Dead men working

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dgambera
00domenica 24 luglio 2011 23:19
dgambera
00mercoledì 27 luglio 2011 15:18
Alla Honda lo staff leasing entra in catena di montaggio

RIM, licenziamenti a tappeto

La società canadese taglierà il 10 per cento della sua forza lavoro globale. Questione di ottimizzazione dei costi e riallocazione delle risorse. Pesano i risultati dell'ultima trimestrale
Roma - Ottimizzazione dei costi, riallocazione delle risorse, esigenze di strategia a lungo termine. Sono queste le spiegazioni offerte dalla società canadese Research In Motion (RIM) ai circa 2mila dipendenti che a breve si ritroveranno a dover cercare nuove esperienze professionali.

Il 10 per cento della forza lavoro globale di RIM verrà dunque sacrificata nell'estremo tentativo di tenere il passo svelto di competitor olimpionici come Apple e dispositivi basati su Android. Il gigante canadese cercherà così di eliminare i costi ridondanti, per una nuova strategia di ottimizzazione delle spese.

Si tratta di una mossa già paventata dalla stessa RIM, in seguito ai negativi risultati maturati nell'ultima trimestrale. I vertici della società canadese avevano sottolineato come negli ultimi cinque anni d'attività il numero complessivo dei dipendenti fosse quadruplicato.

Alla notizia dei licenziamenti si è poi aggiunta quella relativa ad un nuovo cambio ai vertici della stessa RIM. A ritirarsi sarà l'attuale Chief Operating Officer (COO) Don Morrison, presto rimpiazzato da Thorsten Heins, che vedrà espandersi il suo ruolo di COO alle divisioni vendita e prodotti della società.

Mauro Vecchio
dgambera
00mercoledì 27 luglio 2011 15:44
Delta Airlines, via 2mila dipendenti per ripianare i costi

Finanzaonline.com - 27.7.11/15:14

Delta Airlines manderà a casa 2000 dipendenti, con appositi programmi di uscita, per bilanciare i costi che hanno danneggiato gli utili della compagnia aerea. I guadagni trimestrali sono stati infatti di 198 milioni di dollari, molto meno dei 467 milioni di un anno fa. Il traffico aereo del gruppo di Atlanta è aumentato, come anche il fatturato: +13% a 882 milioni di dollari. A vanificare il risultato sono intervenuti però i costi del carburante, rincarati del 39% a 3,22 dollari il gallone in un anno. Le prospettive per il terzo trimestre sono per una spesa per i carburanti in discesa a 3,20 al gallone, con un margine operativo per la società previsto in aumento al 7/9%.


Fonte: Finanza.com
FraMI
00lunedì 1 agosto 2011 14:25
Ma questi non erano già falliti?
IL CASO

La banca Hsbc taglia 30 mila posti di lavoro
Utili superiori alle attese: 9,2 mld. Profitti in crescita del 36%.
[SM=g7626] Bas..ta..rdi... [SM=g1746735]


www.lettera43.it/economia/aziende/22345/la-banca-hsbc-taglia-30-mila-posti-di-la...
(sylvestro)
00lunedì 1 agosto 2011 18:49
serafin.
00martedì 2 agosto 2011 16:34
Operaio Fiat tenta suicidio dopo lettera nuova Cig
Impiegato a Pomigliano d'Arco, in cassa integrazione gia' da tre anni

L'uomo ha due figli, di 18 ed 11 anni, ed in questi giorni ha ricevuto la lettera della Fiat con la quale l'azienda sta informando i propri dipendenti della cig di due anni per cessazione attività dello stabilimento Giambattista Vico. Lo stabilimento chiuderà per lasciare il posto alla newco Fabbrica Italia Pomigliano, dove si produrrà il modello della nuova Panda.


[SM=g7591]


www.ansa.it/web/notizie/rubriche/cronaca/2011/08/02/visualizza_new.html_759288...
dgambera
00martedì 2 agosto 2011 17:59
Un milione di robot nelle fabbriche dell'iPhone


La Foxconn, che costruisce i dispositivi di Apple, Amazon, Sony, Dell, annuncia di voler incrementare il numero di automi nelle sue fabbriche. Dai 10 mila di oggi, a 300 mila l'anno per i prossimi tre anni. A rischio un milione e 200 mila posti di lavoro. In quest'azienda, nel 2010, si sono verificati una serie di suicidi di JAIME D'ALESSANDRO

Un milione di robot nelle fabbriche dell'iPhone
ROMA - Impiegare un milione di robot entro tre anni. Il piano è della Foxconn International Holdings, la più grande multinazionale in fatto di componenti elettronici con un giro d'affari da circa 60 miliardi di dollari. Colosso taiwanese che costruisce in Cina dispositivi come iPhone e iPad della Apple, parti della PlayStation 3 della Sony, del Kindle di Amazon e che ha per clienti buona parte dei giganti dell'elettronica, da Dell a Nintendo, passando per Microsoft, Acer, Nokia, Intel.

I suoi dipendenti, un milione e duecentomila persone concentrate soprattutto nelle tredici fabbriche cinesi, potrebbero quindi perdere il lavoro a breve. Terry Gou, fondatore e amministratore delegato della compagnia, ha appena annunciato di voler aumentare il numero di automi nella sua azienda facendoli passare dalle attuali diecimila unità a circa trecentomila per il prossimo anno. Con l'obbiettivo di raggiungere il milione entro il 2014.

Un piano industriale che non ha precedenti. Basti pensare che il mercato dei robot valeva fino ad oggi 16 miliardi di dollari. Potendo contare, al di là della forma o della funzione, su poco più di un milione di unità attive in tutto il mondo. In Giappone, Stati Uniti, Corea del Sud, Cina, Germania e Italia ne sono stati venduti 53 mila nel 2010, dei quali circa 2900 nel nostro Paese. I robot industriali, la maggioranza, vengono impiegati appunto nella fabbricazione di tecnologia di consumo, di automobili e nella farmaceutica. Almeno stando alla International Federation of Robotics,
associazione che dal 1987 studia questo settore.

La Foxconn era già finita sotto i riflettori nel 2010 a causa della serie di suicidi 1 avvenuti a gennaio e febbraio fra i suoi dipendenti. Quattordici persone che si son tolte la vita a causa delle dure condizioni di lavoro e delle discriminazioni, presunte, fra impiegati di Taiwan e impiegati cinesi. Lo scandalo aveva portato a una serie di indagini interne, a una difesa d'ufficio di Steve Jobs 2, capo di Apple, e a un modulo di impegno per non commettere suicidio fatto firmare dalla Foxconn agli operai. All'epoca Terry Gou aveva dichiarato di esser talmente preoccupato per quanto accaduto da non poter più dormire la notte.

L'impiego di un milione di robot dovrebbe risolvere alla base il problema, almeno dal suo punto di vista. Si tratta di una decisione che altre aziende che costruiscono in Cina potrebbero seguire, dando vita a un processo che avrà effetti simili alla deindustrializzazione di Detroit e del Michigan. Fra il 2000 e il 2008, nella cosiddetta Motor City, a causa dello spostamento nei Paesi emergenti della produzione di automobili, si persero 150 mila posti di lavoro. Ultima fase di un lungo declino, ne parlò anche Michael Moore nel suo primo documentario Roger & Me, che ha dimezzato gli abitanti della metropoli americana dai due milioni degli anni Cinquanta ai 713 mila di oggi.

Stavolta però il fenomeno è su scala maggiore e accadrà più velocemente, investendo in particolar modo Shenzhen, città costiera cinese dove sono concentrate molte delle fabbriche della Foxconn.

(01 agosto 2011) © Riproduzione riservata

dgambera
00mercoledì 3 agosto 2011 11:00
Sembrerebbe si stia prendendo una certa direzione....

Cassa integrazione in calo a luglio (-29%), ma non è ancora ripresa

articoli di Claudio Tucci e Francesco Prisco 3 agosto 2011


di Claudio Tucci
Nuova frenata a luglio delle richieste di cassa integrazione (Cig) da parte delle imprese. Con 80,7 milioni di ore autorizzate si assiste a un calo del 2,1% rispetto a giugno scorso, quando sono state autorizzate 82,4 milioni di ore. Al Centro la contrazione maggiore di richieste di Cig (-16,6% a livello congiunturale). Segno meno anche nel Nord Est (-5,8%) e nel Nord Ovest (-5,7 per cento). In controtendenza invece il Sud, con un aumento di ore autorizzate (luglio 2011 su giugno 2011) del 22,8 per cento.

La rilevazione è arrivata ieri dall'Inps che ha fatto sapere anche come rispetto a un anno fa (a luglio 2010 furono autorizzate 113,4 milioni di ore) le richieste di Cig siano a oggi calate del 28,8 per cento. Tra i settori produttivi la diminuzione più forte di domande di Cig è arrivata dall'artigianato (-62,7% a livello tendenziale), seguito dall'industria (-25,3%), dal commercio (-14,3%), dall'edilizia (-10,6 per cento).

Complessivamente nei primi sette mesi del 2011 sono state autorizzate 591,8 milioni di ore di Cig (-20,8% rispetto allo stesso periodo del 2010). Il dato è positivo, ha commentato il presidente dell'Inps, Antonio Mastrapasqua, ma la flessione di richieste di Cig registrata a luglio «assume un particolare significato sia perché viene dopo la decisa frenata segnata a giugno (-20,1% su maggio 2011) sia perché luglio è storicamente un mese di aumento delle domande di cassa integrazione».

I dati Inps parlano, a livello nazionale, di una diminuzione tendenziale di tutte le categorie di cassa integrazione. Tra luglio 2010 e luglio 2011 infatti le richieste di cassa integrazione in deroga (Cigd) sono scese del 29,5%, quelle di cassa integrazione straordinaria (Cigs) del 29,2 per cento. Le richieste di cassa integrazione ordinaria (Cigo) sono calate invece del 27,2%, ma a livello congiunturale (luglio 2011 su giugno 2011) si registrano dati in controtendenza, con una crescita della Cigo del 7,9 per cento. «A testimonianza - ha commentato Carlo Dell'Aringa, economista del lavoro all'università Cattolica di Milano - che siamo di fronte a una nuova fase di stanca dell'occupazione dopo i primi segnali di ripresa fatti registrare in primavera soprattutto nel settore industriale». L'aumento congiunturale della Cigo, ha aggiunto Dell'Aringa, «significa che nuove imprese entrano in una fase di difficoltà. E fa riflettere anche il calo delle richieste di sussidi (tra giugno 2011 e giugno 2010 le domande di disoccupazione sono scese del 5,8% e quelle di mobilità del 33,4%) dovuto pure all'esaurimento dei trattamenti di integrazione salariale e all'aumento della disoccupazione di lunga durata (quella cioè superiore a un anno)».

Di diverso avviso Giuliano Cazzola del Pdl che giudica comunque «positiva» la frenata della Cig registrata a luglio: «Un primo effetto che la ripresa economica sta investendo anche il mercato del lavoro, come evidenziato pure dai dati di lunedì scorso dell'Istat sul tasso di disoccupazione che in Italia resta stabile e sotto la media Europea». «Un ottimismo fuori luogo», attacca Fulvio Fammoni della Cgil che evidenzia come i numeri resi noti dall'Inps confermino in realtà «un trend che porterà le ore di Cig autorizzate nel 2011 attorno al miliardo e cioè, dopo due anni di crisi, allo stesso dato del 2009 e con in più molte persone che continueranno a vivere per il secondo e terzo anno consecutivo con una indennità di 700 euro al mese».

«Siamo sempre più distanti dai picchi negativi del 2010», osserva invece Giorgio Santini della Cisl: «Ma l'uscita dalla crisi è ancora lontana e per questo non bisogna abbassare la guardia e compiere ora un vero e proprio investimento economico e sociale nelle politiche attive del lavoro per ricollocare e riqualificare i disoccupati e i cassintegrati, incentivando con le risorse disponibili le aziende che assumono specie in aree di crisi». D'accordo Guglielmo Loy della Uil che intravede però un segnale positivo nella diminuzione di Cigs e Cigd: «Denota una potenziale uscita di una parte delle aziende da crisi più strutturali e di piccole e piccolissime imprese che potrebbero avere ripreso a camminare con le loro forze. In ogni caso - aggiunge - saranno i prossimi mesi e il dato delle ore realmente utilizzate dalle imprese a dirci se il sistema produttivo sta dando segnali di uscita dall'empasse». A chiedere infine un intervento «immediato» di Governo e Regioni è anche Nazzareno Mollicone dell'Ugl: «I dati Inps dimostrano che esiste uno stock 'non assorbito' di lavoratori per i quali è indispensabile attuare programmi di reimpiego basati sulla formazione qualificata e mirata alle effettive esigenze produttive del territorio».

©RIPRODUZIONE RISERVATA



.... ma la realtà è ben diversa

La crisi in Campania: 36mila posti a rischio

di Francesco Prisco 3 agosto 2011


Fincantieri, Irisbus, Firema e non solo. La Campania, terra di eterne emergenze, a quanto pare è anche patria delle vertenze lavorative a ostacoli: in questo momento se ne contano 379 per un totale di quasi 36mila addetti che rischiano il posto.

Le stime arrivano dalla Cisl e sono persino arrotondate per difetto: «I sindacati - commenta il segretario regionale Lina Lucci - gestiscono direttamente soltanto le crisi di dimensioni maggiori, quelle che insomma hanno a che fare con l'industria e i servizi». Se si allarga il discorso a commercio e artigianato, in tutta probabilità torna buono il dato fornito a inizio anno dalla Regione che quantificò in 590 le vertenze in corso.

Curioso il quadro che si ricava a provare a definire le coordinate geografiche dei principali focolai di crisi: il numero più alto di vertenze (addirittura 154) spetta alla provincia di Caserta, un tempo seconda soltanto a quella di Milano per densità di imprese. Qui si avverte il peso della ormai storica sofferenza del comparto chimico, ma non se la passa bene neanche l'industria meccanica: vedi alla voce Firema, con 300 dei suoi 510 addetti che da ormai un anno tirano avanti ad ammortizzatori sociali. Segue la provincia di Napoli (86 vertenze in corso), dove in questo momento tiene banco soprattutto la vicenda Fincantieri che vede in bilico il futuro di 670 dipendenti diretti e 1.200 dell'indotto. A stretto giro fa seguito la provincia di Avellino, teatro di 83 crisi, davanti a Salerno e Benevento, dove le vertenze sono rispettivamente 43 e 13.

Diverse le 'gerarchie' per quanto riguarda il numero di addetti che rischiano il posto di lavoro in questa concitata fase dell'economia regionale: stavolta la leadership spetta alla provincia di Avellino, dove appaiono in bilico addirittura 14.426 addetti. Peserà sicuramente la vicenda di Irisbus, costola del gruppo Fiat Industrial in via di dismissione (proprio oggi è in programma un vertice governo-sindacati a Roma che potrebbe essere risolutivo) con 685 lavoratori diretti e 2.000 dell'indotto che attendono di conoscere il proprio destino. Grave comunque anche la situazione di Napoli (10.278 dipendenti a rischio) e Caserta (oltre ottomila unità), mentre decisamente meglio se la passano Salerno e Benevento, entrambe con poco più di 1.400 posti in bilico.

Dato lo scenario di fondo, si preannuncia a tutti gli effetti come un autunno caldo. Proprio il segretario campano di Cisl Lina Lucci nei giorni scorsi ha inviato al governatore Stefano Caldoro, ai presidenti delle province e ai sindaci dei comuni capoluogo un documento che, oltre a fotografare le crisi in atto, invoca «un recupero della credibilità di tutte le forze politiche della Campania». Un testo che innanzitutto fa da pungolo a Palazzo Santa Lucia affinché pressi sempre di più il governo nazionale e lo convinca «a liberare le risorse della Campania sulla base dei comportamenti virtuosi già in essere (risanamento dei conti e loro stabilità, piano di rientro della sanità) non per mero assistenzialismo come fatto in passato».

In più mette in mora l'attività di tre assessorati regionali: quello alle Attività produttive e ai trasporti, per la sua «assenza di iniziativa politica e propositiva» in vicende come quella dei contratti di programma e per la mancata predisposizione del Piano trasporti; quello al Personale che «a oltre un anno dall'annuncio di un progetto di riforma della macchina amministrativa della Giunta Regionale non lo ha mai presentato»; quello all'Urbanistica che tenendo «fermo il confronto sulla riqualificazione dei centri storici e sulla edilizia pubblica» concorre all'impasse in cui versa il settore delle costruzioni. «Abbiamo fin qui lasciato lavorare l'esecutivo regionale - dichiara Lucci -. Sapevamo che la situazione che hanno trovato, all'indomani del proprio insediamento, non era delle più facili. Ora non è più tempo di aperture di credito in bianco: passiamo a valutare la produttività della nostra classe dirigente. Mandiamo a casa chi non è in grado di sbloccare le risorse che potrebbero rimettere in moto la regione».

©RIPRODUZIONE RISERVATA

dgambera
00lunedì 8 agosto 2011 16:50
Scioperano 45mila dipendenti di Verizon. Il Ceo: le reti fisse sono in declino, servono misure drastiche

di Gianni Rusconi 8 agosto 2011


Si tratta di una delle più grandi mobilitazioni che la storia recente americana ricordi. La prima che interessa Verizon Communications, il secondo più grande operatore telefonico degli Stati Uniti, da 11 anni a questa parte.

Da ieri domenica 7 agosto a mezzogiorno i rappresentanti dei lavoratori - e più precisamente la Communications Workers of America (Cwa) e la International Brotherhood of Electrical Workers (Ibew) - hanno invitato a incrociare le braccia circa 45mila dipendenti (un quarto della forza lavoro complessiva della compagnia) operativi nelle aree North East e Mid-Atlantic del Paese, la maggioranza dei quali tecnici o addetti al call center. Per il momento non sembrano esserci stati particolari disagi per la clientele di Verizon – che ha predisposto una task force interna di 40mila unità per ovviare al problema – ma non è escluso che lo sciopero, se dovesse protrarsi ancora (nel 2000 la protesta proseguì per 18 giorni e interessò 28 milioni di clienti provocando un buco di fatturato di 40 milioni di dollari), possa impattare sia sulle attività di customer support che sull'efficienza di servizi quali la televisione via cavo Fios di Verizon.

Le ragioni alla base della "rivolta", che le organizzazioni di cui sopra minacciano di non interrompere in assenza di un accordo fra le parti? Il mancato rinnovo da parte di Verizon del contratto scaduto il 6 di agosto alle condizioni richieste dalle parti sociali. L'azienda di New York ha infatti mantenuto la linea dura sulle proprie posizioni oggetto della trattativa iniziata a luglio, e nel dettaglio la possibilità di poter licenziare più facilmente gli addetti in esubero, riconoscere incentivi unicamente in funzione dei risultati, fermare la maturazione dei contributi pensionistici almeno per il 2011 e ricevere dalle associazioni sindacali un supporto per il pagamento degli oneri sanitari.

Tutto nasce, come ha ribadito senza mezzi termini il Ceo della società Lowell McAdam in una lettera inviata ufficialmente a tutti i dipendenti della divisione Wireline e al Corporate management, dai problemi che affliggono da tempo il business delle reti fisse, i cui ricavi sono in costante declino (i clienti attivi sono scesi a fine 2010 ancora dell'8% a complessivi 26 milioni) in relazione allo spostamento delle utenze sui servizi wireless e di rete mobile. «È chiaro – ha scritto il manager – che alcuni dei termini del contratto di lavoro, negoziati quando Verizon era in una fase di minore pressione competitiva, non sono più in linea con la realtà economica di oggi». Il Ceo di Verizon ha anche rimarcato come grazie al contratto in essere fino all'altro ieri «i costi legati ai benefit dei lavoratori siano cresciuti in modo consistente sebbene il business della divisione wireline si sia progressivamente ridotto». Da uno dei responsabili della Ibew è subito arrivata una pepata risposta alla compagnia – «queste non sono negoziazioni, sono un insulto» – mentre dall'altra organizzazione, la Cwa fanno notare come Verizon sia un'azienda profittevole, che paga molto bene i suoi senior executive e che non corre il rischio di uscire dal business dei servizi telco.

©RIPRODUZIONE RISERVATA

labottegadelfuturo
00mercoledì 10 agosto 2011 11:00
e le poste non pagano i premi di risultato

PREMIO DI RISULTATO 2011 – 2013: UNA VERITA’ SCOMODA

La trattativa sul rinnovo del Premio di Risultato scaduto il 31 dicembre scorso sta registrando una fase di stallo che mette a forte rischio sia il recupero delle somme ingiustamente non percepite dai lavoratori con il saldo di giugno, sia il pagamento dell’anticipo 2011 previsto per il mese di settembre.

L’Azienda, dopo alcune riunioni interlocutorie, ha sospeso gli incontri sulla materia il 12 luglio ed ha infine palesato la sua vera intenzione: rinviare la trattativa sul Premio.
Lo ha fatto subordinando, in modo strumentale, la prosecuzione della trattativa sul PdR all’avvio del confronto sul CCNL di settore e poiché questo avverrà non prima dell’autunno, risulta chiara la volontà aziendale di rinviare il rinnovo del PdR ad un tempo indefinito e di non pagare l’anticipo di settembre.
Nessuna Organizzazione Sindacale si è sottratta all’impegno, assunto in sede di rinnovo del contratto di Gruppo, di avviare la trattativa sul CCNL di settore, semmai abbiamo evidenziato che un contratto di settore deve vedere coinvolti tutti i soggetti datoriali – oltre che sindacali - operanti nel mercato postale.

Per questo motivo abbiamo auspicato una iniziativa specifica del Regolatore (il Ministero dello Sviluppo Economico), quale soggetto super partes, in grado di governare in modo equilibrato l’avvio di questa delicata fase.

La mancata conclusione, in tempo utile per il pagamento dell’anticipo 2011, della trattativa sul PdR produrrà il crollo verticale delle motivazioni dei lavoratori (già duramente messe alla prova dalle inefficienze aziendali – vedi SDP -, dalle carenze di organico e, non ultimo, dalla iniqua distribuzione dei premi e di MBO ai dirigenti), con prevedibili gravi ripercussioni sul raggiungimento dei risultati commerciali e di qualità del servizio.

Negli uffici ormai è diffuso tra i lavoratori il convincimento che ci siano molti soldi per pochi eletti e pochi soldi per i molti che ogni giorno fanno grandi sacrifici per tenere in piedi l’Azienda, ed anche ciò genera malumore.

Per questi motivi invitiamo l’Azienda ad un ripensamento, in mancanza del quale saremo costretti ad assumere iniziative di lotta a difesa del salario dei lavoratori; per gli stessi motivi abbiamo comunicato che ogni altra materia di confronto non potrà che essere affrontata dopo la chiusura della trattativa sul Premio.

Roma, 4 agosto 2011



fonte: Comunicato sindacale unitario
dgambera
00mercoledì 10 agosto 2011 17:03
Secondo me la vera mazzata al mercato immobiliare arriverà di sponda

Licenziamenti più facili

di Giorgio Pogliotti 10 agosto 2011


ROMA. Licenziamenti più facili e maggior spazio alla contrattazione aziendale. Sono le due direzioni di marcia delle misure che saranno annunciate oggi dal ministro del Lavoro e Politiche sociali Maurizio Sacconi alle parti sociali. Nei decreti legislativi dello Statuto dei lavori verrà individuato un nucleo di diritti universali e indisponibili.

Tutte le altre tutele - tra queste, la disciplina sui licenziamenti - saranno nella disponibilità delle parti sociali che potranno decidere attraverso la contrattazione: il caso tipico è quello dello start-up di un imprenditore del Sud che chiede per un certo numero di anni la non applicazione dell'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori. Inoltre il ministro intende potenziare il ruolo della contrattazione aziendale, attraverso i contratti di 'prossimità', alternativi rispetto ai contratti nazionali, sul modello di quanto fatto con le intese separate per la Fiat di Pomigliano e di Mirafiori.
In questo modo il ministro Sacconi intende rispondere alla Bce che ha sollecitato il superamento dell'attuale dualismo del mercato del lavoro, con minori rigidità nelle norme sui licenziamenti. Sacconi oggi pomeriggio rilancerà la richiesta - già avanzata a sindacati e imprese con la lettera dello scorso 11 novembre - affinché promuovano un avviso comune sullo Statuto dei lavori. I contenuti verrebbero recepiti dal ministro nei decreti legislativi che serviranno per la redazione dello Statuto dei lavori, il testo unico che sostituirà lo Statuto dei lavoratori, la legge 300 del 1970.
Nel Ddl, che si compone di due articoli, è contenuta la delega al governo per la «razionalizzazione e semplificazione» del diritto del lavoro con «l'obiettivo di ridurre almeno del 50% la normativa vigente», anche con «l'abolizione delle normative risalenti nel tempo».

Come già detto, è prevista l'identificazione di un nucleo di diritti universali e indisponibili - di rilevanza costituzionale e coerenti con la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea - da applicare ai rapporti di lavoro dipendente e alle collaborazioni a progetto in regime di sostanziale monocommittenza. La parte rimanente di tutele potrà essere modulata dalle parti sociali con la contrattazione collettiva «valorizzando il ruolo e le funzioni degli organismi bilaterali». Si terrà conto dell'andamento economico dell'impresa, del territorio o del settore di riferimento. Con un riguardo particolare per le crisi aziendali e occupazionali, l'avvio di nuove attività, la realizzazione di significativi investimenti e gli obiettivi di incremento della competitività e di emersione del lavoro nero e irregolare. È prevista anche l'estensione degli ammortizzatori sociali mediante contribuzioni corrispondenti alle prestazioni, senza oneri aggiuntivi di finanza pubblica.

Con il secondo intervento il ministro Sacconi intende, invece, consolidare gli effetti dell contrattazione aziendale, dando forza di legge alle novità contenute nell'accordo interconfederale firmato unitariamente dalle parti sociali lo scorso 28 giugno. L'intesa prevede l'efficacia erga omnes dei contratti aziendali, vincolanti per tutte le sigle firmatarie, se approvati dalla maggioranza delle rappresentanze sindacali. Inoltre i contratti aziendali per aderire alle esigenze di specifici contesti produttivi, possono modificare la disciplina del contratto nazionale sulla prestazione lavorativa, gli orari e l'organizzazione del lavoro, avendo efficacia per tutti, in situazioni di crisi, di investimenti significativi per lo sviluppo economico-occupazionale.

Tuttavia il piano del ministro Sacconi si scontra con l'ostilità del sindacato che, come ha detto il leader della Cisl, Raffaele Bonanni, non vuole «interferenze della politica su un terreno che è proprio delle parti sociali», soprattutto dopo che è stato raggiunto un accordo unitario lo scorso 28 giugno. Sull'articolo 18 Bonanni rileva che «non c'è richiesta da parte di nessuno tra le parti sociali».

Ancora più dura la Cgil, ostile a qualsiasi intervento che contempli il superamento dell'articolo 18 dello Statuto del 1970. «Il ministro punta a manomettere lo Statuto dei lavoratori ‐ sostiene il segretario generale della Cgil, Susanna Camusso ‐, sulla scia dell'emergenza cerca di fare quello che non è riuscito a fare a novembre per la nostra opposizione. Intende anche appropriarsi di un accordo trasferendolo in legge, cambiandone il senso. Tutto ciò è inaccettabile».

©RIPRODUZIONE RISERVATA



Alcuni commenti


MINISTRO SACCONI INIZI A DIMINUIRSI IL SUO STIPENDIO A 1000 € AL MESE ...
IL SOTTOSCRITTO PRENDE 850 € DI CASSA INTEGRAZIONE E A FINE ANNO NON AVRA' PIU' UN POSTO DI LAVORO !!
POI SUCCEDERA' UNA RIVOLUZIONE ...
PER TUTTI !

GRAZIE.
SALUTI.


.....

Ogni tanto "riciccia" la questione dell'art. 18 dello Statuto dei Lavoratori. In realtà le necessità economiche che inducono a licenziare o non passano attraverso l'art. 18 o non sono da questo ostacolate. Questo articolo, che semplicemente invoca il controllo giudiziale sulla risoluzione del contratto di lavoro (controllo che con altri articoli del codice è assicurato a tutti i contratti) resta però il chiodo fisso di quanto c'è di più retrivo nell'imprenditoria italiana. L'Italia ha bisogno di più lavoro e di più soldi nelle tasce degli Italiani, perchè la domanda interna possa aumentare e diminuire l'offerta dei servizi. Il richiamo a Marchionni ha un che di irrazionale: i problemi della Fiat non derivano dall'art. 18, ma dal fatto che le auto non vengono acquistate e quelle Fiat meno delle altre. Marchionne, che non ha alcuna preparazione tecnica, che non sia finanziaria, deve ancora dimostrare d'esser capace di vendere automobili.

....


dgambera
00mercoledì 10 agosto 2011 18:06
Ditemi voi come fanno questi a spingere sull'entry-level?

Emorragia-lavoro per i giovani. Mezzo milione di licenziamenti

Nell'indagine di Datagiovani la conferma che s'ingrossa sempre più la fila dei Neet

MILANO - Immaginarli simbolicamente all'interno di uno stesso luogo rende maggiormente l'idea. E' come se le migliaia di persone che riempiono piazza San Giovanni a Roma, gremita a festa durante il 1 maggio, abbiano di colpo perso il lavoro. Il dato è impressionante: 500mila di fatto "licenziati" nel solo 2010, con contratti iper-precari non rinnovati alla scadenza (è la pletora dei giovani con contratti di collaborazione a progetto), spin off aziendali che si traducono in un taglio dei costi, finte partite Iva a cui si riducono notevolmente i margini di manovra se l'unico committente per il quale lavorano decide di ridurre le spese dedicate all'outsourcing.

LO SCENARIO - Il centro di ricerche Datagiovani, studiando come si è evoluta la condizione delle nuovi generazioni (sotto i 35 anni) attraverso gli indicatori Istat, traccia un'istantanea preoccupante. Che assume maggior peso specifico, se si ragiona in termini previdenziali, con i nati dopo il 1975 che mediamente - al termine della loro vita lavorativa - percepiranno meno dell'assegno sociale. In dati disaggregati si tratta di circa 210mila giovani che hanno perso il posto di lavoro, a cui vanno aggiunti circa 220mila persone che sono passati dalla condizione di "occupato" a quella di "inattivo", perché si sono rimessi a studiare o perché sono semplicemente scoraggiati. In termini assoluti - rileva l'istituto - sono circa 686mila gli under 35 alla ricerca di occupazione.

LA GEOGRAFIA DELLA "TENSIONE" - E non sorprende che la caratteristica forma a stivale del Belpaese sia in termini - occupazionali - di fatto ribaltata. A soffrire maggiormente le ragioni del Nord, quelle teoricamente deputate a trainare il Paese in termini di produttività. Piemonte, Lombardia, Veneto - modelli di specializzazione produttiva basata sulla combinazione tra le avanguardie nel settore dei servizi (Milano e Torino, le capofila) e il tessuto delle pmi, fortemente presenti nel Nord-est - non riescono ad attrarre forza-lavoro giovane come dovrebbero (impoverendo il Paese anche in termini di innovazione e dinamismo). E soprattutto - scrive Datagiovani - si caratterizzano per un elevato rischio di cessazione di rapporti esistenti (circa il 25% dei disoccupati del 2010 è rappresentato da ragazzi che l'anno prima lavoravano nelle regioni settentrionali). Mentre rispondono meglio - si fa per dire - Molise, Campania e Calabria, probabilmente per un mercato del lavoro molto più statico. Che tende a reagire con maggiore lentezza, in termini positivi come negativi, alla jobless recovery. In un'Italia sfiduciata, preda della speculazione dei mercati e sull'orlo di una nuova recessione.

Fabio Savelli
10 agosto 2011 17:48© RIPRODUZIONE RISERVATA
dgambera
00mercoledì 24 agosto 2011 15:02
In Italia il record europeo della disoccupazione giovanile: senza lavoro più un milione di under 35

di Claudio Tucci 24 agosto 2011


L'Italia ha il record negativo in Europa per la disoccupazione giovanile: sono 1.138.000 gli under 35 senza lavoro. A stare peggio i ragazzi fino a 24 anni: il tasso di disoccupazione in questa fascia d'età è del 29,6 per cento. Vale a dire: uno su tre è senza lavoro, rispetto al 21% (uno su cinque) della media europea. A fotografare la situazione (poco rosea) del mercato del lavoro italiano è l'ufficio studi della Confartigianato che rileva come tra il 2008 e il 2011, anni della grande crisi, gli occupati under 35 siano diminuiti di 926.000 unità.

Al Sud la situazione più critica
Se a livello nazionale la disoccupazione delle persone fino a 35 anni si attesta al 15,9%, va molto peggio nel Mezzogiorno dove il tasso sale a 25,1%, pari a 538.000 giovani senza lavoro. La Sicilia è la regione con la maggior quota di disoccupati under 35, pari al 28,1%. Seguono la Campania con il 27,6%, la Basilicata con il 26,7%, la Sardegna con il 25,2%, la Calabria con il 23,4% e la Puglia con il 23%. Le condizioni migliori per il lavoro dei ragazzi si trovano invece in Trentino Alto Adige dove il tasso di disoccupazione tra 15 e 34 anni è contenuto al 5,7%. A seguire la Valle d'Aosta con il 7,8%, il Friuli Venezia Giulia con il 9,2%, la Lombardia con il 9,3% e il Veneto con il 9,9 per cento.

Mercato del lavoro difficile anche per gli adulti
Il rapporto di Confartigianato mette in luce pure un peggioramento della situazione anche per gli adulti. La quota di inattivi tra i 25 e i 54 anni arriva al 23,2%, a fronte del 15,2% della media europea, e tra il 2008 e il 2011 è aumentata dell'1,4%, mentre in Europa è diminuita dello 0,2%. In un contesto così critico lo studio di Confartigianato rivela paradossi tutti italiani sul fronte dell'istruzione e della formazione che prepara al lavoro. Per il prossimo anno scolastico 2011-2012, infatti, è previsto un aumento del 3% degli iscritti ai licei e una diminuzione del 3,4% degli iscritti agli istituti professionali. Nel frattempo, le imprese italiane, nonostante la crisi, denunciano la difficoltà a reperire il 17,2% della manodopera necessaria.

Fumagalli: l'apprendistato aiuta a trovare lavoro
Una strada per facilitare l'ingresso dei giovani nel mercato del lavoro, sottolinea il segretario generale di Confartigianato, Cesare Fumagalli, è rappresentata dall'apprendistato. Secondo la rilevazione di Confartigianato gli apprendisti in Italia sono 592.029. In particolare l'artigianato è il settore con la maggiore vocazione all'utilizzo di questo contratto: il 12,5% delle assunzioni nelle imprese artigiane avvengono infatti con l'apprendistato, a fronte del 7,2% delle aziende non artigiane.

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laplace77
00giovedì 1 settembre 2011 17:20
riassuntino so far...

...not so good...

fonte: repubblica

MANOVRA

Cgil: dall'Eutelia alla Vinyls
le 20 crisi-simbolo per cui scioperare


Il sindacato rilancia le ragioni della protesta: "Manovra depressiva: non c'è nulla per risolvere le vertenze industriali aperte e rilanciare lo sviluppo". I numeri: 187 tavoli aperti al Mise, 225mila lavoratori coinvolti, 500mila in cassa integrazione


ROMA - Cento e 87 tavoli di crisi ancora aperti al ministero dello Sviluppo economico, 225mila lavoratori il cui futuro occupazionale è in bilico anche da due anni e poi 500mila dipendenti in cassa integrazione, 380mila dei quali in cassa straordinaria e in deroga. Sono i numeri che la Cgil ricorda nel rilanciare le ragioni dello sciopero generale del 6 settembre. "La manovra è depressiva e recessiva - dice Vincenzo Scudiere, segretario confederale della Cgil - , priva di misure utili alla risoluzione delle tante crisi industriali ancora aperte nel nostro paese, alle quali è legato il futuro occupazionale di migliaia di lavoratori". In gravi difficoltà, sottolinea la Cgil sono i macro settori produttivi, come testimoniano le numerose vertenze legate alla chimica, all'itc (information and communications technology), ma anche al settore farmaceutico, navalmeccanico, degli elettrodomestici, della ceramica, del mobile imbottito e dei trasporti. Ecco le 20 vertenze simbolo ricordate oggi dalla Cgil.

Agile-Eutelia - Coinvolge 1.900 lavoratori. I sindacati rivendicano urgentemente la presentazione dei bandi relativi alla vendita dell'azienda. Risulta ancora mancante l'atto di indirizzo del ministero, mentre c'è una manifestazione di interesse da parte del manager italoamericano Mark
De Simone.

Alenia - Il futuro del gruppo, a crisi non formalizzata la situazione, preoccupa soprattutto per l'impatto che avrebbe nel Mezzogiorno (Campania e Puglia su tutte) dove Alenia aeronautica impiega quasi 12mila lavoratori, 5mila dei quali concentrati in Campaniaa, mentre l'indotto ne occupa circa il doppio.

Atitech - Sindacati e lavoratori denunciano un inesorabile declino dello stabilimento di Capodichino di Napoli che si occupa di manutenzione aeronautica. Il calo progressivo delle commesse provoca un ricorso sempre più massiccio alla cassa integrazione straordinaria per i circa 700 lavoratori impiegati.

Basell - Punto focale della crisi della chimica in Umbria, la multinazionale Lyondell Basell ha aperto da oltre un anno una crisi che mette a rischio il lavoro di 150 operai in cassa integrazione e ormai prossimi al licenziamento. Centinaia poi i posti che gravitano nell'indotto. Si susseguono le proteste e i blocchi negli stabilimenti ternani per scongiurare la dismissione degli impianti.

Eaton - La fabbrica di Massa è occupata dal 6 ottobre 2010, da quando cioè la multinazionale Eaton ha deciso di chiudere uno stabilimento che impiegava oltre 300 operai nella produzione di componentistica per l'industria dell'auto. Al momento nessuna soluzione in vista.

Eurallumina - Allo stabilimento Eurallumina di Portovesme, in stand by da oltre due anni, sono ancora 800 gli operai parcheggiati in cassa integrazione mentre se ne contano appena 35 in attività e a rotazione.

Gruppo Fiat - Termini Imerese chiuderà le produzioni il 31 dicembre. Nessuno dei piani industriali al vaglio dell'advisor pubblico Invitalia può garantire occupazione ai 2.300 Lavoratori del sito siciliano e il loro futuro oscuro. Intanto, dopo la chiusura della fabbrica Cnh di Imola, avvenuta il primo giugno scorso, il Lingotto ha annunciato la cessione dello stabilimento Irisbus di Flumeri, in provincia di Avellino, al gruppo imprenditoriale molisano Di Risio. Circa 700 dipendenti (più l'indotto) sono contrari alla cessione. Lo stabilimento Irisbus dipende da Fiat Industrial ed ha prodotto finora autobus per trasporto pubblico.

Fincantieri - E' stato ritirato il piano industriale che prevedeva 2.551 esuberi più la chiusura dei cantieri di Sestri Ponente e Castellammare di Stabia, e il ridimensionamento drastico per Riva Trigoso, ma il confronto sul futuro del gruppo è fermo. Attualmente sono in cassa integrazione circa 2mila lavoratori pari al 25% del totale.

Ideal standard - La crisi di punta del distretto della ceramica di Civita Castellana, nel Lazio, che conta oltre 3.000 operai in cassa integrazione. Di questi in circa 700 sono in capo alla Ideal Standard.

Magona - A settembre parte la mobilità nello stabilimento Magona di Piombino che fa capo al gruppo Arcelormittal. L'azienda, specializzata nella produzione di acciai speciali, occupa tra diretti e indiretti circa 700 lavoratori. La scelta sarà su base volontaria almeno a settembre, per poi passare a ottobre a una fase di uscita incentivata sempre volontaria.

Gruppo Antonio Merloni - I commissari straordinari dell'azienda avrebbero restituito la caparra di 2 milioni all'azienda iraniana Mmd, che avrebbe dovuto rilevare gli stabilimenti. I lavoratori coinvolti sono 2.350, più qualche centinaio di piccole e piccolissime imprese dell'indotto. Sarebbero in corso contatti con altri imprenditori, ma non ci sono certezze nell'immediato.

Omsa - Sono in corso le verifiche sul riutilizzo dello stabilimento Omsa di Faenza e per la salvaguardia dell'occupazione. La scelta della capogruppo di spostare la produzione in Serbia lascia in bilico le 346 operaie del sito di Faenza e le circa 400 della Golden Lady di Gissi, in Abruzzo.

Pfizer - Si trascina senza soluzione in vista la vicenda del centro di ricerca farmaceutica Pfizer di Catania. Il sito del capoluogo etneo dell'azienda è in stato di agitazione dall'apertura della procedura di mobilità per 151 lavoratori dello stabilimento.

Phonemedia - Un caso drammatico di crisi irrisolta. L'ex Phonemedia, fino a tre anni fa colosso dei call center con 12 sedi sparse in tutta Italia, ha lasciato senza lavoro circa 5.200 addetti, solo una parte dei quali beneficia della cassa integrazione, spesso pagata con mesi e mesi di ritardo.

Porto Gioia Tauro - Dopo tre giorni di sciopero che hanno bloccato l'attività nello scalo, è passato il referendum sull'intesa siglata da sindacati e il terminalista Mct sulla cassa integrazione nel porto di Gioia Tauro. L'ipotesi di accordo prevede il ritiro dei 467 esuberi (su 1.067 dipendenti) annunciati da Mct in cambio di una cassa di 12 mesi a rotazione per 971 unità.

Severstal-Lucchini - C'è stato un accordo con le banche per l'avvio di un processo di ristrutturazione del debito da 770 milioni di euro delle acciaierie Lucchini. Ora va sondato il terreno per l'ingresso di nuovi acquirenti nell'azienda che vanta in Italia cinque stabilimenti (Piombino, Bari, Lecco, Trieste e Candove nel Torinese). Al momento dei 2.800 operai impiegati nel gruppo ce ne sono 500 ad alto rischio. Ad agosto nel sito di Piombino sono stati in cassa integrazione ordinaria 1.600 Lavoratori.

Sirti - Il gruppo specializzato nel settore della telefonia, impianti, apparecchi e reti, occupa circa 4.400 persone ed ha presentato una richiesta di cassa integrazione straordinaria con il preannuncio di alcune centinaia di esuberi.

Thyssenkrupp - La multinazionale dell'acciaio ha confermato l'intenzione di procedere allo scorporo dell'area inox, ma non sono ancora chiari tempi e modalità. La decisione avrebbe effetti diretti sullo stabilimento di Terni e sulle prospettive occupazionali dei suoi circa 3.000 lavoratori.

Videocon - L'azienda di Anagni, produttrice di televisori, si avvia ormai verso il fallimento con 1.300 operai che rischiano di perdere definitivamente il posto di lavoro. Al tavolo aperto presso il Mise si è deciso infatti nei giorni scorsi di abbandonare il percorso per la certificazione del debito dell'azienda, procedendo verso il concordato preventivo e la probabile apertura di una procedura fallimentare.

Vinyls - Sembra definitivamente tramontata l'ipotesi di una vendita in blocco dei tre stabilimenti (Porto Marghera, Ravenna e Porto Torres) a favore di uno 'spezzatino'. Per Ravenna l'ipotesi più accreditata sembra essere quella della Igs di varese. Mentre per Marghera e Porto Torres ogni ipotesi sul futuro è rimandata. Senza contare l'indotto che gravita intorno ai tre stabilimenti, i lavoratori del gruppo che rischiano sono 200 dei circa 450 complessivi.

(01 settembre 2011)


..."va tutto ben, madama la marchesa"

[SM=g7574]
marco---
00mercoledì 14 settembre 2011 20:15
Fallimenti in aumento del 10% nel primo semestre 2011. Male l'edilizia (Fonte: monitorimmobiliare.it - 13/09/2011)

Se qualcuno attendeva una conferma della crisi economica italiana, ecco arrivare i dati ufficiali riguardo ai fallimenti del primo semestre 2011.

La crescita risulta più elevata al centro-sud, dove ha raggiunto un +11,1% rispetto al resto del Paese, +10,3% nel nord ovest e +8,7% nel nord est...
kemar71
00giovedì 15 settembre 2011 10:05
IRISBUS - IVECO
Irisbus, Di Risio si ritira
Fiat annuncia la chiusuraL'imprenditore molisano era l'unico candidato a rilevare lo stabilimento irpino che produce autobus. A rischio 700 dipendenti più l'indotto. La Cgil: "Così ripaga il favore dell'articolo 8 della manovra". Il Pd: "Decisione sconcertante, il governo riferisca in aula"
link
dgambera
00giovedì 15 settembre 2011 23:52
Tiscali: incontrati i sindacati, l´obiettivo è razionalizzare i costi operativi

Finanzaonline.com - 15.9.11/19:44

Oggi Tiscali ha avuto un incontro con le organizzazioni sindacali per un "aggiornamento sulle strategie industriali della società e presentare un piano di razionalizzazione dei costi operativi tra i quali anche una riduzione temporanea del costo del lavoro per circa 7 milioni di Euro". Luca Scano, Direttore Generale di Tiscali Italia ha dichiarato: "nell´ambito del piano di rilancio commerciale della società e di razionalizzazione dell´organizzazione prevediamo di ridurre i costi operativi al fine di poter supportare il mantenimento della posizione competitiva, la crescita e l´innovazione. In tale ambito prevediamo di ridurre anche il costo del lavoro, una scelta che intendiamo portare avanti nella massima collaborazione con le rappresentanze sindacali".


Fonte: Finanza.com
labottegadelfuturo
00martedì 20 settembre 2011 12:09
La Crisi colpisce anche l'informatica
A livello mondiale il 44% delle aziende del comparto ICT rischia il fallimento.

La Crisi corre veloce ed io pensavo di correre ancor più veloce...ma questa mi segue da vicino.
Magari la denuncio per Stalking... :P
dgambera
00mercoledì 28 settembre 2011 23:42
Eurofighter Typhoon rallenta, BAE taglia 3mila posti

di Elysa Fazzino 28 settembre 2011


Dall'Italia alla Gran Bretagna, è allarme occupazione per il settore aerospaziale, mentre si prospetta un rallentamento del programma Eurofighter Typhoon, prodotto da un consorzio di cui fa parte Finmeccanica.

Dopo il piano di 1.200 esuberi annunciato da Alenia Aeronautica del gruppo Finmeccanica, tocca ai lavoratori inglesi fare i conti con la riduzione degli organici: la BAE Systems ha annunciato la riduzione di quasi 3.000 posti di lavoro.

Il colosso della difesa britannico – riferisce il Financial Times - prevede il taglio di 2.942 posti e la chiusura completa della produzione di un sito nello Yorkshire. La maggior parte dei tagli – 2.307 - colpiranno i due siti Warton e Samlesbury nel Lancashire e l'impianto di Brough nello Yorkshire. Notizie che le autorità locali hanno definito "devastanti" per l'economia della zona. "I tagli della spesa per la difesa nel mondo sviluppato – spiega il Ft - costringono la BAE a rallentare il programma di costruzione dei caccia".

Nei siti di Warton e Samlesbury sono fabbricati e assemblati componenti del jet Eurofighter Typhoon, che BAE realizza in partnership con il gruppo paneuropeo Eads e con Finmeccanica. In questi siti BAE lavora anche al caccia F-35 Joint Striker dell'americana Lockheed Martin, che pure vede una partecipazione italiana.

Ian King, amministratore delegato di BAE Systems ha detto che le quattro nazioni partner del programma Typhoon (Regno Unito, Germania, Italia e Spagna) hanno "concordato di rallentare i tassi di produzione per alleviare la pressione sui bilanci" della difesa. "Ciò permette di estendere il calendario di produzione e mantenere aperte le linee di produzione finché non riceveremo gli attesi contratti d'export, ma riduce anche il carico di lavoro in alcuni nostri siti".

Quanto all'F-35, ha detto ancora l'ad di BAE, "la pressione sul bilancio della difesa Usa e i cambiamenti del programma significano che l'atteso aumento dei tassi di produzione dell'F-35 sarà più lento di quanto previsto originariamente, anche qui con un impatto sul carico di lavoro".

Unite, il principale sindacato alla BAES Systems, ha subito reagito: "Il governo non può stare con le mani in mano e lasciare che questi lavori altamente specializzati semplicemente spariscano".

Il consorzio Eurofighter ha consegnato nei giorni scorsi, in concorrenza con l'F-35 e con l'F-18 della Boeing, la propria offerta per il nuovo caccia delle forze di autodifesa aerea del Giappone. La scelta di Tokio dovrebbe avvenire a fine anno.

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dgambera
00lunedì 10 ottobre 2011 14:02
dgambera
00mercoledì 12 ottobre 2011 22:34
HP’s Layoffs Taking Effect, ~500 Gone From San Diego Group

The “reduction in workforce” telegraphed by HP a few weeks ago appears to finally be taking place, according to a source inside the company. Apparently the formal emails have gone out and the entire San Diego Software unit is being rolled up. The number laid off is around 500, which tallies with previous estimates of up to 525.

It’s not much of a surprise, since following the untimely death of the TouchPad and webOS, it was really only a matter of time before the software groups directly responsible for maintaining those products would be eliminated. The jobs are reportedly moving to Shanghai and Yehud, Israel, where HP already has R&D centers.

The news comes as new CEO Meg Whitman is said to be reconsidering the idea of spinning off the PC-making portion of HP. The loss of the webOS unit was inevitable after Apotheker had second thoughts about the billion-dollar acquisition, but the remainder of his bold but perhaps misguided strategy for the company isn’t as binding.

Note: however likely it may be, this news is not confirmed, as we do not have the internal email, but if our source is kind enough to forward a redacted copy, we’ll reprint it here.

Update: This was confirmed earlier, it seems. Also, as some commenters have noted, the San Diego unit was not necessarily the webOS unit. Lacking any internal information on this it is hard to say for sure whether it is related, but the numbers and timing cleave too closely to comments made by HP less than a month ago, which is why I attributed the layoffs to the webOS and related units.
dgambera
00sabato 15 ottobre 2011 20:50
Dopo tre mesi di calo, a settembre riparte la cassa integrazione: +50% le richieste secondo la Cgil

15 ottobre 2011


Riparte a settembre la corsa della cassa integrazione: la richiesta di ore di cig è cresciuta di circa il 50% rispetto al mese precedente, «azzerando la riduzione registrata nei tre mesi precedenti e mettendo a segno la quarta richiesta più alta dell'anno in corso».

È quanto si rileva nelle elaborazioni della Cgil, a cura dell'Osservatorio cig del dipartimento Settori produttivi, sui dati dalla cassa integrazione dell'Inps nel rapporto di settembre. Uno studio dove si evidenzia come, parallelamente alla cig, cresca anche il numero di aziende in cassa integrazione straordinaria di circa l'8% da inizio mese sui primi nove mesi dello scorso anno, «per motivi legati strettamente alla crisi economica», e dove si confermano essere 470 mila i lavoratori in cig a zero ore che hanno perso nel loro reddito oltre 2,8 miliardi di euro, pari a circa 6 mila euro per ogni singolo lavoratore.

Dati, insomma, «che dovrebbero limare gli entusiasmi del governo sulla produzione industriale di agosto», sottolinea il segretario confederale della Cgil, Vincenzo Scudiere.

Le ore di cig registrate lo scorso mese sono state 83.563.081 con un aumento del 47,25% su agosto. Un dato che porta il totale delle ore di cassa da inizio anno a 732.149.517 per un -20,91% sui primi nove mesi del 2010. Nello specifico la cassa integrazione ordinaria (cigo) a settembre aumenta sul mese precedente del 193,17% per 21.020.179 ore. Da inizio anno il monte ore è pari a 166.958.640 con una flessione tendenziale del 39,44%.

Anche la cassa integrazione straordinaria (cigs) a settembre aumenta su agosto del 32,10% per un totale di 33.703.819 ore. Nel corso dei primi nove mesi dell'anno le ore di cigs sono state 315.146.549 per un -13,45% sul periodo gennaio-settembre 2010. Infine, anche per quanto riguarda la cassa integrazione in deroga (cigd) si marcano aumenti sul versante congiunturale. A settembre conta 28.839.083 di ore richieste, segnando così un +19,84% su agosto, mentre da inizio anno le ore sono state 250.044.328 per un -12,53% sui primi nove mesi del 2010.

«Continua inesorabile la crescita di aziende» che fanno ricorso ai decreti di cassa integrazione straordinaria, con quasi il 60% per motivi di 'crisi aziendalè. Da inizio anno a settembre i decreti sono stati 5.267 con un aumento del 7,93% sullo stesso periodo del 2010. I decreti investono 7.971 unità aziendali territoriali con un +18,51%, sempre sui primi nove mesi dello scorso anno, in conseguenza, spiega il rapporto, «di un aumento maggiore di gruppi industriali con insediamenti in più territori piuttosto che di aziende singole».

Nel dettaglio dei decreti si riporta un calo dei ricorsi per crisi aziendale (-11,99%) ma che «rappresentano ancora la fetta più importante del totale», ovvero il 59,52% pari a 3.135 decreti. Inoltre continuano a crescere esponenzialmente le domande di ricorso al fallimento, che sono 330 con un +64,18% sui primi nove mesi del 2010, così come il ricorso al concordato preventivo, 221 richieste per un +55,63%. In aumento anche le domande per ricorrere ai contratti di solidarietà che raggiungono il numero 1.120 con un aumento del 73,91%, rappresentando il 21,26% del totale dei decreti (nel 2010 erano il 13,20% del totale). Sempre poche, infine, le domande di ristrutturazione aziendale: solo 170, pari al 3,23% del totale. In generale crescono le domande sulle altre causali mentre sono sempre «inconsistenti» gli interventi che prevedono percorsi di reinvestimento e rinnovamento strutturale delle aziende, che sono il 7,37% del totale dei decreti. (AGI)

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dgambera
00lunedì 17 ottobre 2011 12:09
Utili del terzo trimestre in calo dell'85%, Philips taglia 4.500 posti

17 ottobre 2011


Royal Philips Electronics, il gruppo olandese tra i leader nel mercato dell'elettronica, si prepara a tagliare complessivamente 4.500 posti di lavoro, di cui 1.400 nei Paesi Bassi, nell'ambito di un piano che punta a ridurre i costi di 800 milioni di euro. Intanto - riferisce Bloomberg - gli utili del terzo trimestre sono scesi a 74 milioni di euro, contro i 524 milioni dello stesso periodo dell'anno scorso.

Prosegue, nel frattempo, il negoziato con Tvp di Hong Kong per vendere l'unità che produce tv. «Se non raggiungeremo un accordo - spiega l'amministratore delegato, Frans van Houten - studieremo delle alternative».

La reazione dei mercati
L'annuncio del taglio di posti mette le ali al titolo Philips in Borsa che sul mercato di Amsterdam guadagna il 4,5%.

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dgambera
00mercoledì 19 ottobre 2011 21:42
Editorial Cartoon: Why Occupy Wall Street People are Rightfully Pissed

on October 19, 2011



This editorial cartoon is for my Occupy Wall Street friends. I am sure I will piss you off with a future cartoon but for now, I wanted to show my solidarity for one reason people should be rightfully pissed. Companies talk about teamwork and performance, etc etc etc. But damned if the executives can’t find a way (read excuse) to make sure their bonuses are intact while the rest of us have to do more with less.

Of course this isn’t a blanket statement for all executives or companies. So, any examples in your own companies where executives seem to get perks that are continually denied to the rest?

Oh yeah, 3 panels and 9 people in this one. You are welcome all you people who think I should spend 3 hours doing one cartoon.
dgambera
00venerdì 28 ottobre 2011 22:30
laplace77
00lunedì 31 ottobre 2011 13:01
sale la disoccupazione

escluso il lavoro nero, ma pure l'"inattivita'"


fonte: repubblica - ISTAT

ISTAT

Balzo della disoccupazione a settembre
29,3% tra i giovani, ai massimi dal 2004


La percentuale complessiva di chi non ha un impiego arriva all'8,3, ai livelli di novembre 2010. Tra gli under 24 uno su tre è senza occupazione, il dato peggiore da gennaio di sette anni fa. "Inattiva" quasi un'italiana su due: non ha lavoro né lo cerca


ROMA - Nubi nere su giovani e donne. Per loro il lavoro è sempre più un miraggio. Il tasso di disoccupazione a settembre è balzato all'8,3%, dall'8,0% di agosto. Lo rileva l'Istat in base a stime provvisorie, sottolineando che così il tasso si riporta ai livelli del novembre 2010. Tra i giovani (15-24 anni) quelli senza lavoro sono il 29,3%, dal 28,0% di agosto. Si tratta del dato più alto dal gennaio 2004, ovvero dall'inizio delle serie storiche.

Il tasso di disoccupazione a settembre risulta così in aumento di 0,3 punti percentuali sia rispetto ad agosto sia rispetto all'anno precedente. In particolare, quello maschile aumenta di 0,3 punti percentuali nell'ultimo mese, portandosi al 7,4%, mentre quello femminile, con un aumento della stessa entità, si attesta al 9,7%. Rispetto all'anno precedente il tasso di disoccupazione maschile sale di 0,2 punti percentuali, quello femminile di 0,3 punti percentuali.

Stando alle cifre Istat, inoltre, quasi una donna su due in Italia né lavora né è in cerca di un posto, ovvero non rientra né nella fascia degli occupati né in quella dei disoccupati. L'Istat, nelle stime provvisorie, rileva che a settembre il tasso di inattività femminile è pari al 48,9%, mentre quello maschile si attesta a 26,9%. In generale, spiega l'Istituto, il tasso di inattività si attesta al 37,9%, registrando un aumento congiunturale di 0,1 punti percentuali. Gli inattivi tra i 15 e i 64 anni crescono dello 0,1% (21 mila
unità) rispetto al mese precedente. Su base annua gli uomini diminuiscono dello 0,2%, mentre le donne inattive aumentano dello 0,5%.

Sull'altro fronte, gli occupati scendono a 22,911 milioni, in calo dello 0,4% (-86 mila unità) rispetto ad agosto. Anche in questo caso la diminuzione interessa sia uomini che donne. Il tasso di occupazione maschile, pari al 67,7%, diminuisce di 0,2 punti percentuali rispetto ad agosto, restando invariato su base annua. Quello femminile, pari al 46,1%, registra una diminuzione di 0,2 punti percentuali sia in termini congiunturali sia tendenziali.

(31 ottobre 2011)
serafin.
00lunedì 31 ottobre 2011 17:42
Re: sale la disoccupazione
laplace77, 31/10/2011 13.01:


escluso il lavoro nero, ma pure l'"inattivita'"


fonte: repubblica - ISTAT

ISTAT

Balzo della disoccupazione a settembre
29,3% tra i giovani, ai massimi dal 2004


La percentuale complessiva di chi non ha un impiego arriva all'8,3, ai livelli di novembre 2010. Tra gli under 24 uno su tre è senza occupazione, il dato peggiore da gennaio di sette anni fa. "Inattiva" quasi un'italiana su due: non ha lavoro né lo cerca


ROMA - Nubi nere su giovani e donne. Per loro il lavoro è sempre più un miraggio. Il tasso di disoccupazione a settembre è balzato all'8,3%, dall'8,0% di agosto. Lo rileva l'Istat in base a stime provvisorie, sottolineando che così il tasso si riporta ai livelli del novembre 2010. Tra i giovani (15-24 anni) quelli senza lavoro sono il 29,3%, dal 28,0% di agosto. Si tratta del dato più alto dal gennaio 2004, ovvero dall'inizio delle serie storiche.

Il tasso di disoccupazione a settembre risulta così in aumento di 0,3 punti percentuali sia rispetto ad agosto sia rispetto all'anno precedente. In particolare, quello maschile aumenta di 0,3 punti percentuali nell'ultimo mese, portandosi al 7,4%, mentre quello femminile, con un aumento della stessa entità, si attesta al 9,7%. Rispetto all'anno precedente il tasso di disoccupazione maschile sale di 0,2 punti percentuali, quello femminile di 0,3 punti percentuali.

Stando alle cifre Istat, inoltre, quasi una donna su due in Italia né lavora né è in cerca di un posto, ovvero non rientra né nella fascia degli occupati né in quella dei disoccupati. L'Istat, nelle stime provvisorie, rileva che a settembre il tasso di inattività femminile è pari al 48,9%, mentre quello maschile si attesta a 26,9%. In generale, spiega l'Istituto, il tasso di inattività si attesta al 37,9%, registrando un aumento congiunturale di 0,1 punti percentuali. Gli inattivi tra i 15 e i 64 anni crescono dello 0,1% (21 mila
unità) rispetto al mese precedente. Su base annua gli uomini diminuiscono dello 0,2%, mentre le donne inattive aumentano dello 0,5%.

Sull'altro fronte, gli occupati scendono a 22,911 milioni, in calo dello 0,4% (-86 mila unità) rispetto ad agosto. Anche in questo caso la diminuzione interessa sia uomini che donne. Il tasso di occupazione maschile, pari al 67,7%, diminuisce di 0,2 punti percentuali rispetto ad agosto, restando invariato su base annua. Quello femminile, pari al 46,1%, registra una diminuzione di 0,2 punti percentuali sia in termini congiunturali sia tendenziali.

(31 ottobre 2011)




cicca cicca bum
dgambera
00lunedì 31 ottobre 2011 21:09
Svizzera, «Credit Suisse annuncerà altri mille licenziamenti»

Credit Suisse annuncerà domani, in occasione della pubblicazione dei risultati relativi al terzo trimestre dell’anno, un drastico piano di tagli ai costi aziendali. A farne le spese, come quasi sempre accade in questi casi, saranno i lavoratori.


Il colosso svizzero Credit Suisse annuncerà domani, in occasione della pubblicazione dei risultati relativi al terzo trimestre dell’anno, un drastico piano di tagli ai costi aziendali. A farne le spese, come quasi sempre accade in questi casi, saranno i lavoratori: secondo quanto riportato questa mattina dal quotidiano elvetico Tages Anzeiger, saranno mille i licenziamenti che verranno operati, la cui maggior parte è prevista nel settore dell’investment banking.
L’agenzia France-Presse fa sapere di aver tentato di contattare, stamani, un portavoce dell’istituto di credito, ma la banca ha preferito non commentare le indiscrezioni trapelate sulla stampa. È stata tuttavia confermata una conferenza stampa fissata per domani dal presidente Brady Dougan (fatto giudicato “eccezionale”): «Il mercato si aspetta nelle novità», ha concluso il portavoce.
Nel luglio scorso, Credit Suisse aveva già annunciato la soppressione di 2 mila posti di lavoro, pari a circa il 4% del totale dei dipendenti del gruppo a livello globale (ad oggi 50.700 persone). Ciò fu deciso in ragione del calo dei ricavi registrato nel secondo trimestre, che sono stati pari a 786 milioni di franchi svizzeri (667 milioni di euro), rispetto agli 1,6 miliardi dello stesso periodo del 2010.
dgambera
00martedì 1 novembre 2011 13:14
Tdk taglia 11mila posti di lavoro. Sony divide in tre il business delle Tv

di Gianni Rusconi 1 novembre 2011


Forbice per 11mila lavoratori in casa Tdk. Riorganizzazione della divisione dei televisori in casa Sony. La crisi economica, la flessione di domanda di alcuni comparti dell'elettronica di consumo e lo sfavorevole cambio yen-dollaro si stanno facendo sentire in casa delle più grandi compagnie hi-tech giapponesi.

Per Tdk, il più grande produttore al mondo di testine magnetiche per disk drive e di supporti per Cd e Dvd, è scattato un piano di ristrutturazione dell'organico che interesserà circa 11mila dipendenti, il 12% della forza lavoro globale della compagnia. Il sacrificio dei dipendenti - che fa eco a quello annunciato un paio di settimane fa da Panasonic, nell'ordine delle mille unità e dovuto alla riduzione della produzione di pannelli al plasma in due fabbriche nel Nord del Giappone – è la contromisura per ovviare al calo vertiginoso dei profitti netti, in flessione del 74% e scivolati da 26.1 miliardi di yen a 6.7 miliardi (circa 86 milioni di dollari) in dodici mesi alla fine del primo semestre dell'esercizio fiscale terminato il 30 settembre. Ad appesantire i conti è intervenuta anche la chiusura temporanea, causata dalle forti alluvioni, di alcuni impianti di produzione di componenti in Thailandia e il successivo blocco di alcune fabbriche.

Il taglio della forza lavoro, che avrà sicuramente luogo entro la fine di questo esercizio, non è comunque la sola misura correttiva che andrà ad attuare Tdk. La stessa società ha infatti confermato che cederà vari asset a livello mondiale per ridurre i costi fissi e fra questi c'è la divisione che produce display a tecnologia Oled (Organic Light Emitting Diode) per device mobili.

In casa Sony, invece, la novità a livello organizzativo per cui si attende l'ufficialità in queste ore, è la divisione in tre distinte business unit delle attività relative alle Tv. Secondo l'agenzia Reuters, che ieri ha diffuso in anteprima la notizia, il gigante nipponico darà vita a una struttura focalizzata sui televisori Lcd, una seconda che si occuperà di gestire alcune operations (sostanzialmente di natura produttiva) in outsourcing e una terza dedicata ai televisori di nuova generazione. Il tutto per ridare slancio a una divisione, quella delle Tv Bravia per l'appunto, che si appresta a chiudere ancora una volta in rosso alla fine dell'esercizio 2011. Un business che comunque, come ebbe a dire il Ceo Howard Stringer al Sole24ore.com in occasione dell'ultima Ifa di Berlino, Sony non intende abbandonare e che rimane centrale nelle strategie future della compagnia.

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Whirlpool annuncia 5 mila tagli in Europa e in Usa

28/10/2011

La multinazionale chiude il trimestre con una perdita di 12 milioni di dollari e decide di ridurre del 10 per cento la forza lavoro: 1200 licenziamenti riguardano gli impiegati


Whirlpool Emea (Europa, Medio Oriente e Africa) chiude il terzo trimestre del 2011 con una perdita operativa pari a 12 milioni di dollari contro i 26 milioni di utile operativo nello stesso periodo dell'anno scorso. E le aspettative, per quanto riguarda gli ordini per la fine del 2011, non sono positive. La società ha dunque annunciato un piano di riduzione dei costi e di capacità produttive che significano 5.000 licenziamenti, principalmente in Nord America e in Europa (una riduzione della forza lavoro del 10 per cento circa nei due continenti).

LA RISTRUTTURAZIONE - I piani comprendono: la riduzione di circa 1.200 posti di lavoro nelle fasce impiegatizie. Chiusura del centro di produzione di frigoriferi a Fort Smith (Arkansas) entro la metà del 2012, produzione che sarà trasferita in altri siti nel Nord America per mettere a frutto le risorse esistenti. Delocalizzazione della produzione di lavastoviglie da Neunkirchen (Germania) alla Polonia entro gennaio 2012. Sono previste ulteriori azioni di efficienza organizzativa in Nord America ed Europa che porterebbe la capacità produttiva a una riduzione complessiva di circa 6 milioni di pezzi.

RISPARMIO STIMATO - Queste azioni dovrebbero portare a 400 milioni di dollari di risparmi annui entro la fine del 2013. Si attende che l'effetto di questi piani, combinato con gli aumenti dei prezzi annunciati, acceleri la crescita dei margini a partire dal 2012. Naturalmente i riflessi sui siti di Cassinetta e Comerio sono ancora tutti da valutare nel dettaglio.

LE RAGIONI DELLA DECISIONE - Nel terzo trimestre ha registrato vendite per 874 milioni di dollari, un aumento del 6 per cento rispetto all'anno precedente. Ma gli ordini per la Regione EMEA (Europa, Medio Oriente e Africa) sono risultati piatti. Escludendo il cambio, le vendite sono diminuite di circa il 3 per cento. Il resto lo hanno fatto i maggiori costi delle materie prime, il mix prezzo/prodotto sfavorevole e i livelli di produzione più bassi, solo parzialmente compensati dalle misure già prese in materia di produttività e riduzione dei costi.
Indebolimento della domanda globale e costi più elevati delle materie prime e del petrolio nel corso del trimestre hanno controbilanciato i vantaggi dati dalle iniziative in corso su produttività, riduzione dei costi e aumenti di prezzo.

I RISULTATI COMPLESSIVI - A livello globale, Whirlpool Corporation (NYSE: WHR) ha annunciato utili netti nel terzo trimestre di 177 milioni dollari. Le vendite nel 2011 sono state di 4,6 miliardi di dollari rispetto ai 4,5 miliardi di dollari riportati nel terzo trimestre del 2010; un aumento del 2 per cento. Nel terzo trimestre l'utile operativo ammonta a 136 milioni di dollari rispetto ai 234 milioni dell'anno precedente. Oneri di ristrutturazione per un totale di circa 500 milioni di dollari saranno sostenuti a partire dal quarto trimestre del 2011 e fino al 2013. La società prevede ora di impiegare circa 160 milioni dollari in spese di ristrutturazione nel 2011 rispetto alla sua precedente stima che oscillava tra i 75 milioni e i 100 milioni di dollari.

IL COMMENTO DEL CEO - «I consumatori continuano a mostrare una forte preferenza per il nostro portafoglio di brand globale e per le innovazioni di prodotto, e stiamo iniziando a vedere i benefici derivanti dagli aumenti di prezzo precedentemente annunciati - ha dichiarato Jeff M. Fettig , Whirlpool Corporation chairman e chief executive officer-. Tuttavia, i nostri risultati sono stati negativamente influenzati dai livelli di domanda in recessione nei paesi sviluppati, dal rallentamento dei mercati emergenti e da alti livelli di inflazione nei costi delle materie. Come detto in precedenza, in un periodo di incertezza economica e di andamento incerto della domanda, dobbiamo essere pronti a intraprendere le azioni necessarie per espandere i nostri margini operativi e migliorare i nostri guadagni. Dato l'indebolimento del contesto economico globale, annunciamo oggi piani aggressivi che si tradurranno in riduzioni notevoli di costi e di capacità produttiva. I piani sono il risultato di una revisione globale delle nostre attività, dei nostri prodotti e degli impianti di produzione».
28/10/2011
redazione@varesenews.it

dgambera
00sabato 12 novembre 2011 11:24
Crisi: boom della cassa integrazione

Più di 3 miliardi di ore dal 2008, coinvolti mezzo milione di lavoratori, secondo i calcoli della Cgil

circa 22 mila euro in meno in busta paga

MILANO - Dall'avvio della crisi dell'economica, nell'ottobre del 2008, le ore di cassa integrazione registrate sono state poco meno di 3 miliardi e 300 milioni.

È quanto calcola la Cgil, secondo cui la cassa ha inciso sul reddito degli oltre 500 mila lavoratori mediamente coinvolti per 11,4 miliardi, circa 22 mila euro in meno nel salario di ciascuno. Entrando nel dettaglio c'è un miliardo e 160 milioni di ore di cassa ordinaria e poco più di 2 miliardi e 122 milioni tra straordinaria e in deroga. Nell'ottobre del 2011 - fa notare la Cgil- la cassa integrazione ha registrato un leggero calo sul mese precedente, eccezion fatta per la straordinaria, mentre si conferma una crescita delle aziende che fanno ricorso ai decreti di cassa integrazione straordinaria, pari al +3,5% da inizio anno sui primi dieci mesi del 2010. «Il rischio», sottolinea Vincenzo Scudiere, segretario confederale della Cgil, « è che il crollo della produzione industriale a settembre e i dati sulla cassa, «possano determinare un micidiale mix fatto di stagnazione e disoccupazione». «Il nuovo governo deve rispondere a Bruxelles con il lavoro: introdurre una patrimoniale e mettere al centro l'occupazione a partire da quella giovanile».

Redazione online
12 novembre 2011 10:59© RIPRODUZIONE RISERVATA
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