Notizie macro - Crescita e globalizzazione

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stoneisland
00mercoledì 9 aprile 2008 15:27
Speculando si impara
Non so se l'articolo qui sotto riportato e' inerente alla discussione
pero' nella rassegna stampa non ho trovato argomenti sugli enti pubblici ed i derivati.


www.wallstreetitalia.com/articolo.aspx?art_id=564313
iandy73
00venerdì 11 aprile 2008 11:27
Petrolio, in 2012 visto scendere sotto 60 dollari - Scaroni
ROMA (Reuters) -
Eni stima che il prezzo del petrolio possa scendere nel 2012 sotto i 60 dollari al barile, dai massimi storici di oltre 100 dollari. Lo ha detto Paolo Scaroni, amministratore delegato di Eni, durante la trasmissione Panorama del giorno condotta da Maurizio Belpietro. "Con i prezzi degli ultimi anni, con i prezzi fino a 100 dollari al barile, tutti gli investimenti sono ripresi a ritmo frenetico per cui l'offerta di petrolio nei prossimi mesi ed anni non potrà che crescere. Ed è per questa ragione che noi nel medio termine siamo ottimisti sul prezzo del petrolio nel senso che ci attendiamo che scenda fino ai 50-60 dollari al barile che ci sembra un prezzo sostenibile anche per l'economia mondiale", ha detto Scaroni. Quanto al prezzo record attuale, Scaroni ha detto: "spero che non vada più in alto, ha raggiunto i 100 dollari e la speculazione fa la sua parte in questi record".

Scusate ragazzi ma non ci capisco niente io oppure questo si è scolato una bottiglia di Vodka e poi ha rilasciato l'intervista?!

Prezzo del petrolio in discesa???????!!!!!! [SM=g7564]
laplace77
00lunedì 21 aprile 2008 12:01
DECOUPLING !
08:42 - Cina: crescita Pil rallentera' nel 2008, in aumento i consumi

(Il Sole 24 Ore Radiocor) - Pechino, 21 apr - La crescita
del Pil cinese probabilmente rallentera' nel 2008, dopo il
+11,9% del 2007, penalizzata dalla frenata delle altre
economie mondiali. Lo prevede Xu Xianchun, vicedirettore
dell'Ufficio nazionale di statistica, secondo cui
l'apprezzamento dello yuan e l'aumento del costo del lavoro
impediranno alle esportazioni di crescere. Allo stesso
tempo, tuttavia, la crescita dei salari spingera' i consumi,
in modo particolare nelle campagne.


[SM=g7605]
laplace77
00giovedì 24 aprile 2008 09:30
stagflazione alla francese

09:10 - Francia: cala a 106 pt indice fiducia industriali in aprile

(Il Sole 24 Ore Radiocor) - Parigi, 24 apr - La fiducia
degli imprenditori francesi e' diminuita in aprile a 106
punti dai 108 registrati in marzo (dato rivisto). Lo rende
noto l'Ufficio nazionale di statistica (Insee), precisando
che gli industriali del comparto manifatturiero ritengono
che il ritmo delle loro attivita' sia "sensibilmente
diminuito" e che prevedono di aumentare i loro prezzi
"in
linea con quanto gia' hanno fatto in marzo".


[SM=g7601]
guido.zip
00lunedì 28 aprile 2008 17:55
Scherzi del destino
.

Call center indiani per debitori americani

Il nuovo compito dei call center indiani è telefonare nelle case all’ora di cena per richiamare all’ordine i debitori, insistere sulla puntualità dei pagamenti


rampini.blogautore.repubblica.it/2008/04/27/call-center-indiani-per-debitori-am...

.
laplace77
00martedì 29 aprile 2008 00:18
Re: Scherzi del destino
guido.zip, 28/04/2008 17.55:

.

Call center indiani per debitori americani

Il nuovo compito dei call center indiani è telefonare nelle case all’ora di cena per richiamare all’ordine i debitori, insistere sulla puntualità dei pagamenti


rampini.blogautore.repubblica.it/2008/04/27/call-center-indiani-per-debitori-am...

.




divertentissimo...


chissa' che rispondono gli americani agli indiani...

"prima ci hanno tolto il lavoro per darlo a voi,
ora voi ci venite a dire di pagare i debiti..."


laplace77
00lunedì 19 maggio 2008 12:15
parolacce ?!?

11:51 - Usa: economisti Nabe vedono recessione al 56%, ripresa sara' lenta

(Il Sole 24 Ore Radiocor) - Washington, 19 mag - La crisi
del credito e il collasso del mercato immobiliare potrebbero
attenuarsi entro la fine di quest'anno ma la ripresa sara'
lenta e passera' attraverso un deciso aumento della
disoccupazione. E' quanto prevedono gli economisti della
National Association for Business Economics (Nabe) secondo
cui vi e' il 56% di possibilita' che l'economia Usa sia gia'
entrata o stia per entrare in una fase di recessione. A
febbraio i pessimisti erano solo il 45%.



"collasso" mi pare un tantino piu' grave di "crisi", "disoccupazione" o "recessione"...


[SM=g7628]
laplace77
00lunedì 19 maggio 2008 13:39
non e' stagflazione...

12:51 - Germania: Bundesbank, crescita rallentera' in 2008 dopo forte avvio

Inflazione restera' elevata fino all'autunno

(Il Sole 24 Ore Radiocor) - Milano, 19 mag - La crescita
economica tedesca dopo l'inatteso +1,5% del I trimestre
rallentera' nel resto dell'anno, mentre il tasso di
inflazione restera' elevato fino all'autunno. E' la
previsione della Bundesbank che, nel suo rapporto mensile,
sottolinea come il forte inizio anno evidenzi l'intatto
potenziale dell'economia tedesca. Il ritmo di crescita,
secondo l'istituto, rallentera' visto anche il "business
sentiment" espresso dalle societa' che prevede una fase di
espansione piu' tiepida. "Il tasso di inflazione annuale -
recita il rapporto - e' atteso invece crescere
significativamente nei prossimi mesi e nessun declino
tangibile e' previsto prima del tardo autunno"
.
laplace77
00martedì 15 luglio 2008 17:35
incredibile airbus

ma che fa, gli aerei che vanno ad aria fritta?


17:23 - Airbus: altri 128 ordini al Salone di Farnborough

(Il Sole 24 Ore Radiocor) - Farnborough, 15 lug - Altra
pioggia di ordini per Airbus nel pomeriggio della seconda
giornata del Salone aeronautico di Farnborough. Il consorzio
europeo ha annunciato 128 ordini fermi di cui 5 da Aeroflot
per A321, 23 dalla americana Aviation Capital Group per 23
aerei della famiglia A320 e 100 dalla DAE Capital, la
societa' di leasing della Dubai Aerospace Enterprise che ha
trasformato in un ordine fermo la lettera di intenti per 100
aerei (30 A350-900 e 70 velivoli della famiglia A320)
firmata nel 2007.


vabbe' che gli airbus nuovi sono dei gioiellini e consumano poco...

vabbe' che a dubai con 10 euro fai il pieno alla macchina...

[SM=g7601] [SM=g7601] [SM=g7601]



PS: boeing suka!
[SM=p7579] [SM=p7579] [SM=p7579]
laplace77
00giovedì 17 luglio 2008 09:42
Crisis? What crisis?

prendo a prestito il titolo dal blog crisis


perche' c'e' chi ha la crisi e chi no:

09:13 - Cina: +21,4% vendite al dettaglio I semestre

(Il Sole 24 Ore Radiocor) - Pechino, 17 lug - Le vendite al dettaglio cinesi del primo semestre sono aumentate del 21,4% rispetto allo stesso periodo 2007, attestandosi a 5.104 miliardi di yuan. Lo ha reso noto l'Ufficio Nazionale di Statistica. A giugno le vendite sono salite del 23% rispetto allo stesso mese 2007.



PS: citofonare "Decoupling"

[SM=p7579] [SM=p7579] [SM=p7579]
ocy2001
00giovedì 17 luglio 2008 14:32
grella
00lunedì 25 agosto 2008 21:44
FED & BCE association.................

Proprio un mese fà (prima delle ferie) controllando la situazione Macro-mondiale ebbi la netta sensazione che mai come ora l'euro dovesse ulteriormente rinforzarsi grazie ad alcune mosse virtuose tacite della stessa BCE ..........risultato: calo sul dollaro in meno di un mese da 1,59 a 1,47. Secondo me a livello fondamentale tutto questo non ha logica ed ho la netta sensazione che dopo aver usato la Cina come salva debito e diverse banche europee per scaricare le insolvenze della finanza derivata, si tenti una mossa concertata che non può che donarci un' ulteriore spintarella recessiva visto che la BCE non si occupa affatto di programmazione e sviluppo dell'area EU come dovrebbe ma sembra molto solerte quando si tratta di eseguire ordini da oltreoceano.........

www.effedieffe.com

Mentre Bush persegue la sua mega-politica imperiale, l’economia USA, letteralmente, fonde come un gelato a ferragosto. I pignoramenti di case sono saliti del 55% a luglio rispetto a un anno fa; ciò significa che una famiglia su 464 ha ricevuto notizia di insolvenza, o ha visto mettere all’asta la sua casa, o se l’è vista prendere dalla banca creditrice (1).

Con punte tragiche in certe zone: in un’area metropolitana della Florida, Cape Coral-Fort Myers, una famiglia su 64 ha perso o sta perdendo la casa; in California, una famiglia ogni 186; in Nevada, una ogni 106. Le banche si trovano con almeno 750 mila unità immobiliari sequestrate, che non riescono a vendere nemmeno a prezzi drasticamente calanti. Eppure, il peggio deve ancora avvenire.

Circa un milione e mezzo di famiglie (per lo più in California) sono incatenate ad un tipo di mutuo variabile più velenoso dei sub-prime. Si chiama «Option ARM» (Adjustable Rate Mortgage), perchè i debitori hanno scelto di pagare le prime rate ad un tasso addirittura inferiore al mero interesse (cioè senza la quota di restituzione del capitale), mentre la quota non pagata si aggiunge al prestito originale, fino a quando raggiunge un certo ammontare (tra il 110 e il 125% del prestito d’origine); a quel punto il mutuo viene «riformulato» (recast) e il debitore deve pagare un rateo aumentato, di colpo, del 60-80%.

Ciò poteva ancora andare quando i prezzi immobiliari salivano; oggi, coi prezzi calanti, è un nodo scorsoio strangolatore (2). I proprietari si trovano a pagare enormemente di più del valore attuale della casa. E ovviamente non pagheranno, preferendo abbandonare l’immobile e rendersi introvabili. Ciò sta anzi già avvenendo; ma il grosso delle «riformulazioni» avverrà fra ottobre e marzo 2009. Con relative insolvenze a catena, e conseguenze esplosive per le banche creditrici.

Perchè il mercato delle opzioni ARM vale 400 miliardi di dollari, la metà della bolla dei subprime (1 trilione), ma colpirà un sistema bancario già alle corde. La linea di credito di emergenza aperta per Fannie Mae e Freddie Mac, le «assicuratrici» semi-statali dei mutui, è di 800 miliardi, e verrà dunque rapidamente risucchiata dagli ARM; peggio ancora, le opzioni ARM, coriandolizzate e confezionate, sono sparse in fondi di ogni genere, e su di esse è stato creato un business di derivati da trilioni di dollari, che dunque è minacciato di implosione, tale da gettare le banche nell’abisso.

Ciò pone la domanda: come mai, in quessta situazione fallimentare, il dollaro si è apprezzato sull’euro? Banche e imprese denunciano perdite colossali, i bilanci degli Stati sono in rosso profondo, la disoccupazione aumenta, e in questa rovina il dollaro risale.

La risposta viene da James Turk, analista e fondatore di Gold Money: «Le Banche Centrali sono intervenute a sostenere il dollaro, e ne posso dare la prova. Quando le Banche Centrali intervengono sui mercati valutari, comprano dollari con le loro valute; poi usano i dollari per comprare titoli di debito di Stato USA, per lucrare un interesse. Questi titoli di debito acquisiti dalle Banche Centrali sono conservati in custodia presso la Federal Reserve, e questa ne riporta l’ammontare ogni settimana. Ebbene: al 16 luglio 2008, la Federal Reserve riportava di detenere 2.349 miliardi di dollari (2,35 trilioni) in Buoni del Tesoro custoditi per conto di stranieri. Tre settimane dopo, i titoli in custodia erano più di 2,4 trilioni. Il che, in un anno, fa una crescita del 38,4%. Dunque le Banche Centrali accumulano dollari ad un ritmo mai visto, ingiustificato rispetto al deficit commerciale americano. La conclusione logica è che stanno sostenendo il dollaro, per impedirgli di precipitare. Provocando un rialzo, non troppo difficile da ottenere visto l’effetto-leva usato dei fondi hedge».





laplace77
00giovedì 11 settembre 2008 10:48
stagflaction and decoupling ?!?

10:24 - Bce: Papademos, economia globale in significativo rallentamento

(Il Sole 24 Ore Radiocor) - Milano, 11 set - L'economia
mondiale sta rallentando significativamente mentre
l'inflazione rimane alta e persistente.
Lo ha detto il
vice-presidente Bce, Lucas Papademos, secondo cui pero' la
frenata delle economie piu' avanzate e' compensata dalla una
migliore performance di quelle emergenti.
Papademos ha
sottolineato che il target della Bce e' la stabilita' dei
prezzi, evitando gli effetti di secondo livello, e l'attuale
politica monetaria contribuira' a tale obiettivo.



cosi' pare...

[SM=g7600]
laplace77
00giovedì 18 settembre 2008 09:20
Tremonti il keynesiano

09:03 - Crisi mercati: Tremonti, se ne esce con il ritorno al pubblico (Corsera)

(Il Sole 24 Ore Radiocor) - Roma, 18 set - La crisi dei
mercati puo' essere superata "con grandi investimenti
pubblici o comunque con politiche basate sul disegno
pubblico di grandi opere". Lo afferma il ministro
dell'Economia, Giulio Tremonti, in un'intervista al Corriere
della Sera. Alle politiche keynesiane, aggiunge il ministro,
si dovranno pero' accompagnare nuove regole che
ristabiliscano la fiducia, il ritorno alla manifattura e
all'idea che "la ricchezza non si produce a mezzo debito ma
a mezzo lavoro"
.



sono basito

laplace77
00giovedì 18 settembre 2008 11:05
Re: Tremonti il keynesiano
laplace77, 18/09/2008 9.20:


09:03 - Crisi mercati: Tremonti, se ne esce con il ritorno al pubblico (Corsera)

(Il Sole 24 Ore Radiocor) - Roma, 18 set - La crisi dei
mercati puo' essere superata "con grandi investimenti
pubblici o comunque con politiche basate sul disegno
pubblico di grandi opere". Lo afferma il ministro
dell'Economia, Giulio Tremonti, in un'intervista al Corriere
della Sera. Alle politiche keynesiane, aggiunge il ministro,
si dovranno pero' accompagnare nuove regole che
ristabiliscano la fiducia, il ritorno alla manifattura e
all'idea che "la ricchezza non si produce a mezzo debito ma
a mezzo lavoro"
.



sono basito







adesso e' piu' chiaro...

...avevo il sospetto che il 3monti-7colli stesse preparando il campo alla solita questua per qualche amichetto...

...ma stavolta si tratterebbe di salvare telecom?


10:53 - Telecom: Bernabe', per nuove reti serve un new deal

(Il Sole 24 Ore Radiocor) - Roma, 18 set - Per realizzare
investimenti necessari alle reti di nuova generazione "sono
necessarie nuove soluzioni, un new deal come un accordo tra
operatori, Governo e Autorita'". Lo ha detto Franco Bernabe',
amministratore delegato di Telecom Italia precisando che gli
investimenti necessari "sono enormi e mai realizzati da
privati". Inoltre in Italia tra Governo, Autorita' e
operatori c'e' "una convergenza di vedute sulla necessita' di
accelerare lo sviluppo delle nuove reti con regole giuste e
snelle e adeguati incentivi agli investimenti".



con tutti i debiti che ha...

...e con la crisi finanziaria e il credit crunch...



...voi vedere che diceva bene Grillo, che PRIMA O POI SALTA PURE TELECOM ?!?!?!?



PS: chissa' quelli di telefonica che dicono, e come stanno messi...
...forse i danni del tronchetto non li hanno sperimentati...

...mah! alle brutte dover dire "hola" invece di "pronto" non e' poi male!!!



PS: il nesso tra le due news e' Keynes e il "new deal", ovviamente

laplace77
00venerdì 3 ottobre 2008 02:15
gli indiani fanno shopping in italia...

...anche questa e' globalizzazione...


21:14 - *** Auto: gruppo indiano acquista quota strategica in Zagato Centrostile

Tra i clienti della societa' di design Ferrari e Jaguar

(Il Sole 24 Ore Radiocor) - Milano, 02 ott - Un altro
gruppo indiano mette piede nell'industria italiana.
All'indomani dell'ingresso di Tata in Piaggio Aero, il
conglomerato Autoline Industries - secondo quanto risulta a
Radiocor - ha acquisito una quota strategica di Zagato
Centrostile. Interpellati sull'operazione, i vertici di
entrambe le societa' hanno confermato la notizia. Zagato
negli ultimi decenni ha disegnato alcuni dei modelli piu'
rappresentativi di Alfa Romeo, Aston Martin, Bugatti,
Bentley, Ferrari-Maserati, Lamborghini, Jaguar e Rolls
Royce.



21:27 - Auto: gruppo indiano acquista quota strategica in Zagato Centrostile -2-

(Il Sole 24 Ore Radiocor) - Milano, 02 ott - "Con la
presenza di Zagato nel nostro gruppo - commenta Gopal
Patwardhan, presidente esecutivo di Autoline, quotata a
Bombay - copriamo l'intero ciclo vitale dello sviluppo del
prodotto, combinando ora volume di produzione e ingegneria
avanzata con il piu' esclusivo design italiano". "L'unione
delle piu' recenti tecnologie di modellazione e analisi ad
elementi finiti di DEP Autoline, controllata di Autoline
Industries, con la filosofia del design funzionale di Zagato
- commenta a sua volta Andrea Zagato, presidente
dell'omonimo gruppo italiano - rappresenta un significativo
sviluppo nei 90 anni di storia. L'alleanza con Autoline e i
suoi metodi di progettazione di punta ci consentira' di
continuare ad offrire il meglio del design italiano
associato alle piu' innovative tecnologie software di
modellazione e analisi, attualmente disponibili nel settore
Automotive". I consulenti finanziari dell'operazione,
firmata presso gli uffici dello Studio Legale Associato
Carnelutti, sono stati la Duke Equity di Dubai e la
Crescendo di Ginevra. Autoline e' stata assistita da K
Studio Associato (Kpmg). Nell'ultimo esercizio il gruppo
indiano Autoline ha fatturato 100 milioni di dollari.


polfish
00venerdì 3 ottobre 2008 13:03
laplace77
00lunedì 13 ottobre 2008 18:37
squali in azione?
a giudicare dalle clausole, si


18:01 - Wall Street: Morgan vola dopo revisione accordo con i giapponesi

(Il Sole 24 Ore Radiocor) - New York, 13 ott - Morgan
Stanley vola a Wall Street mettendo a segno un rialzo del
53,2% dopo aver ufficializzato l'accordo con Mitsubishi Ufj
Financial. Il colosso giapponese entrera' nel capitale della
banca con una quota del 21% e un investimento di 9 miliardi
come aveva annunciato a fine settembre, anche se i termini
sono stati modificati per tenere conto del crollo in Borsa
della banca Usa nelle ultime sedute. La notizia porta il
sereno in casa Morgan Stanley perche', come sottolineano gli
analisti, porta risorse fresche nella societa' anche se non
risolvera' tutti i problemi. L'effetto anche psicologico,
pero', e' importante. La decisione di Mitsubishi mostra che ci
sono investitori ancora pronti a scommettere sul titolo.
Smentendo le indiscrezioni circolate la scorsa settimana di
un possibile fallimento della trattativa, l'istituto
giapponese ha confermato il suo investimento di 9 miliardi
di dollari in una societa' che venerdi' capitalizzava attorno
ai 10 miliardi. Le condizioni, pero', sono state modificate
per tenere conto delle mutate condizioni di mercato rispetto
a inizio settembre quando era stata annunciata l'intesa. Nel
dettaglio, Mitsubishi investira' 9 miliardi in azioni
privilegiate e non in un mix di azioni ordinarie e
privilegiate come inizialmente previsto.
Le azioni privilegiate garantiranno un rendimento del 10% e
per la quota di convertibili (7,8 miliardi sui 9 miliardi
totali) il prezzo di esercizio della conversione e' stato
abbassato da 31 a 25,25 dollari. Morgan Stanley, da parte
sua, si e' garantita un premio sul rimbalzo dei titoli: se
entro un anno le azioni supereranno del 150% il prezzo di
conversione di 25,25 dollari per almeno 20 giorni su 30
sedute consecutive, la meta' delle azioni convertibili
saranno trasformate in convertibili. Ma soprattutto la banca
Usa sventa "il pericolo" di un ingresso del Tesoro nel suo
capitale (ipotesi che solo venerdi' veniva data quasi per
certa).



che ne dite?

d'altronde cinesi e giappo si dollari in cassa ne hanno tanti...



laplace77
00lunedì 20 ottobre 2008 09:44
DECOUPLING !

paragoniamole alle nostre...

09:16 - Cina: +23,2% vendite dettaglio settembre, +22% nei nove mesi

(Il Sole 24 Ore Radiocor) - Pechino, 20 ott - In Cina le
vendite al dettaglio sono cresciute in settembre del 23,2%
annuo, ricalcando la stessa performance registrata nel mese
precedente. Lo rende noto l'Ufficio nazionale di statistica,
precisando che nei primi nove mesi dell'anno l'incremento e'
stato del 22% (+21,9% nel periodo gennaio-agosto).




09:15 - Cina: inflazione settembre rallenta al 4,6%, piu' del previsto

(Il Sole 24 Ore Radiocor) - Pechino, 20 ott - In Cina
l'inflazione al dettaglio e' risultata in settembre pari al
4,6% tendenziale, inferiore al 4,7% atteso dagli analisti e
in rallentamento rispetto al 4,9% registrato in agosto. Nei
primi nove mesi dell'anno l'indice dei prezzi al consumo ha
registrato una crescita del 7% rispetto all'analogo periodo
del 2007. I dati sono stati resi noti dall'Ufficio nazionale
di statistica.




09:13 - Cina: crescita Pil rallenta a +9% nel terzo trimestre

(Il Sole 24 Ore Radiocor) - Pechino, 20 ott - In Cina la
crescita dell'economia e' rallentata al 9% nel corso del
terzo trimestre, consolidando nei primi nove mesi dell'anno
una performance del 9,9%. I dati, resi noti dall'ufficio
nazionale di statistica, segnalano un rallentamento del
ritmo rispetto al +10,6% registrato nel primo trimestre e
del +10,1% nel secondo.



[SM=g7600]


dgambera
00lunedì 1 dicembre 2008 15:55
Cina, per sostenere l'export la Banca centrale svaluta lo yuan sul dollaro

Lo yuan, la moneta cinese, ha registrato il calo quotidiano maggiore verso il dollaro. E la Banca centrale cinese ha deciso una svalutazione dello yuan nei confronti del dollaro, abbassando la gamma di oscillazione dello yuan. La valuta cinese è ora quotata a 6,8848 sul dollaro, il livello più basso da 5 mesi. più basso della banda di oscillazione imposta dalla People's Bank, la Banca Centrale cinese, dello 0,5%, in alto e in basso rispetto alla quotazione ufficiale. Lo yuan ha perso lo 0,73% rispetto alla quotazione finale di venerdì: 6,8349. Si tratta del calo maggiore sui mercati valutari da quando il peg, il "gancio" sul dollaro è stato abolito, nel luglio 2005. L'interpretazione pressoché unanime dei mercati è che le Autorità cinesi sono ora disposte a giocare anche la carta valutaria per sostenere le esportazioni del Paese che stanno subendo un calo superiore alle previsioni, come ha anche dichiarato il presidente Hu Jintao.
laplace77
00lunedì 16 febbraio 2009 12:16
japan or not japan?

12:12 - ###Giappone: ministro finanze si difende, "non ero ubriaco al G7"

(Il Sole 24 Ore Radiocor) - Tokyo, 16 feb - L'economia
giapponese registra la peggiore performance dal 1974 (-12,7%
su base annua), ma a Tokyo non e' solo la peggiore crisi del
Dopoguerra a tenere banco. Il ministro delle finanze Shoichi
Nakagawa si ritrova infatti nell'occhio di una tempesta
politica con l'accusa di essersi presentato ubriaco sabato
alla conferenza stampa di fine vertice al G7 di Roma.
Nell'incontro con i giornalisti, Nakagawa, 55 anni, ha
infatti parlato in maniera poco intelligibile facendo
visibilmente fatica a tenere la testa dritta e gli occhi ben
aperti. A un certo punto si e' anche confuso rispondendo lui
a una domanda rivolta invece al governatore della banca
centrale Masaaki Shirakawa. Il ministro delle Finanze ha
ammesso oggi di aver offerto una performance quantomeno
imbarazzante, ma assicura che la colpa di tutto non sta nel
vino quanto nei medicinali a base di alcool assunti per
combattere una forma di raffreddore particolarmente
virulenta. Rispondendo a domande su quanto accaduto in
parlamento, Nakagawa ha ammesso di aver bevuto un po' di
vino durante il pranzo di sabato, ma ha assicurato di "non
aver bevuto un intero bicchiere". "E' chiaro - ha tuttavia
ammesso - che non ho dato il meglio di me e questo le devo
dire con chiarezza. Ora voglio solo riprendermi del tutto
dal mio raffreddore e dedicare ogni mia attenzione a far
passare al Congresso la nuova legge finanziaria".
L'opposizione tuttavia non si accontenta delle
rassicurazioni offerte da Nakagawa e ne chiede ad alta voce
il licenziamento in tronco. A peggiorare la situazione si
sono aggiunte nelle ultime ore le dichiarazioni dell'ex
primo ministro Yoshiro Mori che in un'intervista alla tv
giapponese ha spiegato di aver parlato di questo problema in
passato con Nakagawa. "Visto che gli piace tanto bere - ha
detto - gli ho consigliato di stare bene attento in
occasioni del genere". Il partito democratico potrebbe ora
presentare una mozione di censura alla Camera nei confronti
di Nakagawa. La mozione non ha valore vincolante, ma
potrebbe costringere il primo ministro Taro Aso a dover fare
a meno del suo collaboratore. E questo sarebbe per lui un
colpo letale in un momento di autentico tracollo
dell'economia e del suo consenso tra gli elettori.



japan, japan...

[SM=g1750147]


laplace77
00lunedì 16 febbraio 2009 15:49
da noi e' diverso...

...la crisi non c'e'...


15:30 - Fiat: Montezemolo, in Italia grave crisi, vendiamo piu' in Germania

Bene incentivi, c'e' preoccupazione per persone in cig

(Il Sole 24 Ore Radiocor) - Roma, 16 feb - "Noi oggi
vendiamo piu' auto in Germania che in Italia, il che e'
tutto dire". Lo ha detto Luca Cordero di Montezemolo,
presidente della Fiat, in occasione dell'inaugurazione
dell'anno accademico all'Universita' Luiss. "Significa - ha
aggiunto - che da un lato c'e' la forza del prodotto Fiat,
dall'altro che c'e' crisi in Italia". Montezemolo ha poi
aggiunto che il gruppo sta "spingendo molto nell'innovazione
dei prodotti, sull'organizzazione e sulle persone. Persone a
cui guardo con molta preoccupazione e dispiacere; ci sono
tanti collaboratori della Fiat che sono in cassa
integrazione". Montezemolo ha poi lodato l'adozione di
incentivi per il comparto auto: "Ho sentito parlare molto di
incentivi per la Fiat, avendo espresso un parere molto
favorevole per queste iniziative che stanno avvenendo,
ancora piu' massicciamente, in tutti i Paesi". La fortuna
del Lingotto, ha aggiunto Montezemolo, e' che "ha prodotti
molto competitivi".


dgambera
00venerdì 20 febbraio 2009 14:07
I nodi vengono al pettine
Il nodo del cambio dollaro-yuan nell'agenda di Hillary in Cina

SHANGHAI – L'interscambio commerciale tra Cina e Stati Uniti. I diritti umani. La lotta alla contraffazione. La sicurezza dei prodotti made in China. L'ambiente. La riforma degli organismi internazionali. Il ruolo di Taiwan. La cooperazione militare tra le due superpotenze. Il tasso di cambio del renminbi.
La due giorni cinese di Hillary Clinton, che stasera sbarcherà a Pechino, ultima tappa della sua prima trasferta asiatica, si annuncia intensa e impegnativa. I temi di discussione nell'agenda dei colloqui tra il nuovo Segretario di Stato americano e la leadership cinese (la Clinton incontrerà anche il presidente, Hu Jintao) sono tanti e complessi. Ma, soprattutto, spinosi.

Il debito Usa fattore di frizioni potenziali
Per uno strano paradosso, i cinesi che non hanno mai amato George Bush, e in campagna elettorale hanno fatto il tifo per Barack Obama, non appena quest'ultimo si è insediato alla Casa Bianca hanno dovuto prendere atto che la nuova amministrazione democratica sarà un osso assai più duro rispetto a quella repubblicana.
È innegabile, infatti, che negli ultimi due anni la concomitanza di una serie di fattori avessero reso più fluide le relazioni sino-americane rispetto al passato: l'approccio conciliante del Segretario al Tesoro, Henry Paulson; la progressiva rivalutazione dello yuan sul dollaro; qualche sforzo concreto in più di Pechino sul fronte contraffazione.
Ma ora, complice la crisi finanziaria e la recessione globale, i vecchi dossier che per anni avevano avvelenato i rapporti tra Cina e Stati Uniti rischiano di tornare prepotentemente d'attualità. Con un elemento in più di potenziale frizione tra le due superpotenze: il debito americano.
Giusto ieri, Pechino ha comunicato che a dicembre la Cina ha sottoscritto altri 14 miliardi di dollari di Treasury Bonds, portando a 696 miliardi di dollari lo stock complessivo di titoli del Tesoro Usa detenuti nel proprio portafoglio, e consolidando così la sua posizione di principale finanziatrice planetaria degli Stati Uniti.

Le perplessità del Governo cinese
Il valore assoluto e anche relativo (circa un terzo del totale delle riserve valutarie cinesi oggi sono impiegate in titoli del debito americano) di questa partecipazione inizia a sollevare qualche perplessità nel Governo cinese.
Dopo aver elegantemente evitato nei mesi scorsi qualsiasi polemica sulle pesanti responsabilità pubbliche e private degli Stati Uniti nel collasso del sistema finanziario internazionale, negli ultimi tempi Pechino ha cambiato atteggiamento. E ha cominciato a fare i conti in tasca al suo grande creditore, a dubitare del suo effettivo grado di solvibilità, e a mettere in dubbio le prospettive del suo gigantesco investimento.
Come da copione, la nomenklatura non si è esposta in prima persona sulla questione, ma ha mandato avanti i suoi "esperti" per spiegare all'opinione pubblica nazionale e internazionale perché la Cina inizi a nutrire qualche preoccupazione sulle sorti dei propri quattrini immobilizzati sull'altra sponda del Pacifico.

Il timore del deprezzamento del dollaro
La tesi su cui fanno perno le critiche degli economisti cinesi è inconfutabile: un paese già indebitato sino al collo, che continua a varare piani di salvataggio o di rilancio dell'economia da svariate centinaia di miliardi di dollari, rischia di scivolare progressivamente nel baratro. Un deficit statale da record finirà per alimentare un'inflazione da record. Il dollaro non potrà che indebolirsi. E il valore degli investimenti cinesi negli Stati Uniti si deprezzerà.
Non solo. Un eventuale indebolimento del dollaro potrebbe avere un altro effetto negativo indiretto sull'economia cinese. Il valore di mercato di gran parte delle valute asiatiche è strettamente correlato ai corsi del biglietto verde americano. Un consistente deprezzamento di quest'ultimo, quindi, finirebbe per tirarsi dietro le monete delle Tigri, riducendo così i margini di competitività del made in China rispetto ai suoi concorrenti regionali sui mercati internazionali.

Il giusto valore del dollaro
Vale la pena di continuare a scommettere pesantemente su un paese e una moneta che hanno simili prospettive? Probabilmente no. Ecco perché la Cina deve studiare un'allocazione alternativa delle proprie riserve valutarie, è la conclusione degli osservatori cinesi.
Forse non è un caso che Pechino, tramite i suoi opinionisti più autorevoli, abbia deciso di far suonare a mezzo stampa il campanello d'allarme sul rischio Treasury Bonds proprio alla vigilia della visita di Hillary Clinton oltre la Grande Muraglia. Il messaggio per il nuovo Segretario di Stato statunitense sembra chiaro: prima di discutere quale sia il giusto valore dello yuan, come chiedono da anni gli americani, oggi forse sarebbe meglio discutere quale sia il giusto valore del dollaro.
dgambera
00lunedì 23 febbraio 2009 14:42
Il reddito delle famiglie fa un balzo all'indietro di 10 anni

«Non torniamo al Medioevo, al massimo torniamo al 2005 -2006», ha detto il ministro dell'Economia Giulio Tremonti a proposito della marcia indietro del Pil prevista per quest'anno. Il che è tecnicamente vero, anche se forse, con la continua revisione al ribasso delle stime (c'è chi vede il -3%, ma si tratta di congetture), stiamo più verso il 2004-2005 che il 2005-2006.

Tuttavia, quello che conta per la "sensazione" di ricchezza o di povertà delle famiglie italiane è il Pil pro-capite, e qui il confronto si fa più pesante. Il livello del 2009 torna a quello di dieci anni fa. L'italiano medio, insomma, fa un indesiderato "bagno di gioventù": si ritrova con i livelli di reddito del 1999, i quali, anche se superiori (grazie al cielo!) a quelli del Medioevo, non sono quelli che si aspettava quando, due lustri or sono, guardava al futuro.

Aspettative deluse
In effetti, quel che ha caratterizzato l'economia del dopoguerra - un "pianeta diverso" rispetto al passato - è quella che è stata chiamata la "rivoluzione delle aspettative crescenti". Ci siamo talmente abituati a questa rivoluzione che non la consideriamo nemmeno più tale.

Ma non era così nel passato. Traguardando l'andamento dell'economia e del benessere dei popoli nella tela dei secoli, vediamo una linea essenzialmente piatta per millenni, che comincia a innalzarsi con la rivoluzione industriale del tardo Settecento, va avanti a scatti, strappi e ritirate fino alla Seconda guerra mondiale, e finalmente s'invola, dritta e sicura, a partire dalla seconda metà del Novecento, un periodo felicemente unico nella storia dell'umanità. Ed è in quest'ultimo periodo che è iniziata quella rivoluzione, per cui consideriamo normale e quasi dovuto il fatto che ogni anno dobbiamo star meglio dell'anno prima, e se non stiamo meglio stiamo male, protestiamo, cambiamo Governo ed esigiamo che la crescita riprenda.

Si comprende quindi come sia triste il fatto che un giorno ci svegliamo e ci accorgiamo che siamo tornati agli standard di vita di dieci anni fa. La "rivoluzione della aspettative crescenti" è stata soffocata dalle bieche vicende della crisi.

E quello che succede in Italia succede anche negli altri Paesi: in America le vendite di auto crollano a livelli che non si vedevano da un quarto di secolo; l'inflazione è al livello più basso da mezzo secolo (e purtroppo la bassa inflazione è dovuta a un'economia debole); e i nuovi sussidi di disoccupazione come i nuovi cantieri per costruzione di case sono ai livelli più bassi «da quando sono iniziate le rilevazioni».

Come si traduce tutto questo nella vita di tutti i giorni? Qui si apre un altro problema, perché gli effetti di questi "passi del gambero" in un sistema economico non sono omogenei. Si apre un grosso divario fra quelli che quasi non si accorgono della crisi (coloro che hanno un posto di lavoro o un altro reddito fisso come la pensione, e gli aumenti mantengono almeno il passo con l'inflazione) e coloro che sono in prima fila nel ricevere lo "schiaffo" della crisi: precari il cui posto di lavoro non è rinnovato, giovani che non riescono a trovare un impiego, fabbriche chiuse, fallimenti e altre disgrazie.

Impatto differenziato
A differenza della pioggia che "cade sui giusti e sugli ingiusti", la crisi è molto diseguale nei suoi effetti. Ed è importante che la politica economica di contrasto alla crisi, pur limitata come è in Italia, tenga conto di questa diversità negli effetti e si concentri nel sostegno a coloro che ne sono maggiormente colpiti.

Tuttavia, come la pioggia, la crisi un giorno o l'altro finirà. E, come suggeriscono i dati dell'andamento del Pil pro-capite, in volume, dall'Unità d'Italia al 2009, la crescita riprenderà: è troppo forte lo stacco fra il dopoguerra e i novant'anni che lo hanno preceduto per non capire che sono state messe all'opera possenti forze strutturali.

Queste forze - apertura dei mercati, rafforzamento delle istituzioni, accettazione crescente dell'economia di mercato, innovazione tecnologica e manageriale, livelli crescenti di istruzione... - covano sotto le ceneri della crisi e riprenderanno forza una volta riparato il sistema finanziario e tornata la fiducia. Auguri.


dgambera
00lunedì 23 febbraio 2009 17:41
L'inflazione scende all'1,6% a gennaio

A gennaio l'inflazione è scesa all'1,6% dal 2,2% di dicembre. Su base mensile i prezzi sono calati dello 0,1%. Lo comunica l'Istat confermando la stima preliminare. A gennaio 2009, l'inflazione misurata dall'indice nazionale dei prezzi al consumo per l'intera collettivitá ha registrato una ulteriore flessione che ha portato il tasso tendenziale all'1,6 per cento, dal 2,2 per cento di dicembre. Sul piano congiunturale, l'indice dei prezzi ha evidenziato una variazione negativa dello 0,1 per cento.
Il nuovo deciso rallentamento dell'inflazione, continua l'Istat, riflette in primo luogo la prosecuzione della tendenza al ridimensionamento della dinamica tendenziale dei prezzi nel comparto dei beni. Tuttavia, a gennaio, prosegue, un ulteriore contributo alla riduzione del tasso d'inflazione proviene dal forte rallentamento della crescita tendenziale dei prezzi dei servizi.


dgambera
00mercoledì 25 febbraio 2009 00:11
Il Nobel dell'economia Stiglitz: «Bernanke troppo ottimista»

Il presidente della Federal Reserve, Ben Bernanke, è stato «eccessivamente ottimista» a dire che nell'arco di tre anni l'economia degli Stati Uniti uscirà dalla crisi. Ne è convinto il premio Nobel per l'economia, secondo cui c'è il rischio reale per gli Usa di entrare in una «malattia giapponese», una recessione «lunga un decennio» come quella che ha colpito il Giappone negli anni Novanta. L'economista, consulente del presidente dell'Assemblea Generale dell'Onu Miguel D'Escoto Brockmann, è intervenuto oggi ad un seminario al Palazzo di Vetro, spiegando che «è necessaria una riforma più profonda». Secondo Stiglitz, in particolare, «si deve ripensare all'idea di una riserva globale che sostituisca il Fondo Monetario Internazionale, come aveva proposto John Maynard Keynes più di settant'anni fa».
guido.zip
00mercoledì 25 febbraio 2009 10:40
2 banche cinesi = 24 banche Usa
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Questa ho dovuto leggerla tre volte per essere sicuro di averla capita bene:

rampini.blogautore.repubblica.it/2009/02/25/2-banche-cinesi-24-ban...

"Anche se il soprasso è avvenuto all’indietro, cioè per il tracollo dei titoli bancari a Wall Street, ecco un dato che fa sobbalzare. Le due più grosse banche cinesi - Industrial and Commercial Bank of China, e China Construction Bank Corp - valgono più delle 24 maggiori aziende di credito americane messe assieme."

"Icbc ha una capitalizzazione di Borsa di 175 miliardi di dollari Usa, China Construction di 115, mentre le 24 principali banche americane totalizzano 272 miliardi. D’altronde la terza azienda di credito di Pechino, la Bank of China, con 106,7 miliardi di dollari di capitalizzazione di Borsa da sola vale più dei due pesi massimi americani messi assieme, cioè JP Morgan Chase e Bank of America. La Hang Seng Bank di Hong Kong (20 miliardi) vale quasi il doppio di Citigroup."

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dgambera
00sabato 28 febbraio 2009 00:06
Tutti numeri peggiori delle stime
Usa, Pil peggio del previsto nel quarto trimestre - 6,2%

La contrazione del pil Usa nel quarto trimestre è stata del 6,2%, superiore a quella del 3,8% inizialmente stimata. Si tratta dell'arretramento più forte dell'economia americana dal primo trimestre del 1982. Gli analisti si aspettavano un calo del 5,4%. Il peggioramento delle stime in seconda lettura dipende dal cattivo andamento delle scorte e delle esportazioni. Nel 2008 l'economia Usa è cresciuta solo dell'1,1%, il livello più basso dal 2001. La spesa per consumi, che pesa due terzi del pil, è scesa del 4,3%, contro un iniziale -3,5%. Le esportazioni sono crollate a un tasso annuale del -23,6%, il minimo dal 1971, a fronte del precedente -19,7%. Gli investimenti sono scesi del 21,1%, contro il precedente -19,1%.

«Le ragioni della debolezza della crescita - afferma il dipartimento del Commercio Usa in una nota - sono le stesse già indicate nella prima stima». Il dipartimento cita inoltre «un rallentamento delle esportazioni e una prosecuzione al ribasso dei consumi interni, con una riduzione ancora più marcata degli investimenti delle imprese e un calo accentuato del mercato immobiliare».
dgambera
00domenica 1 marzo 2009 01:24
Verso il vertice di Bruxelles: gli anelli deboli dell'area euro

I Paesi dell'euro si troveranno a un drammatico bivio al vertice Ue di domani: da un lato una cooperazione sempre più stretta tra i 16 Paesi, fino a un possibile governo comune dell'economia; dall'altro il rischio di un collasso per l'unione monetaria. Dietro le quinte, da diverse settimane una diplomazia informale sta stringendo le maglie per superare la fase più acuta della crisi globale. Negli ultimi giorni il cancelliere tedesco Angela Merkel ha decisamente preso le redini politiche europee e intende assicurare la tenuta della zona euro.

La debolezza dei Paesi dell'Est non è infatti l'unica preoccupazione in Europa. Nè la più importante. Alcuni indicatori economici europei, quelli che guardano più in avanti, danno segni di stabilizzazione, ma un clima di sfiducia persistente rende fragile la posizione di Grecia e Irlanda: si teme che si dimostrino incapaci di pagare le cedole del debito pubblico o di finanziarsi senza ristrutturare il debito passato. In queste ore sono sotto osservazione soprattutto la posizione della Grecia e alcune scelte discutibili del Governo di Atene. Se dovesse cedere uno solo degli anelli della catena dell'euro, per quanto periferico, il contagio sarebbe difficile da arrestare.
L'interesse a evitare il default di un Paese membro è ora evidente anche al Governo tedesco, un tempo preoccupato dagli oneri finanziari di un salvataggio. Come principale creditore netto nei flussi di capitale interni alla Ue, la Germania – e il suo sistema bancario – sarebbe la principale vittima di un default dei Paesi debitori. L'onere sarebbe molto maggiore di quello di un salvataggio preventivo e potrebbe indurre in default perfino Berlino.

Mercoledì il portavoce della Merkel ha detto chiaramente che la Germania «difenderà in ogni modo la coesione dell'euro e della Ue». Una serie di default metterebbe a rischio infatti non solo l'euro, ma la stabilità economica e politica del continente. L'impegno di Berlino rappresenta una svolta forse decisiva per disinnescare un aggravamento della crisi globale grazie alla consapevolezza, carente fino a pochi giorni fa, dell'interdipendenza economica europea e del comune destino politico. Manca tuttavia nella zona euro un quadro istituzionale definito che consenta di intervenire direttamente nelle scelte dei Governi.

Il vertice Ue di questo fine settimana potrebbe essere l'unico ambito disponibile. Per influenzarne gli esiti, i Governi di Germania e Francia, talvolta insieme a Gran Bretagna e Italia, hanno dato forma a un direttorio di fatto, che deve compensare il vuoto lasciato dalla Commissione. Riunioni del gruppo si tengono ormai settimanalmente, organizzate da un segretariato informale di cui viene negata perfino l'esistenza. L'iniziativa dei grandi Paesi è stata criticata pubblicamente dai più piccoli: Finlandia, Belgio, Svezia e Portogallo nelle ultime ore. Ma l'indeterminatezza politica e normativa europea impone sia decisioni rapide, sia una notevole elasticità istituzionale.
Gli spread sui tassi d'interesse di Grecia, Irlanda e Austria stanno aumentando pericolosamente da mesi. L'Irlanda soffre per la grave recessione che pesa su un disavanzo difficile da finanziare. L'Austria patisce le conseguenze dei legami con l'Est Europa. La Grecia è colpita da entrambi i problemi: ha scarsa determinazione nel correggere gli squilibri della pessima situazione debitoria e una pericolosa esposizione bancaria sui Balcani.

Le difficoltà dell'Est Europa vengono considerate controllabili, essendo le dimensioni delle economie abbastanza ridotte. Applicando l'art 308 del Trattato, la Commissione è in grado di ricorrere all'assistenza per Paesi con difficoltà di bilancia dei pagamenti, come è già avvenuto nei casi di Ungheria e Lettonia attraverso l'emissione di obbligazioni ad hoc. La stessa Bce ha già aiutato Polonia e Ungheria con repo arrangements e messo a disposizione swap arrangements per i Paesi candidati a entrare nell'euro. Mentre è ancora in sospeso la richiesta dei paesi dell'Est di poter accedere al finanziamento della Bce riscontando i titoli denominati in valuta nazionale.
L'assistenza che è possibile fornire all'Est però paradossalmente non può essere offerta ai Paesi dell'euro. Il Trattato stabilisce che nessun Paese della zona euro può essere salvato dagli altri membri. Si tratta della clausola di no-bailout (art. 103), una colonna dell'architettura istituzionale dell'euro, perché rende stringente l'impegno al rigore fissato dal Patto di stabilità. In caso di rischio di fallimento di Grecia o Irlanda si parla però di ricorso all'articolo 100 del Trattato che prevede che il Consiglio disponga assistenza finanziaria a uno Stato membro colpito da severe difficoltà per «condizioni eccezionali estranee al suo controllo».

L'impasse di fronte al quale tutte le proposte di bailout si fermano è il rischio di salvare Paesi che non mettono in atto politiche economiche coerenti. Non si tratta tanto di un problema di moral hazard, cioè di togliere ai Paesi a rischio l'incentivo a curare se stessi ben sapendo che poi saranno salvati dai partner, ma di preservare la credibilità del salvataggio: se il Paese aiutato continua a sbagliare politiche, finisce per rendere vano e non più credibile ogni altro salvataggio.

«Continueremo a dimostrare solidarietà – ha dichiarato giovedì la cancelliera Merkel – ma il vertice di domenica dovrà essere utilizzato per imporre ai Paesi in difficoltà una valutazione onesta della loro situazione». Tutti gli occhi sono puntati sulla Grecia. Mentre l'Irlanda sta reagendo con forti misure di controllo dei conti, seppur tra le proteste di piazza, il Governo greco sta mettendo in atto una politica economica pericolosa di espansione indiscriminata delle spese correnti. Il Governo di Atene è sotto pressione per le prossime elezioni in cui l'opposizione parte avvantaggiata. Manifestazioni di piazza hanno bloccato il Paese a dicembre e il Governo sta rispondendo con politiche populiste. Il deficit fiscale sta crescendo, quello delle partite correnti è pari al 14% del Pil e il governatore greco parla di «seri pericoli».

In tali condizioni, il salvataggio europeo dovrebbe essere accompagnato da vincoli esterni alle scelte del Governo greco. Ma nella zona euro non esiste un quadro politico all'interno del quale una tale responsabilità sovrana può essere sottratta ai Governi nazionali. Il Patto di stabilità è stato depotenziato e non è comunque mai stato efficace nel controllare la qualità delle politiche né la veridicità delle cifre fornite da Atene, sulle quali crescono dubbi a cui ha dato voce la stessa Merkel. Nonostante i richiami di Trichet e Almunia il Governo prevede tuttora una crescita dell'1,1% nel 2009 contro lo 0,2% stimato da Bruxelles.
Il presidente della Bundesbank, Axel Weber, ha preannunciato «un aiuto condizionato» ai Paesi in difficoltà: «non ci saranno assegni in bianco». Ma in Europa il ruolo di condizionamento delle politiche nazionali non potrà che spettare a un organismo politico. La Francia vorrebbe che fosse l'Euro-consiglio, cioè i capi di governo dei Paesi dell'euro, mentre la Germania finora aveva privilegiato la Commissione. Tra le condizioni a Grecia e Irlanda si ipotizzano controlli più attivi sulle leggi di bilancio, sulle riforme e sulle politiche salariali, nonché impegni ad armonizzare il fisco evitando pratiche dannose per i Paesi vicini. Si tratterebbe di passi cruciali verso il governo economico della zona euro. Il coordinamento crescerà negli anni futuri quando tassi d'interesse in rialzo renderanno problematico finanziare il debito di molti paesi, Italia inclusa.

Fino a che Atene e Dublino non daranno garanzie di assecondare le condizioni, la promessa di salvataggio resterà in dubbio, gli oneri finanziari per tutti i Paesi a rischio resteranno elevati e la crisi resterà una minaccia incombente su tutta l'area. Ecco dunque il bivio da cui eravamo partiti: da un lato più integrazione politica tra i Paesi dell'euro, dall'altro il rischio di fallimento dei Paesi più fragili e, a catena, anche di quelli più saldi. Già domani alla fine del vertice europeo si saprà più chiaramente verso quale delle due strade ci stiamo incamminando.
dgambera
00domenica 1 marzo 2009 01:36
Vertice Ue, Paesi euro e dell'Est quasi separati in casa

Convocato nel Palazzo Justus Lipsius di Bruxelles dalla presidenza di turno ceca dell'Unione su sollecitazione della Francia, l'ennesimo vertice-lampo Ue - tutto si dovrebbe svolgere tra le 12 e le 16 di domenica 1° marzo - ha in agenda un tema di fondamentale importanza per il futuro dell'Unione e dell'economia europea: il coordinamento tra i Paesi membri delle azioni destinate al risanamento del sistema bancario e al sostegno dell'industria, in primo luogo quella automobilistica. Con il presidente della Commissione Ue Jose Manuel Barroso, e il presidente di turno ceco Mirek Topolek ci saranno tutti i 27 leader europei - per l'Italia il presidente del
Consiglio Silvio Berlusconi - per trovare delle vie "coordinate"di agire, evitando appunto egoismi nazionali e protagonismi. Proprio per discutere della loro particolare situazione economico-finanziaria, i leader di nove Paesi dell'Est (Polonia, Repubblica ceca, Slovacchia, Ungheria, Romania, Bulgaria, Estonia, Lituania e Lettonia) si riuniranno domenica mattina per un breve pre-vertice.

Con l'Est europeo nella tormenta, nella Ue "occidentale" crescono i timori che i problemi dell'ex blocco socialista ne creino di nuovi per Eurolandia. Ci sono le banche della Vecchia Europa molto esposte in Paesi orientali, ci sono le richieste di prestiti e aiuti, e domenica gli europei dell'ex blocco socialista si riuniscono prima del vertice dei 27, alla ricerca di un fronte comune «per evitare che siano solo alcuni Paesi a decidere», nella formula usata dal Governo polacco, promotore del summit separato. Il rischio, si fa notare da più parti, è che vent'anni dopo il crollo del Muro di Berlino la crisi economica costruisca nuove barriere.

Gli attriti tra la Repubblica ceca e la Francia di un Nicolas Sarkozy che è accusato di ricorrere al protezionismo per uscire dalla crisi sono paradigmatici. Quando il presidente francese ha concesso aiuti alle case automobilistiche transalpine in cambio dell'impegno a non delocalizzare, il premier slovacco Robert Fico (il cui Paese ospita un impianto Peugeot-Citroen) ha subito minacciato ritorsioni: «Se la Francia comincerà a comportarsi in questo modo, rispediremo a casa Gdf Suez», ha detto.La crisi divide, e soprattutto mette in evidenza divisioni, differenze, squilibri. Ancora lo scorso anno la Romania registrava una crescita del 7,8% e la Slovacchia 7,1%, ultimo sprazzo di un decennio vissuto a ritmi impensabili per la Vecchia Europa anche in tempi di prosperità. Ora, nel giro di pochi mesi, Ungheria e Lettonia hanno dovuto chiedere aiuto al Fondo monetario internazionale; la Romania ha ufficializzato pochi giorni fa che sarà la prossima in lista; la Polonia se la passa relativamente meglio e - pur preoccupata per il crollo della sua moneta nazionale, lo zloty - smentisce di aver bisogno di un prestito Fmi, per ora.

Economie troppo dipendenti dagli investimenti esteri prosciugati dalla crisi, valute troppo deboli, troppi mutui e prestiti denominati in franchi o euro diventati ingestibili. I fattori sono molteplici e alimentano in diversa misura la paura di un effetto valanga che possa abbattersi anche su quanti hanno investito in queste zone negli anni scorsi. secondo il ministro dell'Economia Giulio Tremonti, l'allargamento a Est dell'Unione europea è stato troppo affrettato e «quando sarà chiara l'intensità della crisi nell'Europa centro-orientale, saranno chiare anche le dinamiche che hanno portato a quella crisi». pinione non condivisa da Tito Boeri, economista della Bocconi e fondatore del sito lavoce.info: «Sicuramente c'erano degli aspetti che andavano perfezionati nell'allargamento, ma dire che è stato un errore farlo mi sembra veramente una conclusione troppo forte, anche perché quale sarebbe stata l'alternativa? - ha affermato in un'intervista all'agenzia Apcom. Secondo Boeri, - l'espansione a Est è stata fonte di grande crescita per l'Europa», ma è mancata l'integrazione politica che l'avrebbe dovuta accompagnare.

Di fronte agli umori incerti sui due fronti del continente europeo, la Commissione Ue ha presentato un rapporto che magnifica i vantaggi degli allargamenti del 2004 e del 2007. «Hanno messo fine alla divisione dell'Europa, contribuito a consolidare la democrazia e beneficiato tutti i Paesi Ue in termini di maggiore competitività, crescita e occupazione. Non dovremmo permettere alla crisi di oscurare questo innegabile successo», ha detto il commissario Ue agli Affari economici Joaquin Almunia. «E' molto importante non trasformare l'allargamento in un capro espiatorio di questi problemi economici», ha aggiunto il responsabile Ue del dossier, Olli Rehn.

Intanto si discute sul da farsi, ora. L'Austria, le cui banche sono le più esposte nella regione, ha proposto un piano di "stabilizzazione", che finora ha suscitato pochi entusiasmi a livello europeo, ma che sarà discusso al Consiglio europeo del 1° marzo e al pre-vertice dei Paesi dell'Est che lo precederà in mattinata. Sulla somma necessaria non c'è molta chiarezza: il premier ungherese Ferenc Gyurcsany propone un intervento Ue da 100 miliardi di euro; secondo il presidente della Banca mondiale, Robert Zoellick, servirebbero "solo" 40-45 miliardi di dollari. La Commissione europea non si sbottona e continua a ripetere che «sta già facendo molto» per la regione tramite i fondi strutturali, gli nvestimenti della Bei e l'accesso al fondo di emergenza che ha già aiutato Ungheria e Lettonia. Il traballare dell'Est Europa ha già spinto la Germania a convincere gli altri membri del "G4" (Italia, Francia e Gran Bretagna, oltre alla stessa Germamia), a raddoppiare a 500
miliardi di dollari la dotazione del Fondo monetario internazionale.

Professa unità anche il Governo polacco, alla vigilia del vertice-parallelo di domenica. «L'Europa non rischia di dividersi di fronte alla crisi. È ovvio che esistano sinergie più dirette e facili tra alcuni Paesi, ma questo non presuppone una divisione. L'Ue è più forte della crisi», ha dichiarato il portavoce del ministro degli Esteri polacco Radislaw Sikorski. Quanto alla tempistica dell'allargamento, «è stato realizzato al momento dovuto non penso lo si possa indicare come una delle cause economica della crisi in Europa». Soprattutto, si conclude da Varsavia, «nell'Unione europea ci sono Paesi di serie A e Paesi di serie B» (P.F.).
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