L'attrazione fatale dei bond bancari
Chiaro e tondo il ministro delle Finanze francese, Christine Lagarde, ha chiesto «alle banche che fanno profitti di finanziare l'economia e di non remunerare gli azionisti ». In linea con l'orientamento espresso dal presidente francese Nicolas Sarkozy che ha convocato martedì scorso le maggiori banche francesi. In linea con quanto stanno dicendo molti altri Governi.
Una frase del genere non suona più come statalismo di ritorno e pressione indebita sugli amministratori di una società. Sul piatto ci sono soldi pubblici, corposi assegni (la nuova tranche in Francia è da 10,5 miliardi) per tenere in piedi istituti di credito tanto blasonati quanto fragili nei conti.
Perchè stupirsi quindi se le azioni bancarie sono vendute da mesi (salvo qualche momentanea fiammata) e sono uscite dai portafogli di investitori a loro volta indeboliti dalla crisi? In questa fase vincono nettamente i bond bancari (vedi servizi nella pagina a fianco) con rendimenti ancora significativi e protetti più o meno esplicitamente dal rischio di default. Ogni Governo, fatto salvo qualche obiettivo comune, ha scelto le sue linee di sostegno (vedi servizio in pagina) ma la priorità è il rafforzamento patrimoniale dall'esterno e con risorse prodotte all'interno. In questa fase bisogna pagare interessi prima che dividendi, bisogna avere la forza per portare a galla ed espellere titoli tossici, bisogna alimentare l'economia.
Chi compra titoli di banche deve mettere in conto forse anni di «impegno pubblico» prima di rivedere un normale payout da utile annuale. E la fase degli utili crescenti sembra lontana (a pagina 6 si trovano le attese sempre più ridimensionate degli analisti). Cambia anche la gestione della banca: probabilmente altri manager, sicuramente atri comportamenti. Gli aiuti pubblici spingono anche all'eliminazione dei superstipendi e dei bonus di cui hanno beneficiato molti fautori dei risultati di breve. Si riduce l'autonomia dalla politica.
Negli impieghi all'economia la valutazione del merito di credito dovrà tener conto del sostegno a interi settori. A costo di caricare la molla delle sofferenze future, altro costo per le banche. «Come sempre in tutte le crisi – ha detto il presidente dell'Abi, Corrado Faissola – la qualità del credito peggiora notevolmente. Se «ci saranno imprese che non saranno in grado di adempiere alle proprie obbligazioni le accompagneremo per uscire dalla posizione di difficoltà, sempre se avranno merito di credito e se la situazione di difficoltà sarà temporanea, altrimenti saranno trattate come in periodi normali».
In queste condizioni è facile prevedere che alcune banche utilizzeranno per fare patrimonio quei Tremonti-bonds che devono essere ancora precisati nel costo complessivo e nelle modalità di emissione. Carlo Gori, capoanalista di Moody's per le banche, è convinto che anche gli istituti italiani dovranno valutare l'offerta del Governo, anche se per l'Italia «il ricorso potrà essere più limitato».
In questo momento il valore del sostegno pubblico e valutabile fra i 12 e i 15 miliardi. Ricapitalizzazione (valida a innalzare i ratios patrimoniali) da remunerare sicuramente più di quel 7,5% di base, modulabile sulla durata di utilizzo e sulle capacità di recupero del valore di Borsa. Soldi che vanno restituiti con interessi, tagliando ulteriormente le gambe ai dividendi. Se si calcola che i bond bancari italiani in scadenza fra il 2009 e il 2010 sono già circa 200 miliardi (stima della Consob che ha segnalato rischi di scarsa liquidità dei titoli) si capisce bene che lo stock di 660 miliardi a fianco è destinato ad aumentare. Monopolizzando la raccolta di risparmio, in abbinata con i titoli dello Stato-partner.
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Fiducia nel reddito fisso Grazie agli Stati
Il diario della crisi registra in questo inizio 2009 un andamento divergente tra le quotazioni delle azioni delle banche, in picchiata, e quello delle loro obbligazioni, che dimostrano una maggiore tenuta. Nella precedente escalation di sfiducia, quella dell'ottobre 2008, anche i bond emessi dalle banche avevano sofferto molto, con le quotazioni di alcuni prestiti senior di istituti europei sprofondate al di sotto di 80. Molto probabilmente, il mercato sconta ora assai meno l'ipotesi di insolvenza delle banche, grazie soprattutto alle rassicurazioni e ai provvedimenti governativi che mirano a fornire una protezione pubblica nei casi di estrema difficoltà. Di fatto, in vari Paesi europei i bond bancari ora presentano gli stessi rischi di default dei titoli di Stato domestici. Tuttavia, resta ancora uno spread (differenziale di rendimento) piuttosto ampio rispetto ai titoli pubblici, spiegabile in parte con la minore liquidità che caratterizza gli scambi su queste emissioni rispetto a quelli sui titoli di Stato.
L e quotazioni delle azioni bancarie sono invece capitolate in settimana al di sotto dei minimi di ottobre. A Piazza Affari ciò è accaduto a UniCredit, Banco Popolare, Monte Paschi e Ubi Banca, a testimonianza del fatto che sul mercato continuano a esserci dubbi sulla solidità di certi attivi degli istituti, al punto da attribuire agli stessi una valutazione drammaticamente inferiore rispetto al patrimonio netto contabile. In queste fasi, purtroppo, il confine tra aspettative fondate e eccessi speculativi e comportamentali è imprecisato.
Pur nella straordinarietà del momento, da mesi il mercato stesso riconosce alle banche italiane una maggiore stabilità (o, se preferite, una minor instabilità) rispetto alla maggior parte delle concorrenti anglosassoni, per le quali lo stillicidio di ribassi sembra non avere fine (si vede a pag. 9). Ciò è constatabile anche dalla minor ferocia con la quale le ondate di vendite si abbattono sui titoli bancari italiani nelle giornate di maggiore tensione. Di questi tempi, perdere l'8/10% in una seduta anzichè il 20/30% è già qualcosa. Se per gli istituti italiani il ricorso ad aiuti pubblici quali la sottoscrizione dei Tremonti-bond sarà una opzione, per qualche banca estera (soprattutto tra le inglesi) la nazionalizzazione può diventare l'unica strada per evitare il fallimento. Al momento non pare che le banche italiane abbiano difficoltà a finanziarsi presso i risparmiatori a tassi più bassi rispetto al 7,5% che dovranno riconoscere a eventuali prestiti di Stato. Anche perché la fruizione di questi capitali comporterà dei condizionamenti sulla gestione delle banche.
L'area di maggiore fragilità delle obbligazioni è ovviamente quella dei prestiti subordinati, che sono stati emessi in quantità negli anni passati. Le quotazioni dei bond Tier I (quelli con la massima subordinazione) di Royal Bank of Scotland sono scese al di sotto di 20. Anche in presenza di un salvataggio statale, il mercato si aspetta che la banca eserciti la possibilità di non erogare le cedole. Davvero un imbarazzante destino per il colosso scozzese e il management che l'ha ridotta in queste condizioni, capitanato dall'ex amministratore delegato Sir Fred Goodwin, detto «Fred the Shred» (Fred il tagliatore - di risorse umane ovviamente). Costretto all'uscita nell'ottobre scorso, il peggio che potrebbe accadergli ora è di passare il resto dei suoi giorni a giocare a golf e a godersi i milioni di sterline accumulati nella sua meteorica carriera. Ma non gli andrà così male: il «Times » ha sussurrato che per lui potrebbe esserci un ruolo importante nella Formula Uno del dopo-Mosley.
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Liquidi ed entro i cinque anni
Con rendimenti dei BTp a due anni scesi in area 2,5% lordo, appaiono sempre più attraenti le obbligazioni emesse dalle banche. Il differenziale di rendimento tra l'indice Merrill Lynch corporate banking euro e il Bund è passato da 1,46 di inizio 2008 all'attuale 4,9. Un aumento dovuto all'effetto combinato della diminuzione dei rendimenti dei governativi e al contemporaneo aumento dei ritorni dei corporate.
I bond bancari hanno più appeal anche per le aumentate garanzie, esplicite o meno, dei Governi nazionali. È opinione diffusa infatti che dopo l'errore Lehman, difficilmente ci saranno nuovi fallimenti nel settore bancario dove l'intervento statale sta diventando ormai una consuetudine. Ma generalizzare sarebbe un errore. Chi si vuole muovere dunque tra i bond bancari deve seguire precise regole. In primo luogo privilegiare emissioni liquide (con ammontare di almeno 750milioni di euro). Inoltre bisogna puntare, secondo gli esperti, su scadenze abbastanza ravvicinate.
In quest'ambito accanto a obbligazioni che hanno una vera e propria garanzia statale, con un impegno formale dei Governi, esistono emissioni (come tutte quelle italiane) che di fatto sono prive di una garanzia vera e propria. Questa discriminante, ovviamente, si riflette sui rendimenti. I bond esteri garantiti rendono infatti dagli 80 a 110 punti base più dei Bund tedeschi di analoga scadenza, con remunerazioni quasi analoghe dunque a quelle dei BTp italiani. Su di essi, nonostante l'esiguo spread, consiglia di puntare uno studio di Credit Suisse che prende in esame questa nuova asset class di fatto paragonabile a emissioni sub sovreign, sovranazionali e alle cosiddette agencies.
CS consiglia di passare dai titoli di Stato a breve termine ai bond bancari a medio termine garantiti dai vari Governi (nella tabella a fianco ci sono i titoli che Credit Suisse raccomanda).
Ritiene invece molto più interessante giocare la carta della garanzia implicita Andrea Delitala, responsabile della strategia di investimento di Pictet Funds. «Ci troviamo in un ambiente dove le banche sistemiche (troppo grandi per fallire) sono sostenute in ogni modo e, ove non bastasse, nazionalizzate – sottolinea Delitala – e dunque o fallisce lo Stato o anche i bond esplicitamente non garantiti verranno rimborsati comunque alla scadenza». Meglio dunque secondo il gestore approfittare di rendimenti superiori del 2%-4% rispetto ai governativi offerti dalle emissioni bancarie senza bollino di garanzia. Su quersto fronte però, secondo Delitala è meglio evitare Stati come Irlanda e Regno Unito, nonostante il loro miglior rating (AAA), poichè il debito bancario e l'indebitamento delle famiglie (entrambi oltre il 100% del Gdp) superano di gran lunga le proporzioni dell'Italia (rispettivamente pari al 50%, e 35%), aumentando i rischi che gravano sulle finanze pubbliche.
Consigliabile stare alla larga, oltre che dalla già citata Irlanda, anche dalla Grecia a favore di Francia, Germania e Italia. Questo è il parere di Tommaso Federici, gestore di Banca Ifigest. «Inoltre è tassativo puntare solo su obbligazioni senior e liquide, evitando i subordinati, troppo complicati e rischiosi. Quanto alla tipologia dei titoli, le scadenze non dovrebbero superare i cinque anni», spiega il gestore che suggerisce anche titoli a tasso variabile (indicati nella tabella in pagina), che agli attuali prezzi offrono una cedola attuale che arriva a superare anche il 4 per cento. Essi rappresentano una polizza assicurativa contro un eventuale rialzo dell'Euribor che non è escluso si verifichi a causa delle nuove emissioni necessarie: Cs stima che il fabbisogno 2009, per rifinanziare il solo settore banking europeo, sia di 400 miliardi di euro.
Con molta attenzione si può approfittare dei saldi anche secondo Luigi Romano responsabile dell'obbligazionario a Mps A.m. «I bond delle banche offrono rendimenti mai visti, ma anche il rischio non è trascurabile». La parola d'ordine è puntare su emissioni senior di «campioni nazionali », ossia su grandi gruppi che difficilmente verranno abbandonati al proprio destino. Traducendo in pratica le indicazioni di Romano meglio privilegiare bond a tasso fisso di Intesa Sanpaolo e UniCredit con scadenze entro i tre anni.