Relazione Bankitalia: mercato mutui in ripresa nei primi mesi 2010
31/05/2010
– Nel 2009 la crescita dei prestiti per l’acquisto di abitazioni è stata pari all’1,8 per cento, inferiore di oltre 3 punti rispetto all’anno precedente (tav. 14.5 nell’allegato).
Nei primi mesi del 2010 vi sono stati segnali di accelerazione, in presenza di una moderata ripresa della domanda di mutui e di condizioni di offerta che non hanno subito ulteriori inasprimenti (cfr. il capitolo 17: L’attività delle banche e degli intermediari finanziari).
Nel 2009 le erogazioni di nuovi mutui sono state superiori ai 50 miliardi, in calo del 9 per cento rispetto al 2008, una riduzione simile a quella osservata per l’area dell’euro.
La percentuale di nuovi mutui a tasso variabile è notevolmente aumentata, tornando su valori superiori all’80 per cento nei primi mesi del 2010 (64 per cento il dato medio del 2009), sospinta da un calo dei tassi d’interesse su questi contratti molto più accentuato rispetto a quello dei mutui a tasso fisso (fig. 14.3).
Al fine di contenere il rischio in capo ai mutuatari, nel 2009 numerose banche hanno proposto contratti che limitano l’incremento del servizio del debito.
In base all’indagine condotta dalle Filiali della Banca d’Italia presso oltre 400 banche italiane, il 16 per cento dei nuovi mutui a tasso variabile è stato concesso con un limite massimo all’innalzamento dei tassi d’interesse.
Il 13 per cento delle erogazioni ha inoltre riguardato contratti di mutuo che consentono di estendere la durata o di sospendere temporaneamente i pagamenti senza costi addizionali.
Nel 2009 le famiglie hanno continuato a sostituire mutui esistenti con nuovi contratti al fine di ottenere migliori condizioni.
Complessivamente questi contratti di mutuo hanno rappresentato il 19 per cento delle erogazioni (13 per cento nel 2008).
Il peso delle surroghe, in cui un cliente sceglie una banca diversa da quella che ha erogato inizialmente il finanziamento, trasferendo l’ipoteca, senza modificare l’importo del mutuo e senza costi addizionali, è raddoppiato (16 per cento delle erogazioni nel 2009); la quota delle sostituzioni di mutuo, che prevedono l’iscrizione di una nuova ipoteca con un costo per il cliente ma che consentono di accrescere l’ammontare del credito, è lievemente diminuita (al 3 per cento delle erogazioni, dal 5 per cento nel 2008).
Le rinegoziazioni di condizioni contrattuali con la propria banca, che non comportano la stipula di un nuovo contratto, hanno invece interessato il 3 per cento dei mutui in essere (7,5 per cento nel 2008).
In Italia, come in altri paesi dell’area dell’euro, le famiglie che hanno fatto ricorso a un mutuo appartengono alle classi di reddito più elevate.
Tuttavia, in base ai dati più recenti della IBF risulta che nel periodo 2006-08 è cresciuta la diffusione di questa forma di debito tra i nuclei familiari con un reddito basso (primo quartile di reddito equivalente).
Per queste famiglie il mutuo è pari a tre volte il reddito rispetto a un rapporto prossimo all’unità nella classe di reddito più elevata.
All’inizio dello scorso decennio tali rapporti erano meno alti e le differenze fra le classi più contenute.
Tuttavia, l’incidenza del mutuo sulle attività totali, una misura del leverage, pur essendo aumentata tra il 2006 e il 2008, ha raggiunto per il complesso delle famiglie con un mutuo un valore poco superiore al 20 per cento, in linea o inferiore a quello di altri paesi europei per i quali vi sono dati disponibili.
Anche per le famiglie della classe di reddito più bassa il leverage non supera il 30 per cento.
I tassi d’interesse sui mutui
– Nel 2009 i tassi d’interesse sulle nuove erogazioni di mutui a tasso variabile sono molto diminuiti, raggiungendo alla fine dell’anno il 2,2 per cento. Il calo di 2,7 punti percentuali è stato in linea con quello del tasso di riferimento (Euribor a tre mesi) e più accentuato che nell’area dell’euro (fig. 14.4).
Per i nuovi mutui a tasso fisso per oltre 10 anni il costo, pari al 4,9 per cento a fine anno, è diminuito di 0,3 punti, in linea con il calo dei tassi di riferimento (IRS a dieci anni), ma in misura più contenuta rispetto alla media dell’area dell’euro, dove la riduzione è stata di circa un punto percentuale.
Per i mutui a tasso fisso il differenziale con l’area dell’euro, che si era quasi annullato alla fine del 2008, si è quindi nuovamente ampliato.
Alla fine del 2009 la differenza tra il costo di un mutuo a tasso fisso per oltre 10 anni e quello di un contratto a tasso variabile era in Italia di 2,7 punti percentuali, circa un punto in più rispetto all’area dell’euro.
Negli Stati Uniti i mutui a tasso fisso (30 anni) avevano un costo più alto di 0,7 punti percentuali rispetto a quelli a tasso variabile.