrolio o il caro-cibo, si otterrebbe l'effetto di far arenare, bruscamente, la crescita. Frenerebbe anche la corsa dei prezzi, ma a che costo!




e' la "decrescita infelice", perche' imposta...

...la gente, specie in OCSE, fara' il "downsize" dei propri "stili di vita", obbligata a consumare meno...

...mentre i BRIC piano piano consumeranno di piu'...


...ci sara' quindi facilmente un alternarsi di picchi e cadute del prezzo del petrolio, come ci fu quando prima la speculazione lo porto' a 150$, poi "esplose la crisi' (lehman):



...monitoriamo, si, perche' c'e' poco altro da fare, se non cercare di riorganizzare la propria vita, di trovare un nuovo, soddisfacente, modo di vivere, prima che ci venga imposto...

[SM=g7574]

dgambera
00martedì 8 marzo 2011 15:41
Weber: nel 2011 i tassi potranno salire dello 0,75%. Riviste al rialzo le stime sulla crescita tedesca

8 marzo 2011


L'inflazione continuerà a crescere. Per arginarla la Bce potrebbe rialzare i tassi fino a 75 punti base nel corso del 2011 secondo il presidente dimissionario della Bundesbank Axel Weber. Nel corso della conferenza annuale a Francoforte, la banca centrale tedesca ha diffuso le sue stime sull'inflazione che, in Germania, dovrebbe salire «a circa il 2%» quest'anno contro l'1,1% dello scorso anno.

Weber d'accordo con le scelte della Bce
Weber si conferma un fautore dell'ortodossia monetaria (per cui il compito della Bce è unicamente quello di tenere a bada il livello dei prezzi). Parlando con i giornalisti ha quindi detto di condividere la linea dell'Eurotower, che ha recentemente annunciato un probabile rialzo del costo del denaro. La situazione dell'inflazione, secondo Weber, è da tenere sotto controllo per l'incertezza che permane in Nord Africa con i disordini in Libia e i suoi riflessi sui prezzi del petrolio. Weber ha spiegato che «se la situazione non si placa i prezzi resteranno a questo livello se non superiore».

Possibile un rialzo dei tassi fino all'1,75%
Rispondendo a una domanda sui tassi ha dichiarato: «Non vedo alcuna ragione per correggere le aspettative del mercato» sottolineando come le prospettive di inflazione della Bce potrebbero sottostimare l'effettiva pressione sui prezzi. I tassi all'1,75% alla fine del 2011 (come atteso dal mercato) sono quindi una prospettiva possibile per il numero uno della Bundesbank.

Le nuove stime sulla crescita tedesca
La Banca centrale ha anche diffuso le nuove stime sulla crescita economica in Germania. Previsioni riviste al rialzo. L'aumento del Pil della locomotiva tedesca dovrebbe infatti attestarsi al 2,5% nel 2011, contro il 2% stimato in precedenza, ha fatto sapere Weber. La Bundesbank si mostra così più ottimista che il governo federale, che aveva previsto una crescita del 2,3% nel 2011. Dopo la caduta del 4,7% nel 2009, il prodotto interno lordo tedesco ha rimbalzato del 3,6% lo scorso anno, grazie alla ripresa della domanda mondiale, in particolare nei paesi emergenti come la Cina. Questo fattore ha sostenuto le esportazioni tedesche, importante pilastro della crescita del Paese.

Le stime sull'inflazione tedesca
La ripresa in Germania «si é rapidamente equilibrata con il ritorno del consumo interno, e le famiglie ma anche le imprese hanno incrementato i loro investimenti lo scorso anno», ha detto Weber. Di conseguenza l'inflazione dovrebbe accelerare in Germania «a circa il 2%» quest'anno contro l'1,1% dello scorso anno. Nel 2012 l'inflazione dovrebbe rallentare, «a condizione che gli aumenti salariali restino ragionevoli».

Le ripercussioni sulle quotazioni dell'euro
Le parole del numero uno della Bundesbank, in particolare le stime sull'inflazione in Germania, hanno influito sulla quotazione dell'euro che è sceso sotto quota 1,39 dollari, portandosi fino a un minimo di 1,3886 nel primo pomeriggio. L'euro ha perso terreno anche contro lo yen.

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dgambera
00martedì 8 marzo 2011 18:50
I lavoratori cinesi chiedono di più in busta paga. Un bene per il welfare, un male per l'inflazione globale

articoli di Vito Lops e Andrea Franceschi 08 febbrai 2011


di Vito Lops
La scorsa estate gli economisti dibattevano sullo spettro mondiale della deflazione. Le misure di austerity a cui molti paesi sono stati obbligati nel 2010 per evitare tracolli di bilancio hanno frenato la spesa e i consumi, raffreddando i prezzi. Oggi, a distanza di tre trimestri, quello spettro non è andato via, ma il suo mantello bianco si è sgonfiato. Ora tutti temono, da ogni latitudine (escluso il Giappone) un pericoloso avanzamento dell'inflazione. Il livello dei prezzi (cresciuto nel 2009 post recessivo dello 0,3% nell'area euro) si è portato a fine 2010 oltre il livello di guardia del 2% e, con ogni probabilità, spingerà la Banca centrale europea, a rialzare i tassi ad aprile per la prima volta dopo 23 mesi di stallo.

Negli Stati Uniti i prezzi sono balzati dell'1,6% ribaltando la deflazione archiviata nel 2009 (quando i prezzi al consumo sono arretrati dello 0,4%). In Cina viaggiano al tasso annuale del 4,9%, motivo per cui la Banca del Popolo da ottobre ha varato due strette monetarie dirette (agendo sulla leva dei tassi di interesse) e due indirette (agendo sulle riserve obbligatorie delle banche).

Nella staffetta inflazionistica, tra le cause principali, la corsa dei prezzi delle materie prime alimentari - causata da un anno di raccolti difficili per via di condizioni climatiche avverse - sta passando ora il "testimone" al petrolio, le cui quotazioni si sono riportate ai massimi degli ultimi 30 mesi, complici le tensioni in Libia e Medio Oriente. Ne consegue che le stime su dove atterrerà a fine 2011 l'indice dei prezzi al consumo continuano ad essere riviste al rialzo.

Ma c'è un'altra componente, oltre a quella derivata da materie prime alimentari e petrolio, a importare inflazione nel mondo. Una componente che, a differenze di quelle fin qui esaminate, preoccupa di più perché pare destinata a non esaurirsi nel giro di qualche trimestre ma ha natura strutturale. E pertanto promette di avere un impatto di lungo periodo. Di cosa si tratta? Dell'inflazione importata per effetto del crescente aumento dei salari in Cina.

I nuovi dati, su questo fronte, descrivono la realtà in modo molto chiaro. Lo scorso 5 marzo, il premier cinese Wen Jiabao ha annunciato un piano di aumento dei salari per sostenere i consumi dell'economia domestica. Nel 2011, per il secondo anno consecutivo, in tutte le 31 regioni cinesi è prevista una crescita media del monte stipendi, secondo quanto rileva una ricerca di Credit Suisse. Dall'indagine emerge che l'economia cinese potrebbe essere al "punto di svolta di Lewis", la teoria economica elaborata dal nobel Arthur Lewis, secondo cui il momento critico per la crescita di un'economia in ascesa si verifica quando la sua offerta di manodopera eccedente si esaurisce, determinando un aumento di prezzi e salari. Secondo le previsioni, la domanda di lavoratori in Cina supererà l'offerta nel 2014, anno del "punto di svolta". Mentre a detta di Li Wei, un economista di Standard Chartered a Shanghai, l'economia cinese il "punto di svolta" lo avrebbe invece già raggiunto .

In ogni caso, l'aumento dei salari è in corso. Nell'ultimo anno la busta paga dei lavoratori immigrati che trainano il settore delle esportazioni cinesi, disposti a spostarsi da una città all'altra in cerca della migliore offerta, è cresciuta del 40% e dovrebbe continuare a crescere al ritmo del 20-30% annuo nell'arco del prossimo triennio. A quanto pare i lavoratori in Cina stanno diventando sempre più esigenti. Sono pronti a rifiutare offerte di lavoro in cerca di occasioni più remunerative. In base a quanto rileva il settimanale BusinessWeek nella città di Shenzen campeggiano cartelli di offerte di lavoro con tanto di scritta: «High Pay for Urgent Hire» (Stipendi alti per lavoro urgente, ndr).

I salari cinesi stanno salendo anche perché, al confronto con quelli delle economie asiatiche limitrofe, hanno ampi margini di apprezzamento. Secondo gli ulltimi dati medi a disposizione, la paga media di un lavoratore cinese nel 2009 a Shenzen si aggirava intorno a 235 dollari al mese, un abisso rispetto ai 3.099 dollari di Yokohama, i 1.220 di Seul e gli 888 di Taipei (fonte Japan external trade organization). Numeri che, considerata la forte disponibilità dei lavoratori cinesi a migrare in altre città del paese alla ricerca di remunerazioni più alte, lasciano ipotizzare che l'onda dei salari è destinata ancora a crescere nei prossimi anni. Il fenomeno dovrebbe portare inflazione in tutti i paesi occidentali che hanno stretti legami commerciali con la Cina.

Non a caso Next, il secondo più grande rivenditore retail del Regno Unito, ha annunciato il mese scorso che l'aumento degli stipendi in Cina comporterà un aumento dell'8% dei prezzi al pubblico nei prossimi due trimestri. Così come Li & Fung, uno dei più importanti fornitori della catena americana Wal Mart, basato a Hong Kong, prevede per il 2011 un aumento del prezzo dei beni esportati dalla Cina a causa dell'apprezzamento del costo del lavoro nella Repubblica Popolare.

©RIPRODUZIONE RISERVATA



Wen Jiabao: ridurre l'inflazione per garantire stabilità sociale

5 marzo 2011


Un quotidiano ufficiale di Pechino ha ammonito oggi la popolazione a non partecipare alle proteste contro il governo, ispirati dalle sommosse in corso in Medio Oriente e per questo definiti «raduni del gelsomino». L'editoriale del Quotidiano di Pechino (Beijing Ribao) è apparso nel giorno in cui il premier Wen Jiabao ha ammesso davanti all'Assemblea nazionale popolare che l'inflazione ha scatenato malcontento nella popolazione.

Obiettivo: ridurre l'inflazione
«La Cina deve garantire stabilità sociale, riducendo inflazione e corruzione» ha dichiarato oggi il premier cinese Wen Jiabao davanti ai circa 3.000 delegati del Parlamento, riuniti per la sessione annuale. Wen ha fissato per il 2011 l'obiettivo di crescita dell'8% per il Paese che è ormai diventato la seconda economia mondiale, dopo aver superato nel 2010 il Giappone, ma ha anche sottolineato come l'inflazione sia «la priorità numero uno» e che l'aumento dei prezzi al consumo dovrà essere contenuto intorno al 4%.

«Questo problema riguarda il benessere della popolazione, incide sugli interessi di tutti e ha ripercussioni sulla stabilità sociale - ha detto il premier - dobbiamo quindi farne la nostra priorità per mantenere stabili i prezzi». La sessione plenaria del Parlamento cinese dura dieci giorni durante i quali l'assise avalla di fatto i progetti del partito comunista al governo.

La stampa di regime contro le manifestazioni
Il timore numero uno delle autorità resta comunque l'effetto contagio delle rivolte. L'accenno al problema dell'inflazione da parte di Wen Jabao peraltro non stupisce, se si pensa che i primi disordini avvenuti in Tunisia hanno avuto come fattore scatenante proprio la protesta per i rincari del pane. Gli eventi in corso in Medio Oriente «hanno causato gravi problemi ai popoli di questi Paesi», scrive oggi il quotidiano di Pechino (Beijing Ribao). «Va notato che, in Cina come all'estero, alcune persone che hanno secondi fini tentano di causare il caos in Cina. Hanno utilizzato internet per incitare a raduni illegali», continua il giornale.

La protesta dei gelsomini
Da due settimane, siti internet con sede all'estero lanciano appelli ai cinesi perchè si radunino ogni domenica in alcuni luoghi delle principali città del Paese per protestare in modo pacifico contro la corruzione e chiedere maggiore trasparenza e libertà. Un forte dispiegamento delle forze dell'ordine ha impedito nelle scorse settimane che si tenessero questi raduni, in particolare a Pechino e Shanghai.

Oggi, il Quotidiano di Pechino ha invitato la popolazione cinese a «difendere l'armonia e la stabilità» e a non permettere che poche persone, all'estero e in Cina, «sfruttino i problemi che esistono nel nostro sviluppo e causino problemi». E poi la conclusione: «Tutti sanno che la stabilità è un bene e il caos una sciagura».


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