Notizie macro - Crescita e globalizzazione

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grella
00sabato 14 agosto 2010 00:14
Re: Re: Re: Re:
laplace77, 08/05/2010 11.18:




[SM=g1749704] [SM=g1765139]



lascia fare alle delocalizzazioni,
poi vedi quante cattedrali nel deserto...





ottimo lap...ottimo......... [SM=g6942]




dgambera
00sabato 14 agosto 2010 00:17
Re:
dgambera, 13/08/2010 23.24:

Guardate come marciano questi, mentre gli altri (tra cui noi in primis) arrancano

GDP Surges 2.2 Percent. Greatest Economic Boom Since German Reunification


Germany just posted its strongest quarter of economic growth since reunification in 1990. During the second quarter, an exports boom, increased consumption and government stimulus helped the country chalk up growth of 2.2 percent.

Buoyed by a surge in exports and continuing government stimulus programs, Germany's economy is recovering at a faster pace than most economists expected. During the second quarter, gross domestic product increased by 2.2 percent on the previous quarter, the Federal Statistical Office in Wiesbaden announced on Friday, marking the largest quarterly economic growth since the country's reunification in 1990.

"The German economy, which lost momentum at the turn of 2009/2010, is really back on track," the office said in a statement.

Second quarter growth far surpassed the expectations of analysts, who had forecast 1.3 percent growth. In addition, growth in the first quarter, 0.5 percent, was also better than the forecasted increase of 0.2 percent. Second-quarter economic output was up by 4.1 percent compared the same period in 2009.

There are a number of reasons for the boom. It is being driven by exports, but also by Germans' private consumption, which had been weak for years. The Statistical Office also noted that the German government's stimulus programs have had a positive effect. Meanwhile, companies have also begun to ramp up their investment spending.

In 2009, Germany fell into a deep recession during the global economic crisis. The economy contracted by 4.7 percent, the Statistical Office reported on Friday. The new figures offered a slight downward correction over the previously reported 4.9 percent. The unprecedentedly large revisions to the figures are attributable to recently strong fluctuations in the short-term economic development caused by the crisis, the office said.

'A Major Upswing'

Most economics researchers believe that Germany will have growth of at least 2 percent in 2010. Economics Minister Rainer Brüderle of the business-friendly Free Democrats has also expressed his optimism: "We are currently experiencing a major upswing," he said. Growth of far more than 2 percent for 2010 is "entering into the realm of possibility." So far, the government has anticipated growth for the year at 1.4 percent.

Brüderle is already calling for the government to begin reducing its stimulus measures. He said the figures should serve as "clear encouragement, to continue with the withdrawal from government stimulus programs." Instead, he said the government should "resolutely continue" to pursue its savings measures. By doing so, he said the government would have more room for maneuver for easing the tax burden on average wage earners.

Still, Germany has drawn loud criticism from Washington for its efforts to curtail stimulus programs and embark on a path of fiscal austerity. President Barack Obama is concerned that if European governments abandon stimulus efforts, economic growth could come to a halt, threatening to push the global economy into a double-dip recession. But following the crisis of the euro, European countries have set off on ambitious savings programs aimed at reducing national debts and shoring up the common currency.

It remains unclear, however, whether the boom will continue into 2011. Experts are estimating growth in the coming year of around 1.5 percent. That figure is slightly lower than the forecasts for 2010 because it takes into account the fact that many government stimulus programs are coming to an end and the upswing could slow down as a result.





Eccolo in italiano

La locomotiva tedesca torna a correre nel secondo trimestre il pil compie un balzo del 2,2%

13 agosto 2010


La locomotiva tedesca archivia un secondo trimestre d'oro. Il prodotto interno lordo della Germania ha segnato, nel secondo trimestre dell'anno, secondo i dati preliminari rilevati dall'ufficio statistico federale tedesco corretti per gli effetti stagionali, un aumento del 2,2% rispetto al trimestre precedente. Il dato batte le stime del consensus di analisti che, secondo un sondaggio di Bloomberg, aveva previsto in media un rialzo intorno al +1,3%. Anno su anno la crescita é del 4,1% (+2,1% rivisto nei primi tre mesi).

L'economia della Germania sta così crescendo al ritmo più veloce dalla riunificazione. Il dato batte le stime del consensus di analisti che aveva in media previsto un rialzo intorno al +1,3%. «Non c'è mai stata una crescita così forte nella Germania riunificata», sottolinea l'Ufficio federale di statistica che ha rivisto la crescita del primo trimestre al rialzo dallo 0,2 allo 0,5%.

La congiuntura tedesca sta cogliendo le opportunità offerte dalla ripresa della domanda globale, quindi dal rilancio delle esportazioni favorite dalle quotazioni dell'euro che (con un calo del 10% rispetto al dollaro in un anno) rende più competitiva l'offerta europea. Esportazioni e investimenti, ha indicato l'ufficio di statistica tedesco, sono stati i driver principali della crescita nel secondo trimestre. Ma un buon contributo è arrivato anche da spesa pubblica e consumi.

La ripresa economica ha segnato un'accelerazione nel secondo trimestre anche nell'area euro: il Pil ha registrato un aumento dell'1%, secondo la stima preliminare diffusa da Eurostat, mentre nel confronto con lo stesso periodo di un anno prima risulta cresciuto dell'1,7 per cento. Nei primi tre mesi dell'anno il Pil di Eurolandia aveva segnato un incremento limitato allo 0,2 per cento rispetto ai tre mesi precedenti. In Italia dato stabile a +0,4 per cento.

I dati di oggi si sono rivelati superiori alle attese degli analisti, che in media prevedevano un più 0,7-0,8 per cento sul Pil di Eurolandia, pesumibilmente grazie alla forte spinta da parte della Germania. Percedentemente la prima economia dell'area ha riferito di uno scatto del 2,2 per cento sul Pil del secondo trimestre, il progresso più vigoroso dai tempi della riunificazione.

Anche sull'insieme dell'intera Unione europea a 27 il Pil del secondo trimestre ha registrato un aumento dell'1 per cento rispetto al periodo immediatamente precedente, riporta ancora Eurostat. E anche in questo caso il confronto su base annua evidenzia una crescita economica dell'1,7 per cento. Nei primi tre mesi dell'anno il tasso di espansione era stato invece dello 0,5 per cento, mentre nell'area euro era stato pari allo 0,6 per cento. Il dato dell'area euro, più 1 per cento dai tre mesi precedenti, viene messo a confronto con il più 0,6 per cento registrato dal Pil degli Stati Uniti, che ha seguito un più 0,9 per cento nei primi tre mesi.

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Ed ecco gli effetti

Germania in ripresa a corto di tecnici

«C'è la ripresa? Dateci aumenti»

dgambera
00sabato 14 agosto 2010 00:23
dgambera
00sabato 14 agosto 2010 16:29
dgambera
00sabato 14 agosto 2010 17:49
Export a misura dei mercati emergenti

Alfredo Sessa 14 agosto 2010


La debolezza dell'euro, che dall'inizio dell'anno ha perso circa il 10% sul dollaro, ha certamente dato una mano. Ma dietro la poderosa ripartenza dell'export tedesco, che secondo le previsioni si avvia a recuperare entro la fine del 2011 i livelli pre-crisi, c'è un sistema di supporto alle imprese, e di promozione del made in Germany, che va a nozze con la forte domanda in arrivo dai paesi emergenti.
La forza della Germania sono i grandi gruppi scarsamente orientati ai beni di consumo, e specializzati invece in beni di investimento, auto, macchinari. Proprio i prodotti che in questo momento importano paesi come la Cina, il Brasile, o le "tigri" asiatiche, i motori insomma della ripresa dell'economia internazionale. Uno scenario che nell'eterna partita Italia-Germania, questa volta giocata sul campo del commercio internazionale, vede i tedeschi facili vincitori. Mentre in Germania i settori a basso contenuto tecnologico rappresentano infatti solo il 13% del totale dell'export, in Italia questa quota si avvicina pericolosamente al 30%, esponendo il nostro Paese agli attacchi della concorrenza asiatica.
Anche le missioni di sistema sui grandi mercati emergenti riflettono le profonde differenze dei sistemi produttivi dei due paesi. L'Italia le ha impostate sulla base di quanto facevano i tedeschi, ma è stata obbligata a declinarle in maniera diversa e ad adattarle a un sistema fatto di piccole e medie imprese. Il sistema Italia parte infatti per la Cina o il Brasile con non meno di 200 operatori. È difficile invece che una delegazione tedesca superi le 40-50 aziende, quasi tutte di dimensioni medio-grandi. E la grande impresa tedesca, perdipiù accompagnata spesso all'estero dal cancelliere Angela Merkel in persona, ha grande facilità di approccio politico. Una cosa è infatti accompagnare all'estero un'azienda che apre stabilimenti, come fa la Germania, un'altra accompagnare tante piccole aziende che vendono beni di consumo, il caso tipico italiano.
Dietro le quinte di una nazione così export oriented c'è un sistema di supporto con caratteristiche molto originali. In Germania le funzioni di assistenza alle imprese, le attività di di promozione e le attività di informazione sui mercati sono gestite separatamente. Il perno del sistema sono le Camere di commercio all'estero, che si occupano esclusivamente di assistenza alle imprese e non fanno promozione. Quest'ultima è affidata all'Auma, l'organo di vertice delle fiere tedesche, con una forte connotazione pubblica. Le attività promozionali sono compito dei singoli enti fiera in base alle loro specializzazioni. La fiera di Hannover, per esempio, promuove i macchinari tedeschi in vari paesi. Informazioni e ricerche di mercato sui paesi esteri, infine, sono affidate a un terzo ente. Il tutto funziona con un ampio criterio di sussidiarietà e con il ricorso a esperti di categoria, attivati di volta in volta in base alle necessità della singola azienda e alle caratteristiche del mercato di destinazione.
Il nuovo grande obiettivo delle imprese tedesche sui mercati emergenti, intanto, è l'industria ambientale. In questo campo il fatturato totale del paese, secondo il consulente d'impresa Roland Berger, raddoppierà nel 2020 a 3.100 miliardi di euro.
E non si tratta solo di vendere pannelli solari o turbine eoliche. Le società tedesche puntano soprattutto ai progetti infrastrutturali rispettosi dell'ambiente nei centri urbani. Se si guarda allo sviluppo delle grandi megalopoli asiatiche, si tratta di un business in grado di trainare l'export tedesco per molti anni. Sono almeno dieci le megalopoli, tutte capitali di paesi emergenti, che nello spazio di vent'anni vedranno i propri abitanti crescere a ritmi impressionanti, in alcuni casi raddoppiare.
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Il boom tedesco traina l'Europa

Gabriele Meoni 14 agosto 2010


Valanga, locomotiva, perfino superman. Gli analisti non hanno risparmiato le iperboli per commentare l'eccezionale performance della Germania, cresciuta tra aprile e giugno del 2,2% rispetto ai primi tre mesi (+3,7% annuo), il miglior risultato dalla riunificazione. Il "miracolo tedesco" ha lasciato di stucco gli economisti (che prevedevano un +1,3%) e avrà un effetto traino tale da far crescere il Pil nell'intero 2010 a un ritmo «ben superiore al 2%», come ha detto trionfante il ministro dell'Economia Rainer Brüderle. Il mercato è ancora più ottimista e dice 3-3,5% (nel 2009 il Pil era sceso del 4,7%).
Quella annunciata ieri da Eurostat è una buona notizia per la Germania, che ora può guardare con meno ansia al risanamento dei suoi conti pubblici, e per l'Europa, rassicurata dal ritorno a pieno titolo di Berlino nel ruolo di leader continentale. Il punto secco di crescita messo a segno dall'area euro, miglior risultato da quattro anni, è infatti per due terzi made in Germany. Grazie alla locomotiva tedesca l'Europa può così guardare dall'alto l'America, reduce da una primavera assai meno brillante (+0,6%) e archiviare con il sorriso un trimestre ricordato finora solo per la crisi greca e i sinistri presagi di collasso dell'euro.
Gli ingredienti della ripresa
La primavera tedesca è sbocciata per merito soprattutto delle imprese. Export e investimenti sono stati infatti i pilastri della crescita, trainati dalla domanda asiatica. Il sistema Germania (aziende, governo, Länder) ha puntato da tempo su quell'area, Cina in testa, e ora non fa altro che raccogliere i frutti di quel lavoro. Le ultime trimestrali delle multinazionali, da Bmw a Volkswagen, da Siemens a Infineon sono tutte all'insegna dell'ottimismo grazie ai mercati emergenti e al mini-euro, che ha accelerato la discesa sul dollaro proprio nel secondo trimestre.
Un contributo positivo al Pil tedesco è venuto anche da consumi privati e spesa pubblica, mentre non va sottovalutato il consueto (ma volatile) apporto delle scorte di magazzino, che secondo le stime di Barclays hanno pesato per circa la metà sul dato dell'intera Eurozona (il dato tedesco non è stato ancora pubblicato).
Non va poi dimenticato il lungo inverno: maltempo e gelo hanno depresso più del solito consumi ed edilizia in Germania nei primi tre mesi dell'anno. Il rimbalzo di primavera è anche figlio di questo effetto stagionale.
Europa a due velocità
Il match con Berlino fa impallidire il resto d'Europa. La Germania infatti è cresciuta oltre cinque volte l'Italia e quasi quattro volte la Francia, che pure con un +0,6% e un aumento dei consumi al di là delle attese può ritenersi soddisfatta (si veda l'articolo a fianco). Doppiata pure la Gran Bretagna. La notizia non farà piacere alla Bce, preoccupata per i crescenti divari tra le economie europee. La gara con i Pigs è addirittura imbarazzante: Spagna e Portogallo, appaiate da un modesto +0,2%, faticano a ritrovare la via della crescita, mentre la Grecia è in piena apnea (-1,5%).
Il mercato ha da tempo cavalcato la tesi dell'Europa a due velocità e anche ieri ha guardato più alle divergenze tra i paesi che al dato tedesco. Dopo un piccolo rimbalzo, l'euro è tornato a scendere e nel pomeriggio ha toccato i minimi di giornata (1,2753), mentre il rischio paese di Spagna, Portogallo, Irlanda, Grecia (e anche Italia) espresso dal differenziale sui titoli di stato tedeschi ha continuato a salire. La super-Germania insomma non ha impressionato gli investitori, più concentrati sui problemi dei paesi periferici.
Autunno freddo
«Superman è vestito di nero, rosso e giallo, i colori della Germania - ha detto Carsten Brzeski, economista di Ing - ma a un certo punto tornerà a essere Clark Kent. L'economia non può continuare a crescere a questi ritmi». Il meglio è alle spalle, ci aspettano mesi difficili e i tedeschi non fanno eccezione. I motivi sono almeno due: il primo è che l'economia mondiale sta rallentando e per un'Europa export-dipendente questo significa meno crescita; il secondo è che l'austerity, di cui si è tanto parlato finora, comincerà a farsi sentire su famiglie e imprese solo nei prossimi mesi. Ieri il governo tedesco ha detto che la manovra quadriennale da 81,6 miliardi di euro non si tocca. La Gran Bretagna farà sacrifici ben superiori e anche la Francia, finora paralizzata dall'allergia di Sarkozy alla parola austerità, dovrà mettere mano a un deficit dell'8 per cento. La primavera insomma è finita, in Germania e in Europa, e l'autunno si avvicina.

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E leggete questo. Guardate come pianificano questi, altro che visibilità a 6 mesi :cool:

Grandi gruppi il punto di forza dell'export

Carlo Bastasin 14 agosto 2010


Al debutto della tournée a Francoforte, Bono, il cantante degli U2, ha raccolto la prima ovazione tra i 60mila fan non con una canzone ma elogiando la tecnologia tedesca che lo aveva rimesso in piedi da un malanno. Dunque: se il successo economico e tecnologico crea entusiasmo popolare, sarà facile per Angela Merkel governare un paese che stupisce per vigoria economica? Neanche per idea. Nel secondo trimestre l'economia tedesca è cresciuta al ritmo più rapido da vent'anni: il 2,2% rispetto ai tre mesi precedenti.
Un ritmo cinese di sviluppo. E non è un caso, visto che buona parte della crescita è legata all'export e che l'aumento del commercio con la Cina (+93%) rende i paesi emergenti partner commerciali quasi equivalenti all'area dell'euro. Negli ultimi dodici mesi per esempio le vendite di auto tedesche in Cina sono aumentate del 335%, mentre calavano in buona parte dell'area euro. Gli indicatori di fiducia (Ifo e pmi) sono a un passo dai livelli massimi. Di conseguenza crescono gli investimenti anche interni e perfino i consumi delle famiglie. Proiettando i dati mensili degli ordini all'export si prevede che anche il terzo trimestre sarà migliore delle attese (almeno 0,75%) e che il 2010 si possa chiudere con un pil sopra il 3 per cento. Prima di parlare di una nuova età dell'oro bisogna ricordare che lo scorso anno il pil tedesco era sceso del 4,7%. Nondimeno, nel giro di 18 mesi, la Germania avrà digerito la peggior crisi globale dal dopoguerra.
Anche l'occupazione migliora, ma dopo accordi su aumenti salariali finora nell'ordine dell'1,5-2% si prevede che il prossimo anno i salari crescano al più del 3%. I vantaggi di costo rispetto agli altri paesi euro rimarranno invariati e la Germania in più beneficerà dei bassi tassi d'interesse e dell'euro debole compatibili con le condizioni medie dell'area. Una situazione "testa io vinco, croce tu perdi" che avvantaggerà la Germania rispetto agli altri paesi euro per diversi anni. E che invece metterà pressione sui paesi più lenti della zona euro, la cui posizione fiscale risentirà della bassa crescita e dei tassi relativamente alti.
Perché allora la cancelliera Merkel non dorme sonni tranquilli? Semplice, perché il governo di Berlino fatica ad accordarsi su riforme determinanti per le elezioni del 2040. Sul serio: proiettando le stime demografiche tedesche a quell'anno, tutti sono consapevoli che il paese avrà troppo pochi bambini e giovani lavoratori e faticherà a sostenere l'attuale livello di reddito. Sono quindi necessarie - oggi - riforme che riguardano la sanità, l'istruzione e l'immigrazione. Ma poiché la coalizione Cdu-Csu-liberali non aveva scritto un contratto di coalizione prima del voto ora si trova a litigare e a improvvisare su temi tanto cruciali per i prossimi...30 anni: lettore italiano, benvenuto su Marte.
La politica non ha d'altronde un grande merito nella risurrezione industriale tedesca se non quello di aver tenuto salda la barra. Negli ultimi 15 anni tutti i pilastri del vecchio modello sociale tedesco si sono sviluppati nel senso di un crescente decentramento. Il controllo centrale si è allentato nel sistema di contrattazione salariale, nel ruolo di rappresentanza degli interessi del capitale e del lavoro, nella governance politica del territorio e soprattutto nella relazione tra governo d'impresa e mercati finanziari. In tutti questi campi la necessità di misurarsi con la competizione globale ha sottratto spazio ai decisori politici e ai partiti.
La grande dimensione media delle imprese è stata un fattore importante. Lo stesso fenomeno dell'export è stato trainato da un gruppo limitato di grandi gruppi industriali le cui esigenze sono state accompagnate dai governi - di destra e di sinistra - come rilevanti per l'intero paese. Il risultato è stato che in vent'anni la quota di export sul pil è raddoppiata e che ora metà del pil è determinato dai commerci globali, con positivi (ma ancora parziali) effetti sull'apertura culturale del paese. Quasi tutte le riforme strutturali, soprattutto quelle del lavoro e del capitale, sono arrivate dopo che sindacati e manager con ogni metodo, anche poco raccomandabile, le avevano già attuate consensualmente all'interno di rilevanti gruppi.
Alla fine, come ha verificato il cantante degli U2, il successo dell'industria esportatrice ha creato, dopo anni di controversie, un nuovo consenso tra i cittadini. Crescita e occupazione creano entrate fiscali per il bilancio pubblico e quindi aprono nuovi margini per la redistribuzione del reddito che a sua volta chiude il cerchio rafforzando il consenso per le riforme strutturali, il dinamismo sociale e un ruolo non troppo intrusivo dello stato. L'inefficienza del decisore politico è diventata tanto più insopportabile per ampie fasce dei cittadini tedeschi. E figurarsi se poteva esserci indulgenza per i comportamenti meno che onesti dei governi di paesi come la Grecia, partner nell'euro. Questo è l'elefante nella scialuppa dell'euro, con cui gli altri governi, a cominciare da quello italiano, devono imparare a misurarsi. D'altronde l'alternativa è nuotare.
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E anche se il sistema bancario soffre, gli investitori puntano sui TdS tedeschi nonostante i rendimenti bassissimi

Gli investitori dietro le barricate: rifugio nei Bund decennali

Morya Longo 14 agosto 2010


Gli economisti di Rbs l'hanno ribattezzato «Banzai Bund». E in effetti gli investitori, da giorni, si stanno buttando in picchiata sui titoli di stato tedeschi: i Bund appunto. Non lo fanno però per colpire, come i kamikaze giapponesi nella seconda guerra mondiale. Ma anzi, lo fanno per difendersi. La loro preoccupazione è nota: alcuni paesi cosiddetti "periferici" sembrano registrare una frenata economica o nuovi problemi bancari, e questo potrebbe rendere più difficile la loro uscita dalla crisi. Morale: gli investitori cercano sicurezza in Germania. Sui Bund.
Lo dimostra il fatto che i titoli di stato tedeschi hanno ridotto i rendimenti fino a nuovi minimi storici (2,399% per i decennali). Lo conferma il fatto che tutti gli altri titoli di stato hanno aumentato il differenziale di rendimento rispetto ai Bund: i BTp sono arrivati a 151 punti base, i titoli spagnoli hanno superato i 180, quelli greci gli 800, quelli portoghesi i 280 e quelli irlandesi si sono avvicinati ai 300. Lo ribadisce infine la domanda sufficiente, ma più scarsa del solito, sulle aste di BTp.
BTp senza appeal
Che anche ieri il mercato sarebbe rimasto teso lo si è capito sin dalla mattinata proprio con le aste di BTp quinquennali e quindicennali italiani, collocati con rendimenti al 2,63% e al 4,36% (minimo da marzo 2007). È vero che, in fin dei conti, la domanda c'è stata: 1,257 volte superiore all'offerta per i quinquennali e 1,268 volte per i quindicennali. Ma, ugualmente, tanti operatori definiscono «deludente» l'asta: le richieste degli investitori sono state inferiori rispetto agli ultimi collocamenti, e dopo l'asta i BTp hanno iniziato a perdere quota sul mercato. Segnali non certo positivi.
Eppure l'Italia può essere solo un pretesto, ma le tensioni vere riguardano altri paesi. In primo luogo l'Irlanda: dopo che il Governo ha dovuto salvare nuovamente la Anglo Irish Bank, gli investitori sono tornati a temere per i conti pubblici dell'intero paese. Poi la Grecia: proprio giovedì Atene ha comunicato un calo del Pil del 3,5% annuale. Infine la Spagna, dopo la notizia che le banche hanno aumentato il ricorso ai prestiti "salvagente" della Bce. Tutto questo ha pesato sui paesi periferici. Inclusa l'Italia.
Un dubbio: la ripresa
Il motivo per cui gli investitori sono tesi – e quindi si rifugiano sui Bund tedeschi – nasce dalla congiuntura. Le stime preliminari sul Pil degli stati europei (si veda pagina a fianco) hanno infatti confermato due timori. Uno: la Germania cresce (addirittura ha registrato il balzo record del Pil), ma distanzia tutti gli altri paesi. Si profila dunque un'Europa a due velocità. Due: l'incredibile sprint della Germania è guidato dall'export (il paese è il secondo maggiore esportatore al mondo dopo la Cina), per cui potrebbe ridimensionarsi in futuro se l'euro si rafforzasse o se gli Stati Uniti finissero in recessione.
E questo è il cuore del problema. Gli Usa, ma anche la Gran Bretagna e perfino la Cina, stanno dimostrando di perdere slancio. Quindi l'intera economia globale potrebbe avviarsi verso una nuova frenata. Questo metterebbe sotto pressione i consumi, l'attività industriale, e alla fine anche i conti pubblici di tanti paesi. A partire dai più vulnerabili. Forse i prossimi dati smentiranno i pessimisti. Ma intanto, pensano in tanti, è meglio rifugiarsi sui Bund nonostante i tassi ai minimi. «Banzai».
m.longo@ilsole24ore.com
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dgambera
00lunedì 16 agosto 2010 20:27
La Germania non è la Cina

di Heleen Mees


ROTTERDAM – Non vi è dubbio che gli squilibri globali registrati negli scambi commerciali e nei flussi di capitale siano almeno in parte imputabili alla crisi finanziaria e alla conseguente recessione che scuotono l’economia mondiale dal 2008. Ma non tutti gli squilibri sono uguali, quindi è importante soppesare ai fini della stabilità e della prosperità economica globale gli effetti dei conti con l’estero dei singoli paesi.

La storia della crisi è ben nota: negli Stati Uniti, l’incremento dei prezzi delle case ha alimentato nei primi anni 2000 i consumi privati, malgrado una tiepida crescita dei salari. Insieme al crescente deficit di bilancio USA, il deficit americano delle partite correnti – già ampio – aumentava a dismisura, mentre crescevano i surplus esterni della Cina e, a seguito del continuo innalzamento del prezzo del petrolio, quelli dei paesi petroliferi come gli Emirati Arabi Uniti.

L’Europa, nel frattempo, appariva magnificamente ben equilibrata, almeno superficialmente, a seconda che si considerassero tutti i 27 paesi membri dell’Unione Europea oppure solo i 16 membri dell’Eurozona. Mentre gli Stati Uniti incorrevano in deficit delle partite correnti che raggiungevano anche il 6% del PIL, l’Unione Europa e l’Eurozona raramente registravano un deficit – o un surplus – superiore all’1% del PIL.

Lo scorso anno, tuttavia, fu fin troppo chiaro a tutti che si trattava solo di un’illusione. Sotto la superficie si accumulavano enormi squilibri, con conseguenti boom immobiliari, alimentati dal debito, nella zona periferica dell’area euro. La Germania e i Paesi Bassi registravano surplus in un range compreso tra il 7% e il 9% del PIL, bilanciando nel suo complesso le partite correnti per l’Eurozona. Ma, nel 2006, Portogallo, Spagna e Grecia giunsero a registrare deficit delle partite correnti pari al 9% del PIL e oltre.

La relazione Cina-USA assomiglia a quella tra una società di vendita per corrispondenza e un cliente non proprio solvente. Il paese più popoloso al mondo è il più grande creditore estero del governo USA e di aziende patrocinate dal governo americano come Fannie Mae e Freddie Mac. Le riserve ufficiali di cambio estero della Cina pari a oltre 2,5 trilioni di dollari, che derivano da surplus di partite correnti a due cifre e afflussi di capitale, sono per lo più investite in bond denominati in dollari.

Alcuni esperti sostengono che la Germania rivesta all’interno dell’Eurozona lo stesso ruolo che la Cina riveste in Cimerica, un neologismo coniato da Niall Ferguson e Moritz Schularick per descrivere la relazione simbiotica di tipo economico e commerciale tra Cina e USA. Se ci si focalizza solamente sulle partite correnti della bilancia dei pagamenti, potrebbe sembrare così. Nel 2007, mentre il surplus esterno tedesco raggiungeva il valore record di 7,5% del PIL, il surplus bilaterale più alto della Germania era con gli USA (29,5 miliardi di euro), seguiti da Spagna, Francia, Regno Unito e Italia. La Germania registrava il maggiore deficit bilaterale (21,2 miliardi di euro) con la Cina, seguita da Norvegia, Irlanda e Giappone.

Ma la Germania non accumulava riserve estere come invece faceva la Cina. Anzi, al contrario, tra il 2000 e il 2008 le riserve estere tedesche registrarono un calo. Mentre la Cina è un ampio beneficiario di investimenti diretti esteri (IDE), la Germania è un grande esportatore netto di tali investimenti. Nel 2008 l’afflusso netto di IDE della Cina ammontava a un totale di 94 miliardi di dollari, rispetto al deflusso netto di IDE della Germania pari a 110 miliardi di dollari.

In effetti, gli IDE netti costituiscono circa un terzo del conto di capitali della Germania. Più della metà di questi investimenti è riversata all’interno degli altri paesi UE, con un ulteriore 30% verso gli USA. Secondo la Bundesbank, gli IDE tedeschi rappresentano quasi sei milioni di posti di lavoro all’estero. Quel numero non include i posti di lavoro aggiuntivi che derivano da una maggiore attività economica in una data regione.

Il surplus della Germania è quindi meno lesivo di quello della Cina, perché utilizzato in investimenti che promuovono i guadagni di produttività, la crescita economica e la creazione di posti di lavoro – e che spesso includono trasferimenti di tecnologia che contribuiscono a sviluppare capitale umano.

Il surplus cinese, invece, fortemente incentrato sui bond governativi USA, incrementa essenzialmente i consumi personali – un processo che ha raggiunto l’apice agli inizi di questo decennio, quando i tagli fiscali dell’amministrazione Bush, insieme ai rifinanziamenti cash-out per le case e agli home equity loans, prestiti vitalizi ipotecari, trasformarono il debito sovrano USA in crediti per i consumatori. Naturalmente, anche la domanda generata dal credito cinese incentiva la crescita economica, ma per lo più in Cina, grazie al boom delle esportazioni verso gli Stati Uniti.

Con la massa di baby boomer che andranno in pensione nel prossimo decennio, la Germania ha un valido motivo per risparmiare. In vista della riduzione della forza lavoro del paese e del già elevato rapporto capitale-lavoro, è comprensibile che gli investitori tedeschi non vedano molte opportunità di investimento a livello nazionale, e quindi scelgano di investire all’estero.

Certamente, non é stato opportuno che le banche e i fondi pensione tedeschi abbiano prestato denaro a paesi indebitati quali Spagna, Grecia e Portogallo con condizioni oltremodo favorevoli, gonfiando le bolle finanziarie che alla fine sarebbero scoppiate. Come con qualsiasi creditore che fa un investimento incauto, a pagarne le conseguenze dovrebbero essere banche e fondi pensione.

Ciò nonostante, le differenze tra Cina e Germania sono decisamente maggiori rispetto alle somiglianze – non da ultimo per quanto riguarda la modalità di impiego dei propri surplus. Raggruppare tutti i paesi con surplus – o tutti i paesi con deficit, peraltro, non ci aiuterà a trovare un modo per riequilibrare l’economia mondiale.

Heleen Mees è ricercatrice presso l’Erasmus School of Economics di Rotterdam. Il suo libro Tussen hebzucht en verlangen – De wereld en het grote geld (Tra avidità e desiderio – Il mondo tra Wall Street e Main Street, ndt) è stato pubblicato nel 2009 nei Paesi Bassi.

Copyright: Project Syndicate, 2010.www.project-syndicate.orgTraduzione di Simona Polverino

©RIPRODUZIONE RISERVATA

serafin.
00mercoledì 18 agosto 2010 21:27
Incredibile la globalizzazione spacca !

Tlc:call center,in Usa pagati come India
E il colosso Genpact si aspetta triplicare addetti Usa



(ANSA) - NEW YORK, 18 ago -I dipendenti dei call center in Usa costano quanto i colleghi indiani dopo che la disoccupazione ha portato a forti cali salariali.La crisi in diverse aree Usa dell'outsourcing colpisce soprattutto la popolazione ispanica piu' impiegata in questi servizi.Il colosso di servizi aziendali e tecnologici indiana Genpact alla luce della tendenza si aspetta di triplicare la sua forza lavoro negli Usa nei prossimi tre anni.

www.ansa.it/web/notizie/rubriche/economia/2010/08/18/visualizza_new.html_1881827...

ormai siamo tutti formichine che per campare si vendono al minor prezzo indiani cinesi americani occidente oriente tutti uguali


Globalizzazione [SM=g1748861] [SM=g10881] [SM=g1748861]
dgambera
00lunedì 23 agosto 2010 13:11
La crescita spinge la disoccupazione tedesca ai minimi storici dalla riunificazione

23 agosto 2010




Grazie alla forte crescita dell'economia la disoccupazione in Germania quest'anno potrebbe collocarsi a uno dei livelli più bassi dalla riunificazione. Lo afferma il quotidiano Berliner Zeitung citando le ultime stime della Camera dell'Industria e del Commercio tedesca (Dihk) secondo cui la media dei senza lavoro in Germania nel 2010 è prevista a circa 3,2 milioni di unità, vale a dire intorno a 250mila in meno rispetto al 2009.

Il presidente di Dihk, Hans Heinrich Driftmann, ha commentato che in questo modo «il numero dei disoccupati scenderà ai minimi dal 1992». Il settimanale Der Spiegel aggiunge che Dihk avrebbe migliorato le proprie stime sulla crescita del Pil tedesco 2010 al 3,4% dal precedente 2,3%. La revisione al rialzo non sarebbe legata solo all'aumento dell'export, ma anche all'ampiezza della ripresa.

Il settore del servizi in Germania, intanto, si è espanso al suo tasso più rapido degli ultimi tre mesi nel mese di agosto, indicando la possibilità di un ampliamento del recupero nella maggiore economia europea. L'indice Pmi manifatturiero invece inizia a rallentare la sua corsa. Secondo l'indagine di Markit la stima flash dell'indice Pmi servizi è salita a 58,5 punti da 56,5 in luglio, contro 56,3 delle attese. Il settore manifatturiero si é invece espanso al suo tasso più lento degli ultimi sei mesi a 58,2 punti contro 61,2 del mese scorso e 60,5 delle previsioni di consensus.

Tutto questo non significa che i problemi siano superati. Soprattutto nell'ex Germania Est, dove la difficoltà di trovare un lavoro si ripercuote sul numero delle persone che aspirano a fare le valigie: uno su tre non vede l'ora di scappare e tra gli studenti oltre la metà non vede futuro a casa.
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Un tedesco dell'Est su tre vuole fare le valigie alla ricerca di un futuro migliore

23 agosto 2010


A vent'anni esatti dalla riunificazione un terzo dei tedeschi dell'est non vuole più rimanere a vivere dove è nato ed è pronto ad emigrare, nell'ovest del paese o all'estero. Lo documenta uno studio dell'Istituto Leif di Lipsia, riportato in prima pagina dal quotidiano Die Welt, secondo il quale il 32% degli «Ossis», i tedeschi dell'est, è pronto a lasciare l'ex territorio della Ddr, mentre addirittura più di uno studente universitario su due (57%) si prepara a fare altrettanto, intenzione condivisa dal 46% dei disoccupati.

A voler abbandonare i cinque laender tedesco-orientali è la metà dei giovani di età compresa fra 16 e 25 anni, ma anche il 26% di chi ha tra 55 e 65 anni. Il Welt scrive che «chi percorre l'est della Germania sa cosa significano paesaggi spopolati», mentre durante un lungo percorso autostradale nella Sassonia-Anhalt «l'unico segnale di vita è l'insegna blu di un autogrill».

Intanto, in un'intervista al quotidiano Passauer Neue Presse l'ultimo primo ministro democraticamente eletto della Ddr, Lothar de Maizière (Cdu), contesta il concetto di «unrechtsstaat», negazione dello stato di diritto, con cui si continua a definire la Ddr. «Si tratta di una definizione infelice», spiega l'esponente cristiano-democratico, poichè «la Ddr non era uno stato di diritto completo, ma nemmeno la negazione di esso. Con questa definizione si sottintende che tutto ciò che venne fatto in nome del diritto fosse illegale». «Anche nella Ddr un assassinio era un assassinio ed un furto era un furto», afferma de Maiziere, che nella Ddr faceva di professione l'avvocato e secondo il quale «l'unico problema erano il diritto penale politico e la mancanza di una giurisdizione amministrativa».

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Nuova lezione di tedesco sull'export in Asia

di Micaela Cappellini 23 agosto 2010


La lezione tedesca sui mercati globali ci insegna che investimenti ed esportazioni verso i paesi emergenti sono l'ingrediente essenziale di una crescita sorprendente del Pil, che la Bundesbank dice sarà del 3% nel 2010. La Germania ci insegna anche che le imprese all'estero si muovono più facilmente quando alle spalle hanno un granitico sistema di supporto istituzionale.

Ma c'è un'altra lezione tedesca, che arriva dall'Asia. E ha due ingredienti: la cosiddetta mittelstand, il tessuto delle medie imprese specializzate, e le banche per lo sviluppo. Prendiamo la Kirow di Lipsia: si è aggiudicata due contratti – uno da 98 milioni di dollari e l'altro da 68 – con le ferrovie cinesi, e per portarli a casa ha partecipato a un bando dell'Asian Development Bank (Adb), la Banca per lo sviluppo dell'Asia. Un'istituzione cui Berlino contribuisce con un capitale di 2,3 miliardi di dollari, ma da cui ha buoni ritorni in appalti per le proprie aziende. È un gioco a doppio guadagno: chi si aggiudica i finanziamenti aiuta un paese emergente a modernizzarsi e apre a se stesso nuovi mercati. I tedeschi sono tra i più esperti utilizzatori dei fondi delle banche di sviluppo. Li conoscono, concorrono, vincono, vanno e costruiscono. Questo serve loro a incontrare, in territori poco noti, interlocutori privilegiati con cui poi continuare a fare affari, una volta chiuso il progetto finanziato.

La posta in gioco è enorme: entro il 2020 l'Asia dovrà spendere 8mila miliardi di dollari in nuove infrastrutture. E l'Italia, che contribuisce al capitale dell'Adb, farebbe bene a non sottovalutare questa porta d'ingresso.
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dgambera
00martedì 24 agosto 2010 10:24
Germania: Pil II trimestre salito del 2,2% t/t, la crescita più forte dalla Riunificazione

Finanzaonline.com - 24.8.10/10:12

Il Pil tedesco ha messo a segno nel secondo trimestre dell'anno la crescita più forte dai tempi della Riunificazione, con un balzo trimestrale del 2,2% e un progresso del 3,7% su base annuale. Il dato definito diffuso oggi dal Federal Statistics Office in Wiesbaden sebbene confermi la lettura preliminare dello scorso 13 agosto, segna un record dai primi anni '90 ed è stato definito dalla Banca centrale di Berlino "estremamente dinamico".

A trainare la crescita del Paese teutonico sono stati gli investimenti e le esportazioni, secondo quanto rilevato dall'ufficio statistico. I primi sono aumentati del 4,4% mentre l'export ha registrato nel trimestre di riferimento un rialzo dell'8,2% rispetto ai primi tre mesi del 2010 contro un aumento delle importazioni del 7%, facendo così segnare un surplus che ha contribuito per 0,8 punti percentuali alla crescita dell'economia tedesca.

Anche nei prossimi mesi si prevede che la Germania avanzerà a buon ritmo. Lo scorso 19 agosto la Bundesbank, la Banca centrale di Berlino, ha infatti rivisto al rialzo le stime di crescita del Pil del 2010 in seguito al balzo del secondo trimestre. Le nuove stime dell'istituto centrale tedesco sono di un progresso annuo del 3 per cento rispetto al +1,9 per cento precedentemente indicato.

Intanto in una Germania che si mostra solida, ci si prepara all'arrivo della tassa sulle banche, che verrà varata domani dal consiglio dei ministri. Secondo le ultime indicazioni, il prelievo non sarà superiore al 15% degli utili netti. Il governo di Berlino introdurrà anche nuove norme sul fallimento degli istituti di credito, attribuendosi il diritto di smantellare le banche in difficoltà, prenderne il controllo e salvare gli asset ritenuti strategici.
(sylvestro)
00venerdì 27 agosto 2010 19:59
laplace77
00venerdì 27 agosto 2010 20:44
Re:
(sylvestro), 27/08/2010 19.59:





svezia danimarca e finlandia sono tra le europee con i migliori stati sociali...

eppure sono quelle che hanno meno debito e meno deficit...


...ma come caxxo faranno...

[SM=g9128]

_gmp_
00venerdì 27 agosto 2010 21:33
Re: Re:
laplace77, 27/08/2010 20.44:




svezia danimarca e finlandia sono tra le europee con i migliori stati sociali...

eppure sono quelle che hanno meno debito e meno deficit...


...ma come caxxo faranno...

[SM=g9128]





forse perché non rubano truffano falsificano evadono corrompono? [SM=g7574]
grella
00venerdì 27 agosto 2010 23:35
Re: Re: Re:
_gmp_, 27/08/2010 21.33:




forse perché non rubano truffano falsificano evadono corrompono? [SM=g7574]



...........e si dimettono se comprano un porno a spese della comunità.......... da noi al massimo vanno alla presidenza di qualche grosso Istituto............. [SM=g1746735] [SM=g1746735] [SM=g1746735]




dgambera
00lunedì 30 agosto 2010 12:17
laplace77
00lunedì 30 agosto 2010 13:12
Re:
dgambera, 30/08/2010 12.17:





tutto questo entusiasmo sulla germania mi sa' che e' pericoloso...

crescono per le esportazioni, di cui buona parte sono macchinari...

...che vengono usati per produrre a basso costo, grazie al "dumping salariale"...

...insomma: se vendiamo macchinari industriali alla cina, vendiamoglieli vecchi e malfunzionanti, non nuovi ed efficienti, che senno' poi...

[SM=g7574]

dgambera
00lunedì 30 agosto 2010 13:19
Re: Re:
laplace77, 30/08/2010 13.12:




tutto questo entusiasmo sulla germania mi sa' che e' pericoloso...

crescono per le esportazioni, di cui buona parte sono macchinari...

...che vengono usati per produrre a basso costo, grazie al "dumping salariale"...

...insomma: se vendiamo macchinari industriali alla cina, vendiamoglieli vecchi e malfunzionanti, non nuovi ed efficienti, che senno' poi...

[SM=g7574]





Io sto mettendo in preventivo un corso di cinese [SM=p7579]
dgambera
00venerdì 3 settembre 2010 18:56
E chi sono io? Un Draghi?

Draghi da Seul lancia messaggi all'Italia che per ripartire dovrebbe fare come la Germania

di Elysa Fazzino 3 settembre 2010




La ripresa economica globale «resterà con noi», anche se è fragile: lo ha affermato il governatore della Banca d'Italia Mario Draghi, parlando ai giornalisti oggi a Seul. A Cernobbio, l'economista Nouriel Roubini, in un'intervista alla Bloomberg Tv, ha detto che il rinnovato «quantitative easing» non aiuterà l'economia americana, poiché le banche si rifiutano di fare prestiti.

I due brevi flash dell'agenzia Bloomberg, ripresi sul sito del San Francisco Chronicle, sono un assaggio dei temi che saranno dibattuti sabato e domenica a Gwangju, in Corea del Sud, in una riunione dei viceministri finanziari del G 20, in preparazione del vertice che si terrà a novembre a Seul. Il meeting che si apre domani è stato preceduto a Seul da una conferenza sulla regolamentazione finanziaria Corea-Financial Stability Board cui ha partecipato Draghi in qualità di presidente del Fsb.

«Ora ci sono maggiori probabilità che questa ripresa non ci abbandoni», ha sottolineato Draghi, a margine dell'incontro, aggiungendo che rischi, legati alla rimozione delle misure di stimolo economico e alla fragilità dei mercati finanziari, sono sempre presenti.
Draghi ha inoltre affermato che la ripresa europea, con divari tra Nord e Sud, si diffonde anche tra i paesi meno "veloci". In Europa, «la ripresa si sta allargando. In Germania consumi e investimenti stanno crescendo. La ripresa viene dalla Germania e si sta diffondendo nel resto dell'Europa».

Per crescere di più, «l'Italia deve diventare produttiva e competitiva come la Germania», ha detto Draghi, invitando l'Italia a seguire l'esempio della Germania con riforme in materia di lavoro e di fisco.

Intanto a Cernobbio, dove si è aperto il workshop annuale dello studio Ambrosetti, Roubini, professore di economia alla New York University, bacchetta le banche, refrattarie a fare prestiti e a fare la loro parte nella ripresa. Di fronte al rallentamento dell'economia Usa, la Fed ha imboccato di nuovo la strada del cosiddetto "allentamento quantitativo", tornando ad acquistare titoli di Stato a lungo termine per iniettare nuova liquidità nel sistema.
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dgambera
00sabato 4 settembre 2010 17:22
Editoriale di Giannino

Sabato 04 Settembre 2010 di OSCAR GIANNINO


IL RICHIAMO lanciato dalle colonne di questo giornale a concentrarsi sui problemi dello sviluppo ha suscitato in pochi giorni assai più di una semplice eco giornalistica. Il Capo dello Stato ha levato la sua voce. Il leader del Pd Bersani ha invitato ad aprire una stagione di riforme “per uscire dalla palude”. Il governatore della Banca d’Italia ieri da Seul ha invitato l’Italia a “fare come la Germania”. Il presidente del Consiglio ha assicurato che la settimana prossima ci sarà la nomina del nuovo ministro alle Attività Produttive. C’è davvero da augurarsi che fatti e scelte operose a settembre sostituiscano le troppe polemiche di agosto, assolutamente lontane dai problemi veri del Paese.
Nella più seria crisi mondiale dal secondo dopoguerra, l’Italia ha avuto il doppio merito di non dover salvare col denaro pubblico banche fallite, e di contenere il deficit pubblico aggiuntivo che altri grandi Paesi accendevano invece con eccessiva generosità. È per questo che non siamo finiti in cima alla lista dei Paesi sospetti nella crisi dell’eurodebito, e sono meriti oggettivi che andrebbero riconosciuti da tutti, a prescindere dalle opinioni politiche. Ieri per esempio lo ha fatto Tommaso Padoa Schioppa, il predecessore all’economia di Giulio Tremonti, ma in un governo di centrosinistra. “Non ci sono dieci modi di tenere in ordine i conti”, ha detto Padoa Schioppa. E ha ragione. Al rigore non c’è alternativa. E su questo Tremonti fa non bene ma benissimo, a richiamare tutti l’opposizione ma anche la maggioranza a impegni che nei prossimi anni continueranno a essere ancor più stringenti. Proprio perché i mercati diffidano dell’eccesso di debito pubblico di grandi Paesi che fino a due anni fa erano a 50 o 60 punti di Pil di distanza dal debito pubblico italiano, e ora sono prossimi invece a raggiungerlo.
Ma se questo è il punto di partenza, per “fare come la Germania” occorrono scelte che andrebbero anteposte a polemiche e divisioni. Scelte la cui condizione è di non abbandonare la linea del rigore dei conti pubblici, e che ci concentrino invece sui quattro maggiori fattori che hanno determinato la bassa crescita italiana nel decennio precedente alla crisi. Se non li modifichiamo, è molto probabile che resteremo nel secondo girone europeo, quello dei Paesi che crescono di poco più dell’1% annuo.
Mentre al contrario l’obiettivo possibile e necessario è quello di crescere a un tasso doppio, se non anche superiore.
Il reddito pro-capite italiano nel 2009 è sceso ai livelli del 1998. Rispetto alla media dell’euroarea siamo scesi dal 107% del 1990 al 95% dell’anno scorso. Rischiamo di scendere fino al 90% entro 5 anni, dice il Fondo Monetario Internazionale. Perché non sia così, il primo problema in cima all’agenda è la produttività. Gli indicatori tradizionali di competitività ci consegnano lo stesso messaggio. Dal 1997, il costo per unità prodotta nell’intera economia è salito del 20,6% in Italia, del 16,1% in Francia ed è calato dell’1,2% in Germania. Per il settore manifatturiero l’aumento è stato del 19% in Italia contro il -7,5% in Francia e il -9,8% in Germania. La produttività della nostra economia nel suo complesso è salita del 18,5% in Francia e Germania. In Italia, solo del 3,4%, in 12 anni.
Per accrescere la produttività, servono innanzitutto regole diverse per utilizzare al meglio gli impianti: orari, turni, straordinari, unendo l’obiettivo di più margini per l’impresa e più retribuzione detassata ai dipendenti. Sindacato e politica devono capire che le nuove regole disegnate dall’intesa sui contratti decentrati nel 2009 vanno attuate ora, subito. Non solo nel caso Fiat e in tutte le aziende agganciate alla ripresa mondiale. La produttività più elevata unita a più salario di merito è una parola d’ordine che deve investire settore dopo settore non solo l’industria, ma i servizi e tutta la pubblica amministrazione.
Ci sono poi due voci che pesano come il piombo, nella peggior produttività italiana. Le infrastrutture e l’energia. Sul primo capitolo, è decisivo riaccorpare su pochi progetti veramente prioritari i fondi di coesione e strutturali europei nonché i residui Fas italiani. È una cifra imponente che, tra avanzi europei 2001-2006 e 2007-2013 e fondi italiani, giunge quasi a 70 miliardi di euro. O le Regioni comprendono e concordano col governo che la frammentazione su mille progetti non ha senso perché non ha impatto, oppure continueremo a restare fuori da un’Europa ben diversamente infrastrutturata. Sull’energia, le premesse per il ritorno al nucleare sono state poste: ora si tratta di uscire dall’attesa e di nominare subito l’Agenzia per la sicurezza. Altrimenti l’Enel come tutte le altre imprese interessate non investiranno.
Infine, la quarta voce è quella della macchina pubblica, con tutte le inefficienze e disincentivi che essa trasmette all’economia italiana: dall’alto fisco alle disomogeneità territoriali, dalla cattiva scuola alla cattiva sanità. Il federalismo competitivo e con meno spesa di miglior qualità, ma nell’unità nazionale, è la risposta giusta se i suoi numeri concreti diventeranno presto materia di confronto prima, e di condivisione poi. Altrimenti, sarà continua e lacerante ma inutile campagna elettorale, Sud contro Nord e viceversa.
Il tempo è il più assoluto dei valori, nell’economia. Un capitale perduto può essere recuperato. Il tempo perso non lo restituisce nessuno: né a ciascuno di noi, né all’Italia e ai suoi figli.

serafin.
00martedì 7 settembre 2010 14:07
Germania: calano ordini industria
A sorpresa -2,2% a luglio, contro +3,6% giugno
07 settembre, 13:50



(ANSA) - ROMA, 7 SET - Gli ordini del settore manifatturiero tedesco a luglio hanno segnato a sorpresa un calo mensile del 2,2%, contro attese di un rialzo +0,5%. Lo scrive la Bloomberg, secondo cui il calo - il piu' forte da febbraio 2009 e in netta controtendenza dopo il rialzo del 3,6% di giugno - segnala che la ripresa nella maggiore economia dell'area euro sta perdendo spinta propulsiva.


www.ansa.it/web/notizie/rubriche/economia/2010/09/07/visualizza_new.html_1786131...


Già spenta la locomotiva tedesca [SM=g1749704]

questa crisi è micidiale nulla è più come prima
si arranca si tiene duro ma uscirne è un impresa titanica
FraMI
00giovedì 9 settembre 2010 01:15
Re: Re: Re:
dgambera, 30/08/2010 13.19:




Io sto mettendo in preventivo un corso di cinese [SM=p7579]



[SM=g1750826] ...Ma dipende sempre da che mondo vuoi abitare...io consiglio lo spagnolo [SM=g1747536]
(sylvestro)
00giovedì 9 settembre 2010 13:10
Pil: Ocse, Nel 3* Trim -0,3% Per Italia. Nel G7 Unico Paese Sottozero

giovedì, 9 settembre 2010

MILANO - L'Italia nel terzo trimestre di quest'anno potrebbe registrare un calo del prodotto interno lordo dello 0,3% su base trimestrale annualizzata. È quanto stima l'Ocse nell'Interim Assessment diffuso oggi a Parigi. L'organizzazione si riserva tuttavia un margine di errore di un punto e mezzo percentuale. L'Italia sarebbe così l'unico Paese dei G7 a registrare un Pil in retrocessione per il periodo luglio-settembre 2010. Nel quarto trimestre l'Ocse vede per l'Italia, sempre su base trimestrale annualizzata, un ritorno alla crescita dello 0,1%: il Paese rimane però in coda rispetto agli altri sei grandi.

GLI ALTRI PAESI DEL G7 - Nella media dei Paesi del G7 la crescita annualizzata sarà per il periodo luglio-settembre dell'1,4%. Fermo restando però che per tutti i Paesi e anche per la media dei Sette, l'organizzazione di Parigi si riserva un tasso di errore nelle stime che oscilla da 1 a 2,7 punti percentuali. Per il quarto trimestre del 2010 la crescita più forte, sempre su base annuale, è stimata per il Canada (+2,3%), per il Regno Unito (+1,5%) e per la Germania (+1,1%). Nella media dei Paesi G7 la crescita prevista dall'Ocse è pari a +1%.

CRESCE DISOCCUPAZIONE, CONSUMI A RISCHIO - Le incertezze sull'occupazione pesano sul futuro dei consumi e conseguentemente della ripresa economica mondiale evidenzia ancora l'Ocse. «Le incertezze circa la disoccupazione potrebbero mettere un freno all'espansione dei consumi privati», sottolinea l'Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo economico. Per l'Ocse «la crescita dei consumi privati potrebbe essere frenata da ulteriori aggiustamenti nelle spese delle famiglie in seguito al peggioramento dei bilanci che c'è stato nel corso del periodo di recessione».

Redazione online
09 settembre 2010© RIPRODUZIONE RISERVATA
laplace77
00venerdì 10 settembre 2010 00:04
Re: Re: Re: Re:
FraMI, 09/09/2010 1.15:



[SM=g1750826] ...Ma dipende sempre da che mondo vuoi abitare...io consiglio lo spagnolo [SM=g1747536]




quoterei, se si levassero dalle palle quel caxxo di re...

vogliamo dare lezioni di democrazia agli USA e al mondo e c'abbiamo ancora i re...

...discendenti de quelli che pe' 2 millenni se so' divertiti a facce scanna' (tra noi europei) per i beati cazzi loro...


e quindi ALONS INFANTS!



almeno quelli le palle 1 volta nella storia l'hanno tirate fuori...

[SM=p7579]
laplace77
00venerdì 10 settembre 2010 00:06
Re:
(sylvestro), 09/09/2010 13.10:

Pil: Ocse, Nel 3* Trim -0,3% Per Italia. Nel G7 Unico Paese Sottozero

giovedì, 9 settembre 2010

...

Redazione online
09 settembre 2010© RIPRODUZIONE RISERVATA




"in italia e' diverso" (cit.)

lo "stallo bancario" in qualche modo se deve da sconta'...

...gli squilibri so' squilibri, chiedete a ChinAmerica...
(sylvestro)
00venerdì 10 settembre 2010 13:09
Re: Re:
laplace77, 10/09/2010 0.06:


...
"in italia e' diverso" (cit.)
...



OCSE: TREMONTI, GRANDE RISPETTO MA IO GUARDO SOLO DATI ISTAT


21:05 09 SET 2010

(AGI) - Roma, 9 set. - "Io guardo solo i dati Istat, vedrete domani. Anche se ho un enorme rispetto per l'Ocse". Cosi' il ministro dell'economia, Giulio Tremonti, commenta i dati diffusi oggi dall'organizzazione di Parigi che indicano per l'Italia una flessione del Pil dello 0,3% nel terzo trimestre che pone il nostro paese tra i peggiori nel G7.
(sylvestro)
00lunedì 20 settembre 2010 11:06
Crescita, occupazione, produttività e investimenti fissi lordi in impianti e macchinari - Anni 1971-2009 (variazioni percentuali)

(sylvestro)
00lunedì 20 settembre 2010 11:10
Potere d’acquisto aggregato delle famiglie a cavallo delle crisi del 1992-1993 e del 2008-2009 in Italia (numeri indice base 1992=100 e 2007=100)


(sylvestro)
00lunedì 20 settembre 2010 11:13
Crescita complessiva del Pil nel periodo 2001-2009 nei paesi Ue, negli Stati Uniti e in Giappone - Anni 2001-2007 e 2008-2009 (variazioni percentuali)

(sylvestro)
00lunedì 20 settembre 2010 11:18
Reddito reale delle famiglie, popolazione e potere d’acquisto pro capite, in Italia - Anni 2000-2009 (numeri indice base 2000=100; migliaia di euro)

(sylvestro)
00lunedì 20 settembre 2010 14:40
Spese, entrate, pressione fiscale, indebitamento e debito delle amministrazioni pubbliche nei paesi Ue (a) - Anni 2007-2009 (valori percentuali del Pil)

(sylvestro)
00lunedì 20 settembre 2010 15:31
Fatturato industriale deflazionato - Anni 2003-2009 (variazioni percentuali)

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