Pubblichiamo di seguito la relazione del Presidente dell'Ordine, Ing. Francesco Duilio Rossi, al convegno tenutosi in Campidoglio sull'emergenza abitativa a Roma dal titolo: "Emergenza casa: come affrontarla?".
I cittadini romani che sono colpiti dal fenomeno della emergenza abitativa corrispondono alla intera
popolazione di città come Terni, come Caserta. Ormai i nostri concittadini che soffrono il flagello
della cosiddetta ”emergenza casa” sono circa 100.000. Io vorrei ripercorrere nella mia relazione i
passaggi che hanno contrassegnato il recente passato e lo sviluppo che purtroppo può distinguere il
presente e il futuro. Nel settore delle costruzioni, gli ultimi dieci anni sono stati anni importanti.
Sono state completati oltre 15.000 abitazioni, il settore delle costruzioni è cresciuto in media del 4%
dal 2000 ad oggi, quasi quattro volte il valore medio della economia della città. Sono stati anni di
crescita costante in tutti i comparti: edilizia residenziale, edilizia non residenziale, opere pubbliche
di ingegneria e di architettura, anni caratterizzati da una vera espansione del settore, che consente di
affermare che il settore delle costruzioni ha funzionato da motore per l’economia della nostra città.
Funzionava tutto e bene. Il mercato della compravendita stava funzionando, registrando incrementi
del numero dei proprietari, mai visti nel passato: l’aumento delle famiglie con casa di proprietà
negli ultimi venti anni è cresciuto del 25%, passando da 600.000 a 750.000. Il mercato dell’affitto
stava funzionando: i canoni sono in media aumentati del 70%, in linea con l’aumento registrato
nella altre grandi città italiane come Milano, Napoli, Torino e Genova.
Improvvisamente, il circuito virtuoso si è inceppato e ciò è avvenuto, forse non a caso, nel momento
stesso in cui le forze del mercato ha manifestato tutta la sua potenza. La rincorsa alla proprietà
dell’abitazione, rincorsa condizionata da facili illusioni, ha comportato un aumento
dell’indebitamento delle famiglie le quali non sono state più in grado di sostenere la spesa del costo
delle abitazioni, dirottando pertanto il loro interesse, anzi la loro necessità, sul mercato degli affitti;
il comparto ha subito approfittato dell’aumento della domanda, offrendo canoni sempre più elevati
con la inevitabile conseguenza della insostenibilità da parte delle famiglie romane in sofferenza, di
far fronte anche alla scadenza mensile dell’affitto, che arriva oggi come sappiamo a valori
decisamente inaffrontabili per molti concittadini.
Questo è il quadro. Da un lato la rincorsa alla proprietà a fronte di indebitamenti con le banche per
fasce di popolazione sempre più larghe, dall’altro la necessità di ricorrere all’affitto caratterizzato
dalla stessa insostenibilità finanziaria da fasce di cittadinanze anche qui sempre più larghe. Quella
che all’inizio era una “questione” casa è nel tempo diventata un “disagio casa” poi un “problema
casa” ora è una “emergenza casa” e diventerà presto un “flagello sociale casa”.
Come porre rimedio a questa evoluzione? Sicuramente non confidando sulla emigrazione di chi non
ce la fa a vivere a Roma ed è quindi costretto ad andare a risiedere nei comuni della provincia.
Negli ultimi 15 anni i romani costretti ad andare a vivere fuori Roma sono stati oltre 250.000 a
fronte del numero costante di residenti a Roma e ciò significa ovviamente l’ingresso a Roma di
nuovi cittadini che fino a 15 anni fa non c’erano.
Come porvi rimedio? A mio parere occorrerebbe prefigurare una politica o quanto meno una
strategia che consenta nel medio periodo di approntare soluzioni per 35.000-40.000 nuclei familiari
attraverso, ad esempio, acquisto di immobili a valori scontati, attraverso l’utilizzo di incentivi
economici e urbanistici per poter regolare e mediare l’intervento privato e favorire l’immissione di
alloggi in affitto a canone accessibile, attraverso, laddove possibile, interventi di sostegno per le
famiglie con redditi insufficienti. Oltre al recupero del patrimonio edilizio, la questione di fondo,
comunque, è sempre quella di poter disporre di immobili, di terreni da inserire nel mercato per
realizzare case il cui costo sia accessibile. E’ ormai, prioritario, che venga aperta una nuova stazione
di politica urbanistica e di politica della casa e per fare questo è necessario soprattutto disporre del
suolo. Il vantaggio di poter disporre del suolo è determinante, potendo coinvolgere gli operatori
privati realizzando forme di compensazione che contemperino e saldino tutti i legittimi interessi.
Occorre anche recuperare il patrimonio edilizio che oggi riversa in condizioni di inaccettabilità o
che risulti addirittura non utilizzato. Occorre anche valorizzare contesti urbani già dotati di
infrastrutture favorendo così il benessere e la qualità della vita.
Nelle grandi città europee ci si sta muovendo in questa direzione: il recupero dei quartieri degli
anno 50 e 60 è l’occasione per avviare la nuova politica della casa mediante la riqualificazione
urbanistica dei quartieri anche lontani dal centro, vista l’immensità di Roma, localizzandovi nuove
centralità in risposta alle crescenti domande di abitazioni.
Assunto che la politica della casa oggi a Roma sia assunta al ruolo primario e non sia più
procrastinabile, come si potrebbe procedere?
L’idea di fondo è quella di legare tradizione e modernità nella progettazione di un nuovo profilo
distributivo della città, ricercando un punto d’incontro e di equilibrio tra un formato storico ma
bisognoso di rilancio e rielaborazione e altri formati innovativi che consentano di realizzare oltre
che l’auspicato sviluppo urbano anche uno sviluppo sociale equilibrato e coeso.
Se ben amalgamata, questa miscela di funzioni riporta la progettazione urbanistica al centro dello
sviluppo della città che sarà conseguito con ordine e con equilibrio.
A mio avviso lo sviluppo della città si deve fondare su quattro strategie strettamente correlate tra
loro:
1) riqualificazione del centro storico nelle sue aree sottoulizzate e sottovalorizzate
2) restauro e rilancio delle strutture storiche antiche e moderne fortemente simboliche ed identitarie
per Roma
3) creazione di una nuova parte di accesso (inteso anche in senso figurato) al centro e alle zone
cosiddette semicentrali, (sulla linea tracciata dal recupero della viabilità lungo l’area viale Libia
viale Etiopia)
4) Rivitalizzazione e arredo di tutta la porzione di città attorno alla spina centrale urbana che si
realizza attraverso i programmi integrati, i contratti di quartiere, gli articoli 11 e tutti gli strumenti
che la normativa rende disponibili.
Un programma di questa natura integrerebbe profili e qualità che permetterebbero di trasferire e
trasmettere nel centro dalle altre zone (e reciprocamente dal centro verso l’esterno) tutti i contenuti
che ad oggi, la città delega urbanisticamente a particolari fasce del territorio cittadino.
Per raggiungere questo risultato è indispensabile, il coinvolgimento delle strutture amministrative,
degli operatori privati del settore, degli operatori del credito e dei cittadini.
La strategia migliore è legata ad alcuni punti di forza: valutazione e convenienza economicafinanziaria,
progettazione urbanistica ed architettonica mirate, programmazione corretta, gestione
unitaria o almeno che sia condivisa, forte comunicazione, erogazione dei servizi, monitoraggio dei
risultati.
In questa ottica si può individuare nello strumento del programma integrato uno degli interventi
centrali e rappresentativi di una politica di coesione e di valorizzazione del territorio.
Oggi vediamo che il centro di Roma e le lontane zone della periferia costituiscono due sistemi non
connessi e nemmeno coordinati, nonostante il potenziale rapporto unitario e simbiotico che corre tra
loro.
Il sistema delle infrastrutture e dei collegamenti, fatta eccezione per l’Eur, non consente una visione
organica unitaria e collettiva e quindi di insieme della città
Uno dei principali obbiettivi dovrebbe essere quello riammagliare il tessuto storico di Roma, per
affrontare il secondo problema di Roma dopo quello della necessità che è quello della sua
grandezza, della valorizzazione della sua magnificenza. Vivere è un grande privilegio e una grande
fortuna: tessuto storico va riassemblato in un sistema unitario che attraversi gli oltre 2700 anni della
storia di Roma e che al momento è nascosto dallo stato di cose cui è stata portata Roma.
Perseguire questo obiettivo di eccellenza significa anche, collateralmente, prevedere e
acquisire le risorse economiche necessarie alla realizzazione degli interventi includendo tutte le
potenzialità che Roma può esprimere, ad esempio le forme di cooperazione e di partenariato
finanziario e gestionale con operatori privati evitando di riferirsi esclusivamente al ricorso al
credito.
Modelli di questa materia hanno sviluppo solo se si riesce a costruire un sistema partecipato
perché così non solo è possibile operare scelte complesse e non sempre facilmente assimilabili dagli
utenti (si pensi ad esempio al parcheggio di Via Oslavia) ma si consente anche di riportare il
progetto urbanistico al posto che gli compete che è quello di essere lo strumento più efficace (se è
efficiente) per migliorare la qualità della vita della cittadinanza attraverso la trasformazione del
territorio, scardinando o quanto meno invertendo una tendenza negativa che delega alle sole azioni
tecniche e di emergenza, la soluzione dei problemi della città.
Concludendo, va detto che la responsabilità della “escalation” della gravità del fenomeno casa a
Roma, fenomeno che nel giro di 15-20 anni da “questione” è diventata “emergenza” vada ricercata
nell’operato di tutti coloro che potevano fare qualcosa ed hanno omesso di farla.
Ci aspettiamo che la nuova Amministrazione, ora, si assuma l’onere e il privilegio di affrontare e
trovare soluzioni a questo problema che grava oggi sulla città di Roma e potrebbe gravare sulle
generazioni future che la abiteranno.