Ricominciamo con gli 0virgolaniente
Il Pil dell'area Ocse rallenta nel quarto trimestre del 2010. Italia in coda, cresce solo dello 0,1 per cento
17 febbraio 2011
Il Pil dei Paesi dell'area Ocse è cresciuto dello 0,4% nel quarto trimestre del 2010. Lo rilevano le statistiche dell'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico. Si tratta del settimo trimestre consecutivo di crescita, ma segna anche un rallentamento rispetto allo 0,6% del terzo trimestre. Nell'ultima parte dell'anno l'Italia ha fatto registrare un +0,1 per cento.
Più in particolare, in Germania nell'ultimo quarter dello scorso anno il Pil è salito dello 0,4% (dopo il +0,7% del trimestre precedente); in Francia, invece, resta stabile allo 0,3%. Subisce una contrazione la crescita economica in Giappone (-0,3%) e in Gran Bretagna (-0,5%). Accelera quella degli Stati Uniti: +0,8% rispetto a +0,6% del terzo trimestre.
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E dopo "siamo più forti della Germania se aggreghiamo debito pubblico e privato", adesso se alla Germania togliamo le vendite di macchine o agli altri gli aiuti statali (a proposito: perchè non lo facciamo anche noi un pò di deficit spending?) noi siamo più forti e gli altri delle pippe
Come si può tradurre «Pil» dal tedesco all'italiano?
di Marco Fortis 17 febbraio 2011
La flessione dei Pil di Giappone (-0,3%) e Gran Bretagna (-0,5%) nel quarto trimestre 2010 e l'espansione relativamente modesta dell'economia americana, nonostante l'imponente deficit pubblico e l'aggressiva politica di "quantitative easing" della Fed, dimostrano che, con l'eccezione della Germania, c'è per il momento ben poca crescita nel mondo ricco, indipendentemente dai fattori climatici che hanno "raffreddato" gli ultimi tre mesi dello scorso anno.
Sicché il Pil italiano che chiude il quarto trimestre 2010 con un aumento congiunturale dello 0,1% (nonostante una dinamica dell'industria in temporanea frenata) e consolida nell'intero 2010 un incremento dell'1,3% (1,1% corretto per i giorni lavorativi) appare quasi consolatorio. Anche perché l'ultimo rapporto Pmi di Markit segnala a gennaio una rapida ripartenza della produzione manifatturiera italiana con un aumento al tasso più veloce in oltre quattro anni e mezzo e il maggiore aumento degli ordini esteri in undici anni.
Eppure fiumi di inchiostro sono stati spesi sulla debolezza dell'attuale ripresa dell'Italia che riproporrebbe, come già avvenuto prima dello scoppio della crisi globale, i medesimi profili di bassa crescita che avevano caratterizzato il nostro paese nel decennio precedente. Per la verità è in atto, anche se più nel mondo anglosassone che da noi, una certa revisione critica della storia economica degli ultimi anni, come dimostra anche un'analisi dell'Economist secondo cui non era affatto vero che la Germania crescesse meno di Usa e Gran Bretagna prima della crisi. Al contrario, la Germania, ora diventata addirittura "modello universale", era cresciuta più di tutti nel G-7 in termini di Pil pro capite. Queste analisi sono certamente apprezzabili ma ancora non tengono conto della spinta abnorme, da noi più volte sottolineata, dell'indebitamento privato e della bolla immobiliare e finanziaria sulla crescita passata degli Usa e del Regno Unito, poi collassati e ora alle prese anche con sbilanci pubblici spaventosi, per non parlare degli ex "miracoli" falliti miseramente dell'Irlanda o della Spagna.
Considerando anche i conti finanziari nazionali, la dinamica economica tedesca tra il 2000 e il 2008, realizzata senza accrescere i debiti privati, anzi riducendoli, apparirebbe ancor più meritevole di apprezzamento e, forse, vi sarebbe persino un po' di spazio per una "rivisitazione" storica anche della debole performance italiana.
Una cosa è certa. Senza la droga delle "bolle" ora crescere è più difficile per tutti. E, se si guardano meglio i dati macroeconomici, si scoprirebbe che, contrariamente a ciò che molti pensano, senza l'aiuto della mano benevola dello stato la ripresa di tanti altri paesi non è poi molto più scoppiettante rispetto alla nostra se non addirittura inferiore. Il che dimostra la perdurante superficialità di tante valutazioni che continuano ad identificare nel nostro paese un "caso" unico, meritevole addirittura di un seminario ad hoc al recente forum di Davos che ha concluso i propri lavori giudicando sbrigativamente l'Italia "marginale e in declino" secondo un vecchio copione ormai abusato.
Vale la pena di ricordare che se si considerano i 6 più importanti paesi della Ue e gli Stati Uniti, l'Italia è stata l'unica economia che, a seguito di una rigorosa politica di bilancio, dal secondo trimestre 2009 al terzo trimestre 2010 ha drasticamente ridotto la spesa pubblica a valori costanti: -0,8 per cento. Mentre altri paesi l'hanno fortemente accresciuta: l'Olanda del 2,6%, la Germania del 2,5%, la Francia dell'1,9%, gli Stati Uniti dell'1,3% e la Gran Bretagna dell'1,2 per cento. Si può fare un semplice esercizio, andando a vedere come sarebbe stata la crescita degli altri paesi se anche loro avessero ridotto la spesa pubblica come ha fatto l'Italia. Si tratta di una simulazione magari non rigorosissima perché bisognerebbe tener conto dell'impatto delle tecniche di destagionalizzazione dei dati sulle serie statistiche così modificate nonché degli effetti indotti demoltiplicativi sugli altri settori provocati da un'ipotetica mancata spesa dello stato. Tuttavia siamo certi che, anche elaborando stime più raffinate, non si arriverebbe a conclusioni molto diverse dalle nostre (che casomai peccano per difetto a svantaggio dell'Italia).
Che cosa emerge dall'analisi? Innanzitutto (si veda la tabella) si conferma comunque la forte crescita del Pil della Germania dal secondo trimestre 2009 al terzo trimestre 2010, anche se, applicando una riduzione della spesa pubblica analoga a quella dell'Italia, l'incremento del Pil tedesco calerebbe un po' passando dal 4,6% a un 4 per cento. E in modo simile scenderebbe anche la crescita Usa dal 3,7% al 3,3 per cento. Il dato più interessante però è che con un taglio "all'italiana" della spesa pubblica la crescita del Pil francese diminuirebbe da 1,9% a 1,2% e risulterebbe inferiore all'aumento del nostro Pil. Anche il tasso di crescita olandese diminuirebbe di quasi un punto percentuale e si avvicinerebbe notevolmente a quello italiano. Mentre l'incremento del Pil inglese rimarrebbe superiore a quello dell'Italia soltanto di 0,5 punti. Ed è verosimile ritenere che, aggiungendo i dati del quarto trimestre 2010 (con l'Inghilterra in forte frenata), il gap tra il nostro paese e la Gran Bretagna si ridurrebbe ulteriormente.
Vanno poi considerati gli enormi incentivi fiscali ai consumi privati che, diversamente dall'Italia, paesi come gli Stati Uniti o la Germania hanno messo in campo durante la crisi: incentivi che non sono stati molto diversi da veri e propri aiuti di stato. Lo stesso Istituto federale di statistica ha stimato che, senza gli acquisti di auto, nel 2009 i consumi tedeschi anziché aumentare dello 0,4% circa sarebbero calati in termini puramente matematici dello 0,5 per cento. Alla luce di tutti questi elementi, tante iperboli sulla stessa Germania, che pure vanta un'industria manifatturiera con gruppi formidabili ed ha fatto riforme importanti, sono forse un po' esagerate. Tanto per cominciare, nonostante le molte auto e tecnologie che la Germania vende alla Cina, la bilancia commerciale tedesca è in costante flessione ormai da diversi mesi ed è ancora del 20% circa inferiore in valore ai massimi pre-crisi. Sicché gli stessi tedeschi affidano ora le loro speranze sul 2011 non più all'export ma alla crescita statisticamente già acquisita nel 2010 e all'auspicio che la domanda interna non deluda.
La realtà è che senza l'apporto della spesa pubblica (che si è drammaticamente scaricata sui deficit di bilancio assieme ai costi dei salvataggi bancari, degli incentivi ai consumi e delle indennità di disoccupazione) una buona parte della ripresa di molti paesi non si sarebbe concretizzata. E per come è avvenuta è altrettanto evidente che non si tratta di una ripresa completamente solida. Tutto ciò rivaluta il +1,5% di crescita del Pil italiano tra il secondo trimestre 2009 e il terzo trimestre 2010 che è stato determinato esclusivamente da una ripresa reale e non dalla mano dello stato. Ciò ovviamente non significa che l'Italia non debba fare di più per crescere. Ma con maggiore consapevolezza del suo effettivo ritardo rispetto agli altri Paesi e decidendo in modo meno ansiogeno e improvvisato le scelte da operare.
Come dire: se alla Ferrari togliamo 4 pistoni la mia Panda vince i il mondiale